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IL CASO ALMASRI SI INGROSSA: LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE ESIGE CHIARIMENTI SUL RIMPATRIO, E SBUGIARDA TUTTI: “NON SERVIVA L’INTERVENTO DEL GOVERNO

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

LA RICHIESTA FORMALE DELL’AIA: SPIEGATE IL RILASCIO DI ALMASRI… I DUBBI SULLA PROCEDURA SEGUITA DAI GIUDICI DI ROMA: “IN BASE ALL’AT.3 DEL TRATTATO I GIUDICI NON AVEVAMO BISOGNO DELL’AUTORIZZAZIONE DEL MINISTERO, VALE IL CODICE DI PROCEDURA PENALE, LA GIUSTIFICAZIONE DELL’ITALIA E’ SBAGLIATA”

Oltre che in Parlamento, sulla scarcerazione lampo del generale libico Najeem Osema Almasri il governo italiano dovrà dare spiegazioni alla Corte penale internazionale, che le ha chieste formalmente attraverso i canali diplomatici.
Ribadiscono dalla sede dell’Aia: loro hanno ricevuto la notizia solo venerdì 17, attivandosi subito per dare seguito alla richiesta d’arresto giacente dal 2 ottobre, accolta e trasmessa l’indomani a 6 Stati (tra cui l’Italia) insieme all’avviso Interpol per allertare le polizie nazionali. Senza sapere che il capo della polizia giudiziaria libica sarebbe andato a Torino, tant’è che gli stessi documenti sono stati inviati pure in Germania, Olanda, Francia, Austria e Svizzera.
L’informazione è giunta alla Procura presso la Corte dell’Aia, che l’ha tramessa alla Cpi; verosimilmente dalla polizia tedesca, dopo il controllo di Almasri a un posto di blocco a Monaco di Baviera, prima identificazione ufficiale avvenuta in Germania. Se la sua presenza in Europa fosse nota da prima è un problema tedesco, o inglese visto che dal 6 al 12 è stato in Gran Bretagna.
Oltre alle polemiche politiche scatenate da liberazione e rimpatrio del detenuto su un aereo dell’Aeronautica militare appositamente partito da Roma la mattina del 21 gennaio e decollato in serata da Torino per Tripoli, restano gli interrogativi sull’interpretazione data dalla Corte d’appello di Roma alla legge del 2012 che regola i rapporti con la Cpi.
I giudici della Capitale hanno ritenuto che fosse indispensabile una interlocuzione preliminare con il ministro della Giustizia, senza la quale l’arresto di Almasri non poteva essere convalidato. Situazione alla quale il Guardasigilli Carlo Nordio poteva comunque porre rimedio, ma la mancata risposta al quesito postogli dalla Procura generale ha dato il via libera a scarcerazione e riconsegna.
Ma — ribadiscono dalla Cpi — secondo l’articolo 3 della stessa legge, «in materia di consegna» dei ricercati e altre attività con la Corte dell’Aia si applicano le norme del codice di procedura penale sulle procedure di estradizione.
Per le quali i magistrati agiscono autonomamente (com’era avvenuto in dicembre per l’iraniano Mohammad Abedini), senza attendere l’intervento del governo. Il quale mantiene comunque l’ultima parola sulla consegna, e può intervenire in ogni momento annullando i provvedimenti nei confronti degli stranieri da estradare (come avvenuto per Abedini, in cambio della liberazione di Cecilia Sala).
È dunque immaginabile che l’esecutivo sarebbe intervenuto in ogni caso; a prescindere dalle decisioni della magistratura e dagli ipotetici contatti avvenuti prima o dopo l’ordinanza emessa dalla Corte d’appello.
Lo dimostra la partenza per Torino dell’aereo per portare Almasri in Libia alle 11.14 del 21 gennaio, mentre la decisione sul suo conto è arrivata solo nel pomeriggio, quando alle 16.03 il ministro Nordio comunicava che stava valutando la situazione. Su queste e altre circostanze è attesa la versione ufficiale del governo al Parlamento, fissata per mercoledì prossimo. E alla Corte dell’Aia.
(da il Corriere della Sera)

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TORTURIAMOLI A CASA LORO: CASO ALMASRI, TUTTI I RILIEVI DELL’AIA, PROCEDIMENTO IN VISTA CONTRO IL GOVERNO MELONI

