Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
I CONTROLLI A DISTANZA ARRIVANO A 80.000 L’ANNO, MERITO DEL PNRR
A Livorno c’è un ospedale che visita i pazienti online. 80 mila visite l’anno scorso, e la diabetologia livornese guidata da Graziano Di Cianni è ai vertici per numero di pazienti seguiti a distanza.
La Repubblica racconta la visita della dottoressa Francesca Pancani a una paziente per il diabete: l’andamento della glicemia giorno per giorno, le dosi di insulina somministrate dal micro infusore. Ma anche i valori della pressione e gli ultimi esami del sangue. «Abbiamo abolito le code nelle sale d’attesa», dice Di Cianni.
Le televisite
All’ospedale di Livorno si fanno televisite anche agli ospiti diabetici delle Rsa, le residenze per anziani. E c’è pure un progetto con il carcere: «Si tratta di pazienti che è meglio non spostare». La telemedicina è uno dei pilastri del Pnrr in sanità. Sono stati stanziati 1,5 miliardi di euro per creare una rete nazionale. Per gli obiettivi del recovery plan quest’anno vanno seguiti via web almeno 300 mila pazienti. «Le cambio il dosaggio pomeridiano dell’insulina», dice la dottoressa dopo aver studiato il caso. «Poi invio la ricetta e le altre indicazioni». Poi la dottoressa Pancani saluta e si prepara alla videochiamata successiva. «Con questo sistema non lavoriamo di meno, anzi. Però i tanti vantaggi per i pazienti ripagano lo sforzo».
(da La Repubblica)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
VIETATE IDEE POLITICHE, INFORMAZIONI ALL’ESTERO E RUOLI DA DICHIARARE… SIAMO A ROMA O A MOSCA?
I dipendenti della Presidenza del Consiglio non potranno esprimere le proprie opinioni
politiche, non dovranno rivelare informazioni all’esterno rispettando il “segreto d’ufficio” e dovranno utilizzare i social network senza esprimere idee personali riconducibili all’istituzione. Ma saranno obbligati anche comunicare al proprio superiore se ha assunto incarichi in associazioni, enti pubblici o partiti politici che potrebbero interferire con l’esercizio delle sue funzioni. Sono queste le nuove regole, fortemente restrittive, che la premier Giorgia Meloni ha deciso di applicare ai dipendenti di Palazzo Chigi: un documento che ha il principale obiettivo di fermare le fughe di notizie e la “politicizzazione” di chi ogni giorno lavora al suo fianco. Confermando un clima di complotto che aleggia nelle stanze della Presidenza del Consiglio.
Il nuovo codice di comportamento e disciplina, che Il Fatto pubblica in anteprima, è stato approvato con un decreto del presidente del Consiglio il 13 dicembre scorso e registrato dalla Corte dei Conti il 14 gennaio 2025. Un documento di 16 pagine, molto più ricco rispetto all’ultimo di dieci anni fa, che risaliva al 2014, all’epoca del governo Renzi. Il nuovo “Codice di comportamento e di tutela della dignità e dell’etica dei dirigenti e dei dipendenti della Presidenza del Consiglio dei ministri” è costituito da 26 articoli per regolare diversi ambiti lavorativi: si va dai principi generali di comportamento alle norme sui “regali, compensi e altre utilità” passando per la partecipazione ad associazioni o organizzazioni fino alla prevenzione di conflitti d’interessi, tutela dei whistleblower, utilizzo dei social media e dipendenti con procedimenti penali.
Silenzio “Non manifestare le proprie idee politiche”
Alcune regole ricalcano quelle del codice del 2014, più snello e composto da 18 articoli. Ma ci sono alcune novità rilevanti. La prima riguarda il divieto di esprimere opinioni politiche. All’articolo 4, relativo ai principi generali di comportamento, Palazzo Chigi specifica che i dipendenti, oltre ad astenersi da qualsiasi “trattamento preferenziale”, si astengono “dal manifestare, direttamente o indirettamente, orientamenti politici o ideologici tali da ingenerare dubbi sull’imparzialità della propria azione”.
