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IN GRAN BRETAGNA UN GIOVANE SU CINQUE NON CREDE PIÙ NELLA DEMOCRAZIA: IL 21% DEI MILLENNIAL E DELLA GEN Z (OSSIA QUELLI FRA I 18 E I 45 ANNI) PREFERIREBBERO UN SISTEMA BASATO SU UN LEADER FORTE CHE NON SI PREOCCUPA DELLE ELEZIONI

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

LA SCELTA AUTORITARIA INCONTRA IL FAVORE DEL 14% DEI BRITANNICI, CON UNA PREVALENZA DI UOMINI (IL 16%) RISPETTO ALLE DONNE (13%). COLPISCE IL DIVARIO GENERAZIONALE: FRA GLI OVER 55 SOLO L’8% VORREBBE UNA SVOLTA AUTORITARIA, COME A DIRE CHE LA DEMOCRAZIA È ORMAI UNA ROBA DA VECCHI

In Gran Bretagna un giovane su cinque non crede più nella democrazia: lo rivela una ricerca condotta dalla società di consulenza FGS Global che sarà pubblicata la prossima settimana, secondo la quale il 21% dei Millennial e della Gen Z (ossia quelli fra i 18 e i 45 anni) preferirebbero un sistema basato su un leader forte che non si preoccupa delle elezioni piuttosto che un sistema democratico tradizionale.
A livello generale, la scelta autoritaria incontra il favore del 14% dei britannici, con una prevalenza di uomini (il 16%) rispetto alle donne (13%). Ma quello che colpisce è il divario generazionale: fra gli over 55 solo l’8% vorrebbe una svolta autoritaria, come a dire che la democrazia è ormai una roba da vecchi.
Sono risultati eclatanti, se si considera che arrivano dal Paese che è la culla del sistema parlamentare (non per nulla Westminster è chiamata «la madre di tutti i Parlamenti). E non ci sono grandi differenze fra destra e sinistra: ad albergare pulsioni antidemocratiche sono tanto i sostenitori del populista Nigel Farage quanto gli elettori laburisti.
Il cambio epocale rappresentato dall’avvento di un regime tecno-autoritario incarnato dalla presidenza Trusk (Trump+Musk) trova […] terreno fertile anche nelle opinione pubbliche europee, persino in quella che dovrebbe essere la più vaccinata […] E il fatto che la democrazia abbia perso terreno fra i giovani può far pensare che i sistemi democratici di massa rischiano di essere consegnati alla storia come una reliquia
(da agenzie)

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LO SCUDIO PENALE PER LA POLIZIA E LE CHAT DEGLI AGENTI: “VOGLIAMO LA MANO LIBERA CONTRO I COMUNISTI DI M…”

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

SAREBBERO QUESTI GLI AGENTI SUPER PARTES CHE DOVREBBERO GARANTIRE L’ORDINE PUBBLICO?