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

IL GIALLO DELL’AEREO DI STATO ITALIANO CHE HA RIMPATRIATO ALMASRI: SI ERA MOSSO GIÀ AL MATTINO DI MARTEDÌ PER TORINO. MA IL PROVVEDIMENTO DI SCARCERAZIONE È ARRIVATO NEL POMERIGGIO (SEGNO CHE IL GOVERNO SAREBBE INTERVENUTO A PRESCINDERE DALLE DECISIONI DEI MAGISTRATI)

A inasprire i rapporti con la Corte internazionale è quanto fatto trapelare da Chigi. E cioè che il caso Almasri possa essere una rappresaglia dopo che le parole caute dell’Italia sull’arresto di Netanyahu: «Perché la Corte si è mossa soltanto quando il generale libico è arrivato in Italia e non nei 12 giorni precedenti, in cui era in giro per l’Europa?», si è chiesta la capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione giustizia, Carolina Varchi.
In realtà la Corte si è mossa appena ha ricevuto gli atti. Il ritardo, se di ritardo si può parlare, è da attribuire eventualmente alla polizia tedesca che tra l’altro ha interloquito con la procura e mai con la Corte.
Un pasticcio. Che rischia di avere conseguenze anche in Italia. Dove mercoledì in aula ci sarà di nuovo il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, con un’informativa. Mentre al Copasir dovrà risponderne il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un’audizione già programmata.
Proprio il Copasir è uno dei terreni caldi dello scontro: perché è possibile che in quell’aula vengano approfonditi non soltanto i rapporti di Almasri con il nostro Paese (è un fatto che il generale libico sia venuto più volte in Italia) ma anche le modalità della sua scarcerazione.
Già al mattino di martedì, prima che ci fosse il provvedimento di scarcerazione, un aereo dei servizi si era mosso per Torino in vista del rimpatrio. E un altro aereo di Stato aveva portato in Libia i tre amici con i quali Almasri era arrivato a Torino.
(da La Repubblica)

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PER ANNI GIORGIA MELONI È STATA UNA CRITICA FEROCE DEL PRINCIPE SAUDITA MOHAMMED BIN SALMAN: DAI BANCHI DELL’OPPOSIZIONE STREPITAVA CONTRO I GOVERNI DI CENTROSINISTRA PER GLI AFFARI CON IL REGNO SAUDITA

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

TUTTO DIMENTICATO: ORA CHE LA DUCETTA DEI DUE MONDI È AL GOVERNO, ECCO CHE L’ARABIA SAUDITA DIVENTA UN “PARTNER FONDAMENTALE” PER L’ECONOMIA E GLI SVILUPPI GEOSTRATEGICI DELL’AREA…OGGI E DOMANI LA PREMIER SARÀ A GEDDA

Meloni è stata per anni una feroce critica del principe Mohammed Bin Salman, perennemente con il dito puntato contro i governi di centrosinistra che avevano interlocuzioni o intrattenevano affari con la dinastia wahhabita.
È bastato passare al governo per cambiare idea.
Ora, per la leader di destra, l’Arabia Saudita è diventata «un partner fondamentale», per l’economia e per gli sviluppi geostrategici dell’area. Business che passa dalla capacità di spesa della dinamica società saudita, a cui il governo vuole offrire il meglio del Made in Italy e del Turismo.
Quindi due giorni di gita a Jedda per fortificare gli affari con i nemici di ieri.
Come si cambia…
(da agenzie)

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“LA SOLA LEADER EUROPEA PRESENTE AL CAMPIDOGLIO DI WASHINGTON È COLEI CHE CON ASTUTO DISINCANTO È PRONTA A DICHIARARSI D’ACCORDO CON I SUOI OCCUPANTI CHIUNQUE ESSI SIANO E QUALUNQUE COSA FACCIANO. NÉ CERTO RAPPRESENTERÀ MAI UNA LEADERSHIP CAPACE DI GUIDARE IL PROCESSO DI RIFORME NECESSARIE PER RILANCIARE L’IDEA DI UN’EUROPA AUTONOMA E POLITICAMENTE UNITA”