Bavaglio Riservatezza contro le fughe di notizi
L’altra è quella per cercare di fermare possibili fughe di notizie: nell’ambito dei rapporti privati i dipendenti devono rispettare “il segreto d’ufficio e mantiene riservate le notizie e le informazioni apprese nell’ambito dell’attività svolta”. Una volontà che Meloni ha cercato di ribadire più volte tanto che il responsabile della comunicazione del governo, Giovanbattista Fazzolari, è arrivato a “blindare” il mattinale Ore 11 che arriva ai parlamentari di Fratelli d’Italia tracciando gli accessi e autorizzando chi scarica il file con la linea sui principali fatti di attualità.
Social La nuova policy: solo opinioni personal
Inoltre, per la prima volta, anche la Presidenza del Consiglio decide di dotarsi di regole per l’utilizzo dei social come le altre Pubbliche Amministrazione: lo fa rimandando al decreto 81 del presidente della Repubblica del 2023 che regola il Codice di comportamenti dei dipendenti pubblici. Questo prevede che il dipendente possa esprimere idee e opinioni che non siano riconducibili all’istituzione e deve astenersi da qualsiasi commento che “possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della Pubblica Amministrazione in generale”.
Partiti “Comunicare incarichi in una delle forze politiche”
Il nuovo codice di comportamento della Presidenza del Consiglio mantiene anche intatta la riservatezza sull’adesione a partiti politici o sindacati, ma inserendo una postilla che solleva qualche perplessità: il personale dovrà comunicare “l’assunzione di incarichi di rappresentanza in associazioni, fondazioni o in enti pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici” se da questi “possano derivare obblighi o vincoli tali da poter interferire con l’esercizio delle funzioni svolte dalla unità organizzativa di assegnazione”.
Norma Conflitti d’ interessi e decadenza per condannat
Per la prima volta, inoltre, viene inserito un articolo per tutelare i whistleblower (chi denuncia illeciti) e diverse novità sul conflitto d’interessi: i dipendenti devono comunicare i rapporti con soggetti privati anche di familiari fino al secondo grado e si devono evitare le porte girevoli tra il mondo del pubblico e privato (il cosiddetto pantouflage). I dipendenti inoltre non solo non potranno accettare regali e metterli a disposizione dell’amministrazione (se non di modica quantità), ma questi saranno destinati “alla restituzione o alla beneficenza”. Infine, Meloni ha deciso di introdurre anche una stretta sulle questioni giudiziarie. I consulenti e collaboratori delle autorità politiche non potranno avere condanne che prevedano la pena accessoria dell’interdizione dei pubblici uffici.
(da La Stampa)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
IMBARAZZO DEL GOVERNO CHE FINANZIA UNA ASOOCIAZIONE A DELINQUERE ISTITUZIONALIZZATA IN LIBIA
Che ci faceva Osama al Naijm, nome di battaglia “generale Almasri” in un hotel di Torino con un gruppo di libici? Sta tutta nella risposta a questo interrogativo la portata del nuovo intrigo internazionale che rischia di essere foriero di non poco imbarazzo per l’Italia.
Perché Osama al Naijm, arrestato domenica dalla Digos in esecuzione di un mandato di cattura della Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra e gravi violazioni di diritti umani, è il comandante della polizia giudiziaria libica ma anche il capo del centro di detenzione di Mitiga, a Tripoli, l’inferno per migliaia di migranti.
È lì che finisce chi viene intercettato durante le traversate nel Mediterraneo dalla guardia costiera libica che, ormai da anni, l’Italia finanzia e forma proprio per bloccare le partenze: più di 15.000 solo nel 2024 stando alle ultime stime dell’Oim.
Una infinita sequela di reati e gravissime violazioni dei diritti umani che, grazie alle testimonianze di alcuni dei sopravvissuti a quel lager, la Corte penale internazionale ora contesta a Osama al Naijm e agli aguzzini della Radaa, la Forza di deterrenza speciale da lui guidata.