C’è chi vuole mano libera contro «i comunisti di merda». E chi dice che «non ci fanno lavorare». Mentre il governo Meloni lavora allo scudo penale per la polizia, per evitare l’indagine automatica nei confronti degli agenti in caso di fatti di piazza (ma anche di omicidio), le chat delle forze dell’ordine diventano bollenti.
Le immagini di Bologna e Roma, con gli assalti alla polizia dei manifestanti per Ramy Elgaml, fanno rabbia: «Basta pagare di tasca nostra e basta indietreggiare! Contro la violenza pugno duro, regole chiare e certezza della pena!».
A parlare delle chat di poliziotti e carabinieri è oggi il Fatto Quotidiano. Lo scudo penale riscuote grande successo, mentre i dubbi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella non vengono granché apprezzati.
C’è chi se la prende con l’ex capo della polizia Franco Gabrielli, che ha criticato le modalità dell’inseguimento dei carabinieri nell’incidente che ha portato alla morte del 19enne egiziano. E c’è chi elogia il comandante dei carabinieri Salvatore Luongo e l’attuale capo della polizia Vittorio Pisani. I quali hanno sottolineato che «la libertà di manifestare è uno dei semi vitali della democrazia e abbiamo il dovere di garantirla».
Prima di aggiungere che «i comportamenti illegali e violenti vanno perseguiti» e manifestare apprezzamento per «la compostezza e l’equilibrio» dei loro uomini.
Le aggressioni
Agenti e militari hanno ricevuto oggetti e petardi. Alcuni si sono fatti male. Non hanno indietreggiato ma non hanno nemmeno reagito. E questo adesso sembra essere l’errore contestato ai superiori. Ovvero quello di aver usato la mano leggera nei confronti dei manifestanti. Ovvero giovanissimi arrabbiati, in parte stranieri di seconda o terza generazione, organizzati in gruppi e collettivi studenteschi e non, senza punti di riferimento solidi nemmeno nei centri sociali, che rischiano le botte e i processi. Il rischio di incidenti gravi ora è dietro l’angolo. I poliziotti si lamentano perché ormai chiunque li riprende con il telefonino.
La dashcam
C’è anche chi contesta l’uso delle telecamere della gazzella che inseguiva Ramy. «Ho detto mille volte di non usarle quelle telecamere, non ce lo possiamo permettere», dice un esperto ufficiale dell’Arma. E c’è chi critica il ministro Matteo Piantedosi per la circolare ai prefetti che indica le zone rosse nelle grandi città.
(da agenzie)

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I RACCONTI DI DIVERSE ATTIVISTE DI EXTINCTION REBELLION SMENTISCONO LA VERSIONE DELLA QUESTURA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

“TRE SQUAT DOPO AVER TOLTO GLI SLIP, IN BAGNO SANGUE ED ESCREMENTI, VIA ANCHE GLI ASSORBENTI”