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

MASSIMO CACCIARI IMPALLINA GIORGIA MELONI: …LA TECNO-DESTRA CHE VUOLE DOMINARE IL MONDO E IL RUOLO, CRUCIALE, DI TRUMP

I rappresentanti del continente culla del Politico in quanto forma dell’agire umano autonoma da arte, etica, religione non furono dunque invitati o preferirono non andare sulla collina del Campidoglio di Washington dominante ancora le nostre vite.
L’Europa che teme per il proprio export, ma non sa darsi una politica di difesa comune, che non riesce né a prevenire né a contenere le guerre civili al suo interno, ma è prodiga nel celebrare anniversari di vittoria contro i totalitarismi dell’altro millennio, l’Europa ormai forse in irrecuperabile ritardo nel campo della ricerca e innovazione guarda da sempre più da lontano le trasformazioni in atto nell’unica capitale dell’Occidente e di conseguenza negli equilibri internazionali.
La sola leader europea presente sul Campidoglio è colei che con astuto disincanto è pronta a dichiararsi d’accordo con i suoi occupanti chiunque essi siano e qualunque cosa facciano. Né certo rappresenterà mai una leadership capace di guidare il processo di riforme necessarie per rilanciare l’idea di un’Europa autonoma e politicamente unita.
La scena del Campidoglio americano ha rivelato una nuova forma dell’élite dominante. Derubricarne il significato a qualche gesto folkloristico, a qualche battuta politicamente non corretta, è l’ennesima prova di quanto le tradizionali culture democratiche occidentali siano rimaste spiazzate dalla rivoluzione tecnologico-culturale in atto.
Il loro orizzonte rimane quello di un capitalismo «domestico», ovvero addomesticabile a un’etica di «bene comune», a esigenze nazional-locali di «equa» distribuzione della ricchezza. Era un sistema economico-produttivo obbligato a cercare l’accordo con grandi masse di forza-lavoro sindacalmente organizzate.
La mediazione politica diventava allora necessaria e non poteva che svolgersi in relativa autonomia rispetto alle parti in conflitto. La storia delle democrazie del dopoguerra è la storia di questo difficile gioco. Il capitalismo globale ne ha mutato forma e funzioni, anche se certo tale metamorfosi era iscritta ab origine nelle sue potenzialità.
Le nuove élite che l’hanno promosso e lo governano non hanno culturalmente più nulla a che fare con le forme di etica borghese che ancora informavano di sé il capitalismo fino ai decenni «socialdemocratici» successivi alla guerra mondiale. La loro idea di sviluppo è incontenibile, insofferente di ogni regolamentazione che non provenga dal loro stesso interno.
Ogni orizzonte vale soltanto per essere oltrepassato. Il successo costituisce l’unica misura – e di successi occorre essere insaziabili. L’accelerazione dello sviluppo comporta necessariamente la creazione di sempre nuovi bisogni, e per questo l’efficacia dell’informazione e comunicazione, il governo del loro sistema, risultano essenziali.
La stessa fantasia deve diventare un prodotto, là dove è l’intelligenza artificiale che detta oggi al giovane la sua poesia d’amore.
Questa nuova èlite si è auto-rappresentata sulla cima del Campidoglio per l’investitura di Trump. I singoli personaggi non contano. Come nelle antiche tragedie è il destino a calcare la scena.
I vari Musk non vogliono esprimere che il dominio di un sistema di cui è Re assoluto l’anonima legge dell’indefinito sviluppo. A essa, non più a padroni in carne e ossa, dobbiamo convincerci di dovere obbedienza. E come rifiutare un ordine che sembra il prodotto di un calcolo razionale, che si presenta con l’obbiettività di una legge di natura?
È il regno della Macchina intelligente, l’epoca della Macchina «spirituale». Non più soltanto straordinaria capacità calcolatoria, ma intelligenza universale che prevede e indirizza. Non più robot al nostro servizio, ma autentiche guide volte a ridurre la specificità e complessità delle singole intelligenze naturali verso comportamenti e pensieri comuni.
Questa nuova élite ha però ancora bisogno di un Politico che renda il contesto sociale coerente alla propria natura, favorevole al proprio successo. È sempre più funzione di supporto, polizia più che politica.
Che oggi le due dimensioni appaiano perfettamente accordate dipende da ragioni storiche, dal crollo di ogni pensiero critico nei confronti dei nuovi signori del Campidoglio, dal carattere semplicemente reazionario che ha finito con l’assumere la nostra difesa della democrazia.
Un pensiero critico senza nostalgie né rimpianti comprende la straordinaria potenza della nuova élite, ma si interroga praticamente se siano riducibile al suo ordine la ricchezza e la creatività dell’intelletto di ricercatori e scienziati. Un pensiero critico comprende bene l’energia che si sprigiona dall’insaziabile appetito dei Musk, ma sa anche l’impotenza che fisiologicamente lo minaccia.
O, meglio, la contraddizione di fondo che lo caratterizza: mirare a una forma universale di dominio, a una sorta di Stato mondiale, e doversi a un tempo affidare alle politiche identitarie-sicuritarie dei Trump per garantire la propria attuale egemonia. La rupe del Campidoglio traballa e si ricorre ancora a arcaiche ideologie per sostenerla. Non sarà l’Intelligenza artificiale, temo, a insegnarci come rifondarla
Massimo Cacciari
per “La Stampa”)