Dopo Bija, il capo dei trafficanti libici arrivato a essere nominato responsabile dell’Accademia navale militare di Tripoli, ucciso in un agguato a settembre scorso, adesso è il destino di Almasri il torturatore a legarsi pericolosamente con l’Italia. E se Bija sette anni fa (si sarebbe poi scoperto) arrivò in Italia come esponente di una delegazione invitata da agenzie Onu e approdò persino al Viminale, i contorni della trasferta torinese di Osama al Naijm sono tutti da ricostruire.
La vicenda viene definita «assai delicata» da fonti qualificate investigative e dell’intelligence entrate in azione domenica quando, su indicazione dell’Interpol, la Digos di Torino, in esecuzione di un mandato di arresto che porta la data del 18 gennaio, ha fermato il generale Almasri in un albergo. Pare avesse in programma di andare allo stadio.
Ma l’arresto di Almasri potrebbe anche trasformarsi in una grana diplomatica per l’Italia. A Tripoli non è stato preso bene. «Una detenzione arbitraria, un incidente oltraggioso », è la reazione della polizia giudiziaria di Tripoli che invita il governo libico a intervenire.
Il “torturatore” di Mitiga, così i migranti sopravvissuti al centro di detenzione chiamano Osama al Naijm: le loro testimonianze sono state raccolte da alcune organizzazioni umanitarie. Come quelle sul comandante Bija, altra vecchia conoscenza della giustizia internazionale e da a lmeno cinque anni finito nella lista nera delle Nazioni Unite.
Ci sarebbe anche lui dietro al racket degli schiavi-soldato, migliaia di giovani migranti africani intercettati in mare, chiusi nei centri di detenzione, e poi spariti letteralmente nel nulla: in realtà, secondo le accuse, rivenduti alle milizie libiche e costretti a combattere.
Una condotta criminosa che le Nazioni unite e le organizzazioni umanitarie denunciano da anni ma davanti alla quale l’Italia e l’Europa si girano dall’altra parte avendo ormai da anni intrapreso la strada della collaborazione con le autorità libiche.
(da Avvenire)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
ALMASRI ERA A CAPO DELLA PRIGIONE E CENTRO DI TORTURE DI MITIGA DOVE I TRAFFICANTI ESTORCONO DENARO AI MIGRANTI… E’ LA PROVA DI COME L’INTERO SISTEMA LIBICO, FORAGGIATO DALL’ITALIA, SIA UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Potrebbe essere solo il primo di una lunga serie, l’arresto di ieri a Torino, di Njeem
Osama Elmasry (Almasri), il capo della polizia giudiziaria di Tripoli. L’uomo è stato fermato nel capoluogo piemontese su mandato della Corte penale internazionale per crimini di guerra. Un arresto clamoroso perché si tratterebbe di uno dei personaggi “chiave” della rivoluzione libica, ai tempi di Gheddaffi, ma anche protagonista di un sistema dì violenze e di carcerazioni.
L’informazione è stata diffusa dalla pagina Facebook ufficiale della Fondazione per la riforma e la riabilitazione di Ain Zara, una struttura carceraria di Tripoli, e rilanciata da diverse testate libiche, tra cui “Al Hadath Libya”. Il direttore della struttura, Abdel Moaz Nouri Bouaraqoub, ha condannato quello che ha definito un “arresto arbitrario” di Njeem, che è un generale di brigata, esortando le autorità libiche ad assumersi la responsabilità di questa situazione.
L’uomo arrestato – che era capo della prigione e centro di torture libico di Mitiga – era balzato agli onori della cronaca nel 2022, nell’ambito degli scontri armati nella zona di Sabaa, a est della capitale libica Tripoli, vicino alla sede dei servizi segreti del ministero dell’Interno: a confrontarsi erano stati da una parte gli uomini della Guardia presidenziale guidati dal vice comandante Ayoub Bouras; dall’altra le forze della polizia giudiziaria Najim affiliate alla Rada, gruppo armato libico specializzato nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata guidato dal comandante salafita Abdul Rauf Kara.