«Mi hanno portato in una piccola stanza, c’erano un tavolo e una panchina. Mi hanno chiesto di spogliarmi, togliermi gli slip e piegarmi tre volte sulle gambe. Ero controllata pure in bagno. Lì c’erano macchie di sangue ed escrementi sul pavimento».
E ancora: «Mi hanno chiesto di abbassarmi i pantaloni. Ho obbedito. Ma subito dopo mi hanno chiesto di tirare giù anche gli slip e di fare tre squat (piegamenti sulle ginocchia, ndr)».
Mentre una delle attiviste «aveva la necessità di svuotare la coppetta mestruale perché aveva il ciclo ma per l’imbarazzo di essere fissata non è riuscita».
Questi sono alcuni dei racconti delle attiviste di Extinction Rebellion fermate dalla polizia di Brescia. E costrette a spogliarsi in questura. Ma la loro ricostruzione è contestata dalla polizia, che parla di provocazioni.
Val, 25 anni, è una delle attiviste che ha partecipato alla protesta davanti alla sede di Leonardo. Anche lei è stata portata in questura insieme ad altri 22 manifestanti. «Eravamo in protesta davanti alla Leonardo quando è arrivata la polizia. Ci hanno identificati, poi hanno iniziato a caricarci sulle volanti per portarci via. Abbiamo fatto resistenza passiva, non violenta», racconta oggi a La Stampa.
Poi «le agenti mi hanno chiesto di spogliarmi per la perquisizione: non sapevo cosa fare. Personalmente, ho scelto di essere collaborativa e interrompere la resistenza passiva e quindi scendere autonomamente dall’auto. Mi hanno portata in una stanzina non lontana dall’ingresso. C’era una panchina e un tavolo dove mi hanno fatto lasciare il telefono. Che però non hanno voluto sigillare con lo scotch come avevo chiesto, ma solo spegnere. Entrando nella stanza ho incrociato una compagna che mi ha messo in allarme: “Se ti chiedono di spogliarti puoi opporti”. L’agente mi ha subito detto che non era così, che alla fine anche l’altra aveva dovuto togliersi i vestiti».§
«Non credevo neanche che mi avrebbero portata in questura: ero in azione nel ruolo di media, il mio compito era fare foto e video. È molto raro che chi ricopre questo ruolo venga messo in stato di fermo identificativo, dopo aver fornito i documenti», aggiunge Val. Dopo «mi hanno chiesto di togliermi il maglione: avevo diversi strati. Mi hanno fatto tenere almeno il reggiseno e la canottiera: la stanza era gelida. Poi mi hanno chiesto di abbassarmi i pantaloni. Ho obbedito. Ma subito dopo mi hanno chiesto di tirare giù anche gli slip e di fare tre squat (piegamenti sulle ginocchia, ndr)».
A quel punto «ci ho pensato un attimo. Mi sentivo terribilmente in difficoltà. Poi ho detto che non avevo intenzione di farlo e mi sono tirata su i pantaloni. Hanno provato a insistere una volta e alla fine hanno smesso di chiedermelo. Ma ho avuto paura che potessero farlo loro con la forza».
La perquisizioneNella stanza, dice Val, c’erano agenti donne: «Ma la porta era spalancata, dava su una specie di corridoio quindi: zero privacy. Poi, a un certo punto, è entrato un agente uomo. Per fortuna ero vestita. E comunque, tutto sommato a me è andata anche bene. C’è chi ha subito un trattamento ancora peggiore».
Per esempio Arianna: «Quando le hanno chiesto di togliere gli slip non se l’è sentita di opporsi. Ha temuto un’azione di forza, violenta, da parte della polizia. Così si è abbassata l’intimo e ha fatto gli squat. Quando è uscita da lì era distrutta psicologicamente. Elisa, invece, che come me si è rifiutata di togliere gli slip, è stata costretta ad andare in bagno scortata da una poliziotta che l’ha fissata per tutto il tempo mentre urinava. Aveva la necessità di svuotare la coppetta mestruale perché aveva il ciclo ma per l’imbarazzo di essere fissata non è riuscita. Oltretutto, il bagno era sporco, senza sapone e senza carta igienica».
Solo a noi ragazze
Val dice che solo alle ragazze è stato chiesto di spogliarsi: «Esatto: i ragazzi hanno subito una perquisizione molto più blanda. Con le mani e da sopra ai vestiti. Come in aeroporto, per intenderci. Con noi sono state molto più rigide».
E sostiene che il tutto era «il loro modo per intimidirci. Magari con gli uomini usano altri metodi. Sicuramente per me e per le altre ragazze è stato molto difficile trovarsi in quella situazione. Alcune di noi erano già state portate in questura durante un’azione. Ma il trattamento era stato del tutto diverso: avevano dato anche il permesso per prendere un libro da leggere durante la lunga attesa dei controlli». Quanto siete stati dentro? «In tutto sette ore. Io sono stata la prima a uscire».
Arianna
Arianna, 21 anni, studentessa di Storia a Milano, parla invece con Repubblica. «Pensando a quei momenti provo rabbia. Era un’azione di disobbedienza civile davanti a un luogo coinvolto nella produzione di armi che vengono spedite in Israele. Leonardo è un’azienda partecipata dallo Stato, legata al governo: come cittadini abbiamo voluto attivarci per dire che non siamo complici». In questura «mi è stato chiesto di spogliarmi, togliermi gli slip e piegarmi tre volte sulle gambe. Non è successo solo a me ma almeno ad altre 5-6 ragazze. Questa richiesta non è stata fatta agli uomini. Ci chiediamo il motivo».
La poliziotta
Nella stanza «c’era una poliziotta. A un certo punto è entrato un poliziotto ma è rimasto girato per tutto il tempo». Il tutto è avvenuto «in una piccola stanza con una panchina e un tavolo dove sono stati radunati gli oggetti sottratti durante la perquisizione, inseriti in alcune buste di plastica. Mi sono stati tolti anche gli assorbenti e i farmaci per il ciclo. Durante le sette ore, ogni volta che dovevo andare in bagno dovevo chiedere di essere accompagnata da un’agente». Adesso ha ricevuto il foglio di via: «Per sei mesi, con l’obbligo di lasciare Brescia entro tre ore. E una denuncia per radunata sediziosa».
(da Open)