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ANNO GIUDIZIARIO, L’AFFONDO DEL PRESIDENTE DELLA CORTE D’APPELLO DI TORINO CONTRO LA POLITICA: “VENITE VOI A FARE IL NOSTRO LAVORO”

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

“SE I GIUDICI NON DEVONO FARE POLITICA, I POLITICI NON FACCIANO I GIUDICI”

All’inaugurazione dell’anno giudiziario a Torino, il presidente della Corte d’Appello ha lanciato l’allarme in difesa delle toghe. La magistratura tutela la giustizia in nome del popolo italiano – dichiara – ma non può tollerare aggressioni personali contro i magistrati. Con fermezza, il presidente ha difeso l’autonomia delle istituzioni e l’etica giudiziaria. Questa una sintesi del suo discorso.
«In questo difficile momento storico occorre ribadire che la magistratura è secondo la nostra Costituzione un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato. Non è un contro potere, non è contro qualcuno, ma è un potere a tutela dei diritti di tutti gli esseri umani la cui dignità deve essere sempre rispettata». Con queste parole il presidente della Corte d’Appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti, ha aperto l’anno giudiziario a Torino. Un discorso teso a difendere l’autonomia della magistratura.
«La magistratura amministra la giustizia in nome del popolo italiano con provvedimenti che sono sempre motivati, che si possono criticare e impugnare nelle sedi competenti – ha dichiarato -. Tuttavia non si può aggredire il singolo magistrato e additarlo al pubblico ludibrio solo perché non si condivide la decisione che ha preso: questa è barbarie! Anche i magistrati hanno il diritto alla riservatezza e alla tutela della loro corrispondenza come tutti gli altri cittadini»
Lo ha detto, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente della Corte d’appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti, che ha aggiunto: «Bene ha fatto il Csm a tutelare i giudici attaccati nella loro vita privata. Non pensavamo sinceramente di rivedere quanto già successo quasi vent’anni fa. Ogni istituzione dello Stato deve rispettare le altre. Picconarne una è come minare la struttura portante della casa comune. Si rischia che tutto l’edificio crolli».
Giudici e politica
«Se i giudici non devono fare politica», ha dichiarato in un altro passaggio del discorso, «i politici non devono fare i giudici, anche se, talvolta, in un momento di sconforto, verrebbe voglia di dire: venite voi a fare il nostro lavoro e nelle condizioni in cui lasciate i nostri uffici. Ma poi no, non è il caso».
Riflessione storica e deontologia giudiziaria
«Tanti anni fa», ha concluso, «un politico è stato chiamato a svolgere le funzioni di giudice e pur sapendo che l’accusato era innocente, cedendo alle richieste della folla e alla ragion di Stato, l’ha condannato a morte. Quel politico si chiamava Ponzio Pilato. Domandiamoci tutti: vogliamo un giudice che si faccia influenzare dalla folla o dalle ragioni politiche? Un giudice prono ai voleri della politica? O del potere esecutivo? O un giudice con la schiena dritta che con la forza del diritto sappia tutelare i diritti degli esseri umani che chiedono giustizia anche contro le istanze dei poteri molto forti politicamente e economicamente?».
Ricordo della Shoah
Non appena presa la parola, Barelli Innocenti ha esortato la platea, quasi piena, a osservare «un momento di raccoglimento in ricordo della Shoah, tragedia immane che non bisogna mai dimenticare».
(da La Stampa)