Il complesso di Mitiga ospita non solo l’unico scalo aereo civile che attualmente serve Tripoli, ma anche un’importante prigione dove sono detenuti oppositori politici e terroristi dello Stato islamico e una base aerea dalla quale partono i droni d’attacco di fabbricazioni turca.
Non è chiaro a quali episodi si riferiscano i crimini di guerra contestati ad Al Najim. Non è esclusa una sua presunta partecipazione nelle fosse comuni trovate a Tarhuna dopo il cessate il fuoco in vigore dall’ottobre 2020 su cui sta indagando la Corte penale internazionale.
«La cattura di Elmasry getta un’ombra inquietante sulla sua presenza nel nostro Paese – dichiara don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans – Sappiamo che il potere della mafia libica cresce di giorno in giorno grazie ai respingimenti che l’Italia e l’Europa finanziano. Si parla di lotta ai trafficanti, ma intanto si finanziano i respingimenti, che fanno crescere il potere dei trafficanti. Dobbiamo insistere perché si fermino i respingimenti, perché ci si prenda per mano con i migranti e con la società civile e si costruisca una vera fraternità. É una via difficile, che richiede coraggio, ma é l’unica possibile per sconfiggere le mafie e le ingiustizie e per realizzare pienamente la nostra umanità».
«Almasri è la prova di come l’intero sistema libico, foraggiato in questi anni da milioni di euro dai governi italiani e dall’Unione Europea, sia atroce e criminale: banditi come Almasri hanno solo messo in pratica il mandato ricevuto di “fermare i migranti”, con mezzi e soldi delle istituzioni occidentali. Si nascondeva in Italia, ovviamente: perché qui i trafficanti si sentono al sicuro» attacca Luca Casarini di Mediterranea Saving Humans. «Ma siamo solo all’inizio – aggiunge – chi ha pagato Almasri per torturare, detenere, uccidere donne uomini e bambini?».
(da agenzie)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
E MELONI GENUFLESSA
Riferimenti prevedibili. Dalle deportazioni annunciate dei migranti alla cancellazione dello ius soli, dalla demonizzazione del green deal alla crociata contro la teoria transgender fino alla promessa di piantare la bandiera Usa su Marte. Ma ci crede davvero, in qualche modo, il 47esimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, al suo ritorno quasi messianico sulla scena politica americana e internazionale. L’uomo della provvidenza, sopravvissuto persino ad un attentato, per riportare negli Stati Uniti una nuova età dell’oro. Cominciando dalla guerra promessa, e ora dichiarata, al deep state. L’occhio per occhio che ora il tycoon vuole calare sulla burocrazia americana che in qualche modo considera responsabile della sua persecuzione giudiziaria e che vorrebbe rimpiazzare con la tecnocrazia della Silicon Valley. Con i Musk, i Bezos gli Zuckerberg e più in generale con i signori delle Big Tech. Un potere, ancora più forte di quello che lo ha preceduto, cresciuto sotto gli occhi dei Dem e che solo ora, con la destra al governo, la sinistra addita come nemico della democrazia. Resta semmai la subalternità anche della nuova amministrazione Usa, che ha abdicato al primato della politica in favore dei miliardi delle grandi multinazionali della tecnologia destinate a tirare i fili all’ombra di Trump per i prossimi quattro anni. In una sorta di internazionale sovranista alla cui corte è stata ammessa, unica leader europea, solo la premier italiana Giorgia Meloni. Che, con i tempi che corrono, è saltata sul carro dei vincitori. Nonostante i rischi: l’isolamento Ue e la stessa subalternità di Trump al Musk di turno.
(da lanotiziagiornale.it)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
NANCY PELOSI SI INDIGNA: “E’ UNA VERGOGNA, UN INSULTO OLTRAGGIOSO AL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIO”
Donald Trump ha firmato nello Studio Ovale l’ordine esecutivo per la grazia ai rivoltosi
del 6 gennaio 2021. “Speriamo che escano questa sera”, ha detto il presidente americano. Gli assalitori di Capitol Hill condannati sono detenuti in un carcere di Washington. Trump ha graziato 1.500 degli assalitori a Capitol Hill, mentre per altri sei ha commutato la pena.