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EFFETTO SALVINI, IL NUOVO CODICE DELLA STRADA STA METTENDO IN CRISI I RISTORANTI: DA QUANTO È ENTRATO IN VIGORE IL PROVVEDIMENTO CHE INASPRISCE LE SANZIONI PER CHI SI METTE ALLA GUIDA DOPO AVER BEVUTO UN BICCHIERE DI TROPPO, MOLTI PROPRIETARI DI LOCALI LAMENTANO UN CALO DELLA CLIENTELA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

UN RISTORATORE DI TERNI HA ISTITUITO UN SERVIZIO NAVETTA NEL WEEKEND: “PER CAPODANNO ABBIAMO AVUTO 28 DISDETTE. PER QUESTE SANZIONI SI È CREATA UNA FOBIA”

Da quando è entrato in vigore lo scorso 14 dicembre il nuovo Codice della strada, tanti ristoratori lamentano una riduzione delle prenotazioni e dei consumi di bevande alcoliche per colpa dell’inasprimento delle sanzioni. I limiti sono rimasti gli stessi, lo ha ribadito più volte il ministero dei Trasporti, ma la paura di vedersi recapitata una multa pesante o avere ripercussioni sulla patente sta incidendo sulle abitudini degli italiani.
Per questo Michele Lo Iacono, dei Ribelli di campagna alla Cascata delle Marmore (Terni), ha deciso di istituire un servizio navetta nel weekend
«Per Capodanno abbiamo avuto 28 disdette, di amari e limoncelli non se ne vendono più e anche il consumo di vino è limitato, ormai non più di un calice a persona», si è lamentato il ristoratore, «noi però, che non siamo in centro città, vogliamo continuare a lavorare. Così abbiamo deciso che il venerdì e il sabato sera, con le nostre due auto aziendali, forniremo il servizio navetta ai clienti che ce lo chiederanno, prendendoli e riportandoli direttamente nelle loro abitazioni»
Una mossa per fronteggiare il calo delle prenotazioni e del consumo di bevande alcoliche delle ultime settimane. «C’è un pochino di fobia che si è creata per queste sanzioni», ha aggiunto, «anche i fornitori, che hanno il polso della situazione, ci confermano che le nuove norme hanno inciso sui consumi, soprattutto a cena. È una bolla che forse passerà, intanto noi cerchiamo di lavorare come possiamo».
(da agenzie)

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“DIFFIDO DEI POLITICI CHE SI RITENGONO ETERNI”: ’ELLY SCHLEIN DIFENDE IL NO AL TERZO MANDATO E ACCOMPAGNA ALLA PORTA DE LUCA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

“È IL MOMENTO DI GUARDARE AVANTI E COSTRUIRE UN’ALTERNATIVA”

“Diffido dei politici che si ritengono eterni e che non prendono mai in considerazione che qualcuno dopo il loro lavoro possa proseguire in un altro modo”. Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein a DiMartedì, su La7.
Poi, parlando di Vincenzo de Luca, “noi siamo contrari al terzo mandato, non è un giudizio di valore, abbiamo sostenuto il lavoro prezioso fatto in questi anni in Campania ma le assicuro adesso è il momento di guardare avanti e costruire un’alternativa. Prima del consenso viene il buonsenso di costruire un’alternativa secondo le regole che ci siamo dati e che valgono per tutti”.
“L’unico spostamento che interessa a Salvini è il suo al ministro degli interni. Meloni sarà ricordata come quella che quando era al governo non c’era un treno che arrivava puntuale”.
“Abbiamo lavorato, mai uniti come prima come Pd, e ci interessa solo costruire l’alternativa alla destra e non avremo fatto mai abbastanza finché non avremo mandato a casa questo governo. Il nostro avversario è questa destra”.
“L’idea di scudo penale è davvero inaccettabile. In una democrazia anche chi ha il controllo della forza è sottoposto al controllo della magistratura. Sosteniamo le forze dell’ordine, ma con lo scudo penale fai passare l’idea che ciascuno può fare tutto ed è un’idea pericolosa”.
(da agenzie)