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VIAGGIO ALLE ORIGINI DELLE FAKE NEWS: ALLA FINE DELL’OTTOCENTO NASCE L’ERA DELLO SPETTACOLO, IN CUI LE “REGOLE DELLO SHOW” VALGONO PER TUTTI GLI ATTORI POLITICI. E SI AFFERMA L’ARMA DELLA “BUFALA” PER ROVINARE LA REPUTAZIONE DEGLI AVVERSARI

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

UN SAGGIO DEL SOCIOLOGO DENIS MCQUAIL ANALIZZA L’EVOLUZIONE DELLA PROPAGANDA CON L’AVVENTO DEI MASS MEDIA E CON LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Prefazione di Massimiliano Panarari al libro “Propaganda” di Denis McQuail (Treccani) – pubblicata da “La Stampa” – Estratti
Se la soggettivizzazione della verità risulta caratteristica della postmodernità per la sua intensità e diffusione, la spettacolarizzazione dell’informazione e, dunque, l’alterazione del dato fattuale si ritrovano, in realtà, in maniera significativa in varie fasi e momenti della storia delle comunicazioni di massa dove si è presentato costantemente, a cominciare dai contesti degli Stati Uniti e dell’Impero britannico, il tema dell’edificazione di un largo mercato di utenti-clienti e consumatori di news.
Come quello che venne realizzato dalla stampa popolare dei tabloid e del yellow journalism a elevate tirature, esito del processo di industrializzazione del settore e delle innovazioni nel business model, che si rivolgeva alle classi sociali popolari con una serie di prodotti che mescolavano sensazionalismo, scandalismo e, in taluni casi, notizie inverosimili o inventate di sana pianta (insieme ad attacchi a personalità politiche, a seconda degli interessi di vario genere dei loro editori), con l’effetto di destrutturare in profondità l’«epistemologia della verità» e il «metaframe» del «mito liberale dell’obiettività giornalistica».
Si tratta precisamente di quel nodo strutturale che McQuail ha tematizzato con profondità, e a più riprese, nel corso dei suoi lavori: quello per cui i mass media sono «istituzioni», ma esistono altresì in quanto attori economici e industriali alla ricerca di un mercato di massa a cui indirizzano un’offerta che vuole essere almeno tendenzialmente in sintonia con i gusti della cultura popolare.
Come ha indicato Neil Postman, nell’ultimo decennio del XIX secolo cambiava drasticamente il modo di fare pubblicità che, fino ad allora, si era basato su inserzioni composte unicamente di parole rivolte a un cliente inteso come “uomo tipografico” e che, pur non essendo abitualmente considerate come dei distillati di autenticità, trovavano il loro fondamento quantomeno nella verosimiglianza o nella possibilità che ciò che veniva attribuito in termini di qualità alla merce reclamizzata contenesse qualche elemento di verità e fattualità.
La pubblicità introdusse in maniera sempre maggiormente rilevante le illustrazioni e, in seguito, le fotografie e iniziò a fare ricorso agli slogan, archiviando quella che Postman aveva chiamato l’«era dell’esposizione», la cui pietra angolare consisteva per l’appunto nella parola stampata […]