Nancy Pelosi ha attaccato Donald Trump per aver concesso la grazia ai rivoltosi del 6 gennaio 2021. “E’ una vergogna”, ha scritto in un post su X l’ex speaker della Camera. “Le azioni del presidente sono un insulto oltraggioso al nostro sistema giudiziario e agli eroi che hanno subito violenze fiscihe e traumi emotivi mentre proteggevano Capitol Hill, il Congresso e la Costituzione”.
“È vergognoso che il presidente abbia deciso di fare dell’abbandono e del tradimento degli agenti di polizia che mettono a rischio la propria vita una delle sue massime priorità”, ha proseguito la democratica. “Nonostante la decisione del presidente, dobbiamo sempre ricordare lo straordinario coraggio e valore degli eroi delle forze dell’ordine che si opposero e assicurarono che la democrazia sopravvivesse in quel giorno oscuro”, ha concluso Pelosi.
(da agenzie)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
LA STRUTTURA OPERERÀ ALL’INTERNO DEL GOVERNO: UN EVIDENTE CONFLITTO DI INTERESSI PER MUSK, LE CUI AZIENDE VIVONO DI SUSSIDI E FONDI STATALI… ELON SARÀ UN MEMBRO DELL’AMMINISTRAZIONE (ALTRO CHE “PRIVATO CITTADINO CHE ESPRIME OPINIONI”, COME SOSTIENE LA MELONI)
Nel marzo 2023, quando ci accolse insieme ad altri giornalisti nella sua stanza d’albergo al Cpac, la conferenza dei conservatori a Washington, Vivek Ramaswamy era uno sconosciuto. Nato a Cincinnati, in Ohio, figlio di un ingegnere e di una psichiatra, con studi a Harvard e in Legge a Yale, imprenditore delle biotecnologie indiano-americano con un patrimonio di 600 milioni di dollari, era sceso in campo per la nomination repubblicana alla Casa Bianca
Ma presto avrebbe lasciato la corsa per unirsi a Donald Trump, che lo ha chiamato a tagliare le spese del governo guidando Doge, Department of Government Efficiency con Elon Musk.
Una carica che potrebbe essere la più breve della nuova amministrazione: secondo «Politico», Ramaswamy avrebbe già deciso di lasciare il suo posto dalla prossima settimana per iniziare la corsa a governatore dell’Ohio (la corsa è prevista per la fine del 2026). Lasciando Musk solo al comando del Doge- ed evitando una convivenza che si preannunciava complicata.
Vero è che, per Ramaswamy, quella della «semplificazione» era un’ossessione: già nel 2023 proponeva di abolire il dipartimento dell’Istruzione, l’Fbi e una intera classe di burocrati federali. Era contrario all’affirmative action e a quote basate sulla razza per chi lavora per il governo; era contrario anche al condono parziale del debito studentesco deciso da Biden (lo definiva una forma di corruzione per avere il voto dei giovani).§
I possibili conflitti di interesse di Vivek (che ha interessi nel settore farmaceutico, energetico, finanza e criptovalute) avevano fatto meno notizia di quelli di Musk. Vivek è un sostenitore dei visti H1B, d’accordo con Musk e in contrasto con Steve Bannon. Curioso che siano stati entrambi premiati venerdì ai Patriot Awards a Washington, un evento a margine dell’insediamento: a differenza di tutti gli altri premiati, rimasti fino alla fine, Vivek è uscito con il figlio in braccio prima dell’arrivo di Bannon.
(da agenzie)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
“NEL RICHIEDERE ALL’AMBASCIATA AMERICANA IL VISTO, IL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE HA DETTO CHE IO ERO STATO IN SIRIA E IN COREA DEL NORD PER NON FARMELO OTTENERE. È UN FURBACCHIONE, MI HA TRUFFATO.”
“Sono stato contattato dall’associazione di italo americani ‘Noi con Trump’ per
raggiungerli in America ed assistere all’insediamento di Donald Trump. Mi hanno detto che dovevo esserci perché sono molto amato negli States. Io gli ho detto ‘ok, ma dovete provvedere voi al volo e all’hotel’.