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COL FIATO SUL COLLE: LE CINQUE CRITICITÀ SEGNALATE DA MATTARELLA SUL DDL SICUREZZA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

LA PRIMA RIGUARDA IL DIVIETO DI VENDERE AGLI IMMIGRATI IRREGOLARI LE SIM TELEFONICHE. LA SECONDA, LA NORMA CHE CONSENTE DI DETENERE IN CARCERE LE DONNE INCINTE – NEL NUOVO REATO DI RIVOLTA CARCERARIA VIENE INTRODOTTA LA RESISTENZA PASSIVA AGLI ORDINI DELL’AUTORITÀ CON PENE SEVERE… UN SOSPETTO DI INCOSTITUZIONALITÀ RIGUARDA PURE I DIVIETI DI MANIFESTARE CONTRO GRANDI OPERE E INFRASTRUTTURE STRATEGICHE E LO SCUDO PER LE FORZE DELL’ORDINE

Sergio Mattarella segue attentamente il dibattito sul ddl sicurezza ma, va aggiunto, senza correre dietro a tutte le voci che circolano in Parlamento. Ce n’è un motivo: Giorgia Meloni è al corrente già da diverse settimane delle obiezioni formulate dal Quirinale su svariati punti del provvedimento che, se venisse approvato nella versione attuale, presterebbe il fianco a dubbi di costituzionalità. A quanto risulta la premier s’è impegnata a mettervi rimedio.
Le criticità segnalate dal Quirinale riguardano cinque aspetti. Anzitutto il divieto di vendere agli immigrati irregolari le sim telefoniche: quali che ne siano le motivazioni, ciò impedirebbe di comunicare con le famiglie perfino ai minorenni che, purtroppo, arrivano da soli in Italia. Il che sembra eccessivo.
Quindi solleva dubbi la norma (articolo 15) che consente di detenere in carcere le donne incinte o quelle che hanno figli di età inferiore ai dodici mesi: sebbene sia stata concepita per porre freno alla microcriminalità, è in gioco l’umanità dei trattamenti penitenziari.
Ma c’è di più.
Nel nuovo reato di rivolta carceraria viene introdotta la resistenza passiva agli ordini dell’autorità con pene particolarmente severe, forse troppo visto anche in che condizione versano le nostre carceri, tra sovraffollamento e suicidi.
Un sospetto di incostituzionalità riguarda pure i divieti di manifestare contro grandi opere e infrastrutture strategiche: la compressione di questa libertà sarebbe ad altissimo rischio, così come privilegiare le aggravanti rispetto alle attenuanti quando la vittima è un tutore della legge che, com’è noto, dev’essere uguale per tutti. Quanto al discusso scudo ipotizzato per le forze dell’ordine, il Quirinale non esprime giudizi, se non altro perché un testo ancora non c’è.
(da la Stampa)

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RENZI PARTE AL CONTRATTACCO: INTERROGAZIONE SUI REGALI RICEVUTI DA GIORGIA MELONI E SULLA SUA VILLA

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

“VERIFICARE L’ELENCO DEI REGALI RICEVUTI E GLI EVENTUALI SOLDI PUBBLICI SPESI NELLA REALIZZAZIONE DELLA VILLA ACQUISTATA DALLA PREMIER”… COSA SA RENZI CHE NON SAPPIAMO?