Con l’ultimo decennio dell’Ottocento debuttava, di fatto, l’«era dello spettacolo» in cui le «regole dello show» cominciarono a valere per tutti gli attori politici e istituzionali, tenuti a ricercare il consenso di un pubblico via via più mutevole al trascorrere del tempo nelle sue opinioni intorno ai public affairs, il quale sviluppava atteggiamenti e comportamenti orientati dalla «percezione politica» più che dalla conoscenza della materia.
Va segnalato come tale debutto dell’«era dello spettacolo» avvenga nello stesso decennio in cui in Nord America cominciava a circolare con maggiore intensità l’espressione fake news per designare un episodio inventato prevalentemente allo scopo di rovinare la reputazione di una persona (o di una istituzione) in ambito politico e, pertanto, considerabile pure alla stregua di un’embrionale forma tardo-ottocentesca di negative advertising.
Questa situazione di liminarità fra comunicazione politica e pubblicità commerciale si è prodotta anch’essa, dunque, in seno agli Stati Uniti tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo, in quella società – al tempo stesso – liberaldemocratica e consumistica di massa.
Nei paesi a capitalismo più sviluppato – le nazioni anglosassoni –, la sfera pubblica ha significativamente coinciso con la nozione del «mercato (o forum) delle idee» – come l’ha denominato Benjamin Ginsberg riprendendo la formula da John Stuart Mill –, nel quale la circolazione delle concezioni e dei pensieri viene incentivata, al pari di quella delle merci e dei prodotti economici, in conformità con una strategia di stabilizzazione e rafforzamento dei poteri vigenti.
Le strutture e le articolazioni dello Stato, i governi e le classi dirigenti ai vari livelli hanno cooperato per rendere il marketplace of ideas una vera e propria istituzione sociale – attraverso l’istruzione, i mezzi di comunicazione, lo sviluppo delle infrastrutture, la tutela giuridica e legale del patrimonio e della proprietà intellettuale – in una chiave di integrazione sociale e, altresì, di cristallizzazione del paradigma socioeconomico e culturale egemonico.
E, dunque, si sono sviluppate una propaganda istituzionale a favore del modello liberaldemocratico, e un’architettura complessiva che ha potuto contare sull’arruolamento in tempo di pace delle figure variamente denominate dei «leader d’opinione» (secondo la celebre teoria degli anni Quaranta del two-step flow of communication di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet) o «imprenditori cognitivi» – e, più di recente, qualcuno potrebbe pure evocare, mutatis mutandis, gli influencer –, e che ha fatto ampio ricorso ai format dell’influenza informale, oltre che al media power e agli interventi top-down sul pubblico.
Si tratta della «propaganda grigia» – la formula utilizzata da McQuail – delle liberaldemocrazie, che ha “saccheggiato” le tecniche di persuasione della pubblicità commerciale.
La premessa storica per la creazione di una «sfera pubblica emozionale» e la sostituzione in dosi massicce dell’«emozione pubblica» all’opinione pubblica; anche se, al di là della concezione normativa della «formation of opinion by discussion», la sfera pubblica post-illuministica va concepita sempre come uno spazio razional-emotivo (all’insegna della prevalenza formale e narrativa della prima componente), nonché nei termini di un concetto evolutivo.
(da agenzie)

