Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
LA DUCETTA È RIUSCITA A PLACCARE IL TYCOON PER UN “BILATERALE” IMPROVVISATO SU UNA PANCHINA DI LEGNO: NELLE IMMAGINI DIFFUSE DALLA MACCHINA DI PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI SI VEDE LA DUCETTA PROTESA IN AVANTI CHE PARLA A UN MEZZO ADDORMENTATO DONALD… LA NOTA: “RIAFFERMIAMO L’OPPORTUNITÀ DI RIAPRIRE AL NEGOZIATO CON L’IRAN E LAVORARE PER IL CESSATE IL FUOCO A GAZA”
“A margine del Vertice G7 di Kananaskis, e alla viglia della sessione dedicata ai temi di politica estera, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto un incontro bilaterale con il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump”. Lo riferisce una nota di Palazzo Chigi, spiegando che “il colloquio ha permesso di discutere dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l’opportunità di riaprire la strada del negoziato”.
Nel corso della conversazione con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, la premier Giorgia