Non ha aspettato troppo tempo, Matteo Renzi per servire il suo contrattacco (ovviamente politico) alla norma cosiddetta anti Renzi, che impedisce ai parlamentari di ricevere incarichi all’estero e che la premier Giorgia Meloni ha rivendicato come una buona idea. Francesco Bonifazi di Italia Viva ha infatti depositato oggi due interrogazioni parlamentari rivolte alla presidenza del Consiglio dei Ministri sui «regali ricevuti dalla premier in questi anni e sull’abitazione recentemente acquistata da Giorgia Meloni». Come si legge in una nota stampa diffusa da Italia Viva, «nella prima interrogazione Bonifazi chiede di verificare l’elenco dei regali superiori a 300 euro ricevuti dalla premier negli ultimi due anni e mezzo e di avere accesso agli atti per capire se la premier abbia restituito la differenza dei regali superiori a 300 euro che ha tenuto nella sua disponibilità. Nella seconda il parlamentare fiorentino chiede di conoscere se per l’abitazione della premier siano stati spesi denari pubblici e se la premier non ritenga di dover pubblicare l’elenco di tutti i fornitori per evitare dubbi su conflitti di interesse e su eventuali regali ricevuti, superiori ai 300 euro consentiti». Poi una considerazione politica pesante: «Proprio nelle ore in cui in Corea del Sud un presidente viene arrestato per le conseguenze di uno scandalo nato da comportamenti poco trasparenti della sua famiglia, è giusto fare chiarezza sulla nostra presidente e sui suoi comportamenti. A differenza di altri rispettiamo la privacy e la libertà dei singoli ma crediamo anche che la premier – così rigorosa nel polemizzare contro gli avversari – debba rendere conto pubblicamente e in modo trasparente di eventuali regalie ricevute. Attendiamo con curiosità la risposta di Palazzo Chigi, in attesa di formulare altre due interrogazioni parlamentari la settimana prossima», dichiara Bonifazi.
(da agenzie)

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GOVERNO SUL BINARIO MORTO, ANCORA UNA GIORNATA NERA PER I TRENI TRA MALTEMPO, GUASTI ELETTRICI E RITARDI FINO A SEI ORE

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

SCHLEIN: “SALVINI E MELONI PARALIZZANO L’ITALIA”, RENZI CHIEDE LE DIMISSIONI DEL CAPITONE… IL CODACONS SEGNALA 104 PROBLEMI ALLA RETE FERROVIARIA DA INIZIO ANNO… PER IL CENTRO STUDI UNIMPRESA, I RITARDI DELLA RETE FERROVIARIA INCIDONO PER 3,16 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO

Ennesima giornata complicata ieri per chi doveva spostarsi in treno.
Con immancabili polemiche politiche. Ai problemi nelle prime ore del giorno sulla Salerno-Reggio Calabria, tra le 18 e le 19 alla stazione Termini di Roma un guasto a una cabina elettrica ha determinato la sospensione della circolazione e ritardi fino a 150 minuti
«Cosa fanno la presidente Meloni e il ministro Salvini per arginare il disastro che hanno creato sul trasporto pubblico?», ha dichiarato la segretaria pd Elly Schlein.
«Stanno paralizzando l’Italia, con effetti devastanti sulla vita quotidiana dei cittadini e danni incalcolabili all’economia e al turismo. Dopo una stagione estiva segnata da caos e disorganizzazione e un periodo natalizio caratterizzato da continui disservizi, la situazione rimane critica. Ogni giorno si registrano ritardi, mancanza di informazioni per i viaggiatori e rimborsi bloccati. Questo è un Paese che ogni giorno parte con un’ora di ritardo, non ce lo possiamo permettere».
Italia Viva ha presentato una petizione per chiedere le dimissioni di Salvini. Per Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia, «il maltempo crea disagi, ci sono problemi ereditati per mancate manutenzioni».
«Un disagio che può impattare su migliaia di persone non può essere raccontato come un disastro, dato che ne spostiamo due milioni al giorno», aveva commentato i problemi di ieri mattina Stefano Donnarumma, ad di Ferrovie, alla cerimonia di apertura di piazza dei Cinquecento, davanti alla stazione di Roma Termini, prima dei problemi di qualche ora più tardi. Il Codacons segnala 104 problemi alla rete ferroviaria da inizio anno.
In Liguria «moltiplicati i ritardi e i disagi per il taglio di Intercity e l’aumento dei tempi di percorrenza delle Frecce verso Roma», hanno aggiunto i deputati pd Valentina Ghio e Alberto Pandolfo. Il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che ha segnalato i problemi sulla Roma-Firenze, in serata ha parlato di «un altro disastro» (a Termini, ndr ) e di mancanza di soluzioni da parte del governo.
«Salvini, che tante volte viene in Calabria per parlare del Ponte, s’impegni a realizzare l’alta velocità fino a Reggio Calabria, garantendo le risorse e non affidandole al contratto di programma di Rfi», ha affermato il sindaco di Cosenza, spiegando che ora i soldi stanziati «bastano solo fino a Lagonegro e nella legge di Bilancio non si accenna a fondi per proseguire l’opera». Dal ministero dei Trasporti assicurano che non c’è «nessun problema per il finanziamento dall’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria».
Per il Centro studi Unimpresa i ritardi della rete ferroviaria incidono per 3,16 miliardi di euro all’anno. I ritardi medi di 30 minuti per viaggio dell’Alta Velocità pesano sulla produttività. Se si considera una perdita media di 15 euro per ogni ora di ritardo a persona, il costo del tempo perso è di 1,8 miliardi di euro all’anno.
(da Corriere della Sera”)