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IL GOVERNO FA RIPARTIRE L’OPERAZIONE ALBANIA, NAVE DELLA MARINA PRONTA A DEPORTARE MIGRANTI NEI CPA

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

ORA SI TRATTA DI RACCATTARE QUALCHE ALTRO MIGRANTE E QUALCHE GIUDICE SOVRANISTA PER COMPLETARE LA SCENEGGIATA… MA NESSUNO DICE CHE SU 66.000 MIGRANTI ARRIVATI IN ITALIA L’ANNO SCORSO, I RIMPATRIATI SONO STATI MENO DI 6.000… SE NON FAI ACCORDI CON I PAESI DI ORIGINE NON SERVE E A UNA MAZZA

Il governo italiano non rinuncia al progetto dei centri in Albania. Dopo una sospensione di oltre due mesi, l’operazione riprende: la nave della Marina Militare Cassiopea è tornata in attività nel Mediterraneo centrale
L’obiettivo è trasferire forzatamente i richiedenti asilo verso l’Albania, in base all’accordo stipulato lo scorso anno con Tirana, senza attendere però il parere della Corte di giustizia dell’Unione europea, per cui diversi tribunali hanno recentemente chiesto chiarimenti.
Al momento, il pattugliatore Cassiopea si trova al largo di Lampedusa, pronto per imbarcare persone migranti da trasferire nei centri di Shengjin e Gjader. A bordo delle navi, gli operatori dell’UNHCR monitoreranno il rispetto dei diritti dei richiedenti asilo.
Cosa dice la Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un ricorso del governo, presentato dopo che il tribunale di Roma aveva negato la convalida dei trattenimenti in Albania, lo scorso ottobre 2024. Secondo l’ordinanza della prima sezione civile, pur essendo il garante del diritto alla libertà personale nel caso specifico, il giudice non può sostituirsi al governo nella definizione dei Paesi considerati sicuri. Tale decisione spetta esclusivamente al ministro degli Esteri e agli altri ministri competenti.
Allo stesso tempo, però, i giudici hanno sottolineato che è compito del magistrato verificare la legittimità del decreto ministeriale che inserisce un Paese nella lista di quelli sicuri.
Questa verifica diventa indispensabile se il decreto appare in evidente contrasto con la normativa europea. “Il giudice ordinario, pur non potendo invadere il campo delle valutazioni discrezionali riservate al governo, ha il dovere di esercitare il controllo sulla legittimità del decreto ministeriale, qualora contrasti con le norme europee”, precisa l’ordinanza.
Importante ricordare che la classificazione ministeriale di un Paese come sicuro non impedisce di tenere conto di situazioni di persecuzione o violazioni generalizzate dei diritti umani, che renderebbero immediatamente quel Paese non sicuro.
La Corte di giustizia UE
La Cassazione ha deciso di rinviare ulteriormente la questione alla Corte di giustizia europea, che si pronuncerà il 25 febbraio 2025 sui diversi e numerosi ricorsi sollevati da tribunali italiani e tedeschi. Secondo la Suprema Corte, il parere della Corte di giustizia sarà fondamentale per stabilire principi giuridici validi anche per il futuro.
La situazione nei centri
Attualmente, i centri di Shengjin e Gjader non ospitano alcun richiedente asilo. Le precedenti operazioni delle navi italiane, lo scorso autunno, si sono concluse senza alcun risultato concreto. L’idea di trasferire persone migranti in Albania era stata annunciata a novembre 2023, dopo un incontro tra la premier italiana Giorgia Meloni e il primo ministro albanese Edi Rama. L’apertura delle strutture era prevista inizialmente per la primavera del 2024, precisamente il 20 maggio. Quella data è tuttavia passata senza alcuna attuazione di alcun centro. Il governo ha posticipato parecchie volte l’apertura dei centri: prima ad agosto, poi a settembre, e infine a ottobre. Oggi sembrano formalmente operativi, restano però da chiarire molti aspetti, tra cui la gestione delle condizioni di permanenza e le garanzie di tutela legale per le persone migranti.
Piccolotti(Avs): “Trump da linea alle destre, deportare migranti in Albania è propaganda”
“Quel folle di Trump dà la linea alle destre europee, con la terribile foto dei migranti in catene caricati su un aereo”, commenta così Elisabetta Piccolotti di Avs, nel corso del programma Tagadà, nei confronti della ripresa delle operazioni del protocollo Italia-Albania. “Oltre all’elemento della spettacolarizzazione sulla pelle di chi non ha commesso nessun reato, c’è quello economico: questi viaggi costano un sacco di soldi e non servono a niente. Un tentativo propagandistico di prendere in giro gli italiani, questo è”, ha concluso.
(da Fanpage

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LOUVRE IN ROVINA, TRA SPAZI OBSOLETI E DEGRADATI: LA DIRETTRICE VUOLE SPOSTARE LA GIOCONDA