Beh, mi sono fatto dare il nome dell’hotel che mi avevano detto di aver riservato, ho chiamato per sapere se era così e sapete come mi hanno risposto? ‘Lei chi è? Qui non c’è nessuna camera…” A parlare, a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, è l’ex senatore Antonio Razzi, che oggi a Giorgio Lauro e Geppi Cucciari ha raccontato la disavventura legata all’insediamento di Donald Trump di oggi.
“Oltre a questo c’è stato un fatto ancora più grave”. Quale? “Nel richiedere all’ambasciata americana il mio visto il presidente di questa associazione ha detto che io ero stato in Siria ed in Corea del Nord, per non farmi avere il visto. Questa persona, che non vogliono nominare – ha concluso a Un Giorno da Pecora Razzi -, è un furbacchione, praticamente mi ha truffato”.
(da Un Giorno da Pecora)
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Gennaio 21st, 2025 Riccardo Fucile
IN TUTTO 1.500 MILIARDI DI DOLLARI IN 1.500 METRI QUADRATI. UN PATRIMONIO COMPLESSIVO PARI A QUANTO LA SPAGNA PRODUCE IN UN ANNO O A TRE QUARTI DEL PIL ITALIANO
Un trilione e mezzo, ovvero millecinquecento miliardi di dollari, in poco più di millecinquecento metri quadrati. La cerimonia inaugurale di Donald Trump è stata anche una concentrazione – concreta e tangibile – di ricchezza probabilmente mai vista prima. Merito, diciamo, dei tantissimi miliardari stretti gomito a gomito nella pur accogliente Capital Rotunda del Campidoglio.
Mettete in fila l’imprescindibile Elon Musk, che anche sul patrimonio (448 miliardi di dollari, il primo al mondo per la classifica di Forbes) fa la parte del leone, un trumpiano neoconvertito come Jeff Bezos, che apporta alla cerimonia 245 miliardi, un altro illuminato sulla strada di Washington come Mark Zuckerberg con i suoi 216 miliardi e spiccioli, il finanziere e imprenditore del lusso Bernard Arnault, arrivato dalla Francia con moglie, due figli e 188 miliardi di dollari di patrimonio, il ceo di Google Sundar Pichai e i suoi 174 miliardi, e siamo già oltre il trilione di dollari.
§Ma accanto a loro anche una foltissima schiera di miliardari di “serie B”, gente che non arriva al centinaio di miliardi. Ed ecco dunque il magnate indiano Mukesh Ambani con i suoi 90 miliardi, la regina dei casinò Usa Miriam Adelson con 36 miliardi, il sempreverde Rupert Murdoch che dall’alto dei suoi “vecchi” mass media sfida i ragazzi del “tech” e siede su una ventina di miliardi, il prossimo ambasciatore Usa in Italia Tilman Fertitta, con quasi 13 miliardi, e una schiera imponente di patrimoni sotto i 10 miliardi di dollari. Tra i “parenti poveri” del club degli iper-ricchi, anche loro invitati alla cerimonia, Tim Cook di Apple con 2,2 miliardi e Sam Altman di Open AI con 2 miliardi.
Un miliardo al metro quadro nella sala del giuramento presidenziale significa anche che in un solo momento si sono trovati là patrimoni pari a quanto la Spagna o il Messico producono in un intero anno di attività o circa tre quarti del Pil italiano, sempre di un intero anno.
Ma significa anche che al posto dei venti miliardari o poco più ci sarebbero voluti 24 milioni di persone “normali” per raggiungere lo stesso patrimonio
Una media che divida i circa 500 triliardi di dollari di ricchezza globale che si stima esistano per gli 8 miliardi di abitanti della Terra dà infatti un ipotetico patrimonio pro capite di 62.500 dollari, Nel giorno in cui Oxfam presenta il suo rapporto annuale sulle diseguaglianze a Davos, l’élite dell’élite riunita in Svizzera pare poca cosa rispetto alla vero raduno di patrimoni alla corte di Trump.
(da La Repubblica)
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