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BIS PER DI MAIO COME INVIATO UE NEL GOLFO. KALLAS: “ECCELLENTE, VA RICONFERMATO”. MELONI NON SI OPPONE

Gennaio 15th, 2025 Riccardo Fucile

L’ALTO RAPPRESENTANTE AI 27 STATI MEMBRI: “LA SUA PRESENZA E’ STATA DETERMINANTE, VA PROROGATO”

La nuova vita di Luigi Di Maio continua con una conferma abbastanza clamorosa: fino al 28 febbraio 2027 continuerà a essere inviato della Ue nel Golfo. Il via libera al secondo mandato dell’ex capo del M5s – già vicepremier, pluriministro e titolare della Farnesina con Mario Draghi – è arrivato ieri a Bruxelles dai rappresentanti dei 27 paesi membri del Psc (Political and Security Committee). Domani la riunione del Gruppo Medio oriente golfo per gli aspetti tecnici. Lo chiamavano Giggino, ha fatto un capolavoro.
Al punto che la conferma è passata sopra la testa del governo Meloni che non si è opposto – “ma non nel nostro nome” – alla ricandidatura dell’italiano dalle vite di gatto. E’ stata direttamente l’Alto rappresentante Kaja Kallas lo scorso 20 dicembre a informare l’Italia della decisione di voler rinnovare Di Maio. Nella lettera – che il Foglio ha potuto consultare – Kallas scrive: “L’eccellente prestazione dell’Eusr per il Golfo, Luigi Di Maio, ha rappresentato un grande contributo nel far avanzare la cooperazione Eu-Gcc. Ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo di entrambe le cooperazioni regionale e bilaterale con i paesi del Golfo nel campo delle consultazioni politiche, dei dialoghi sulla sicurezza, sul commercio e investimenti, energia verde e relazioni people-to-people”. Ecco perché, spiega l’Alto rappresentante, “la sua presenza è stata determinante per il successo del Summit Eu-Gcc. Propongo pertanto di prorogare il mandato di Luigi Di Maio per altri due anni, dal 1° marzo 2025 al 28 febbraio 2027”. Anche di questo ha parlato Kallas con Meloni la scorsa settimana quando è andata a trovarla a Palazzo Chigi. E la premier, appunto, non ha potuto che spalancare le braccia: l’esecutivo in maniera ufficiale non si è opposto a questa nomina, destinata a far parlare in Italia e già data per acquisita a Bruxelles. La lettera dell’Alta rappresentante – che questo giornale ha visionato – apre le candidature degli stati membri per un’altra posizione: quella di inviato in medio oriente “a sostegno di un orizzonte politico verso la soluzione dei due stati”. Intanto l’eroe dei due mondi resta Di Maio: partito da Pomigliano per sfasciare tutto dopo dieci anni è riuscito a diventare l’emiro della politica italiana. Dal Golfo di Napoli a quello Persico fino al 2027. Con tanti saluti a Conte e a Grillo.
(da ilfoglio.it)

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