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

LAURENCE DES CARS DENUNCIA LO STATO DI OBSOLESCENZA DI UNO DEI MUSEI PIU’ FAMOSI DEL MONDO

Il Louvre di Parigi fa 8 milioni di visitatori all’anno: è una delle tappe fondamentali per chi giunge nella capitale francese. Eppure, nonostante la sua fama nel mondo e il grande fascino che esercita sugli appassionati di arte e design, non è forse adeguatamente curato. Le lamentele arrivano direttamente da Laurence Des Cars, che non è una voca di secondaria importanza: è proprio la Direttrice del museo, la prima donna a ricoprire questo ruolo nei 230 anni di attività della struttura. Non ha usato mezzi termini nel fare un resoconto delle attuali condizioni del museo, che non sembra versare proprio in ottime condizioni a suo dire.
Chi è Laurence Des Cars
Laurence Des Cars è una professionista riconosciuta nel campo culturale e artistico, con anni di esperienza alle spalle. Nel 2021 è diventata Direttrice del Louvre, entrando nella storia come prima donna a ricoprire l’incarico. Prima, era stata alla direzione del Musée d’Orsay. Nel suo passato anche l’Orangerie e l’Agenzia dei musei francesi, nonché il contributo come curatrice a diversi progetti espositivi e mostre
Le Parisien è giunto in possesso di un documento in cui Laurence Des Cars denuncia lo stato di degrado in cui versa uno dei musei più famosi del mondo.
Nelle sue parole, indirizzate alla Ministra della Cultura (Rachida Dati), il Louvre appare come un edificio in rovina, inadeguato ad accogliere degnamente i suoi 8 milioni di visitatori all’anno. Parliamo di un museo che ospita capolavori di valore inestimabile come la Gioconda di Leonardo da Vinci, Amore e Psiche di Antonio Canova, La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, la Venere di Milo e la Nike di Samotracia, il Codice di Hammurabi. Nella nota riservata, la Direttrice esprime la necessità di interventi seri sulla struttura.
Laurence Des Cars parla di edifici sovrautilizzati, molti dei quali “stanno raggiungendo un preoccupante livello di obsolescenza”: e fa riferimento, per esempio, al palazzo sulla riva del fiume, che ha ben 403 stanze. Evidenzia poi una serie di problemi come lesioni, spazi “a volte molto degradati”, “preoccupanti escursioni termiche che mettono a rischio la conservazione delle opere”.
Il rischio maggiore, infatti (oltre alla brutta figura agli occhi del mondo) riguarda proprio un possibile danneggiamento delle opere qui esposte. Una visita al Louvre, ha detto, è ormai diventata “un calvario fisico”, con poche aree dove fare una sosta e servizi igienici insufficienti. L’iconico ingresso a forma di piramide di vetro e la sua galleria sotterranea sono definiti “strutturalmente obsoleti” e sembrano una serra, a detta di Des Cars. A sua detta sarebbe necessario anche considerare l’apertura di un secondo ingresso, per evitare le lunghe file che si creano sotto la Piramide (ingresso principale).
La Direttrice si è soffermata anche sulla Monna Lisa, avanzando l’ipotesi di cambiarne l’esposizione, migliorandola: dal 1966 il celeberrimo dipinto è esposto da solo su una parete all’interno di una grande sala piena di altre opere dello stesso periodo. “Secondo l’opinione generale la presentazione della Gioconda nella sala degli Stati deve essere messa in discussione – ha affermato la Direttrice – Elevata al rango di icona, Monna Lisa esercita una fascinazione che non ha mai cessato di esistere nel corso dei decenni. Come conseguenza di questo fervore popolare, il pubblico affluisce in massa nella sala degli Stati senza che vengano fornite le chiavi per comprendere l’opera e l’artista; una situazione che pone interrogativi sulla missione di servizio pubblico del museo”.
Des Cars non è la prima volta che batte su questo punto: già l’anno scorso aveva detto di voler mettere il ritratto in una stanza tutta sua. Basti pensare che oltre il 70% dei visitatori del Louvre, in gran parte stranieri, vengono principalmente per vedere il dipinto.
(da Fanpage)

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PUÒ IL PIÙ GRANDE ESERCITO DEL MONDO ESSERE GUIDATO DA UN ALCOLIZZATO MANESCO? NUOVE ACCUSE A PETE HEGSETH, NOMINATO DA DONALD TRUMP ALLA GUIDA DEL PENTAGONO

Gennaio 25th, 2025 Riccardo Fucile

NEL 2017 AVREBBE PAGATO 50MILA DOLLARI A UNA DONNA CHE LO ACCUSAVA DI AGGRESSIONE SESSUALE…NEI GIORNI SCORSI L’EX COGNATA DI HEGSETH AVEVA DICHIARATO AL SENATO CHE LA SECONDA MOGLIE DELL’EX ANCHOR DI FOX NEWS TEMEVA PER LA SUA VITA

Pete Hegseth, nominato dal presidente americano Donald Trump alla guida del Pentagono, ha pagato 50.000 dollari alla donna che lo ha accusato di aggressione sessuale nell’ambito dell’accordo di riservatezza che le ha chiesto di firmare. Lo riporta Cnn, citando alcune fonti.
L’accusa risale al 2017 durante una conferenza delle donne conservatrici. La polizia di Monterey, in California, ha confermato la denuncia ai danni di Hegseth, che avrebbe causato anche una contusione alla vittima. Lui ha negato seccamente le accuse in passato. Negli ultimi giorni sono emerse nuove rivelazioni contro Hegseth.
L’ex cognata ha infatti rilasciato una dichiarazione giurata ai senatori nella quale ha affermato che la seconda moglie di Hegseth temeva per la sua sicurezza e una volta si nascose nell’armadio perché aveva paura di suo marito. Danielle Hegseth – che è stata sposata con il fratello dell’ex anchor di Fox per otto anni – ha raccontato che Pete Hegseth ha fatto regolarmente abuso di alcol davanti alla sua famiglia e affermato che le donne non dovrebbero avere il diritto di voto.
(da agenzie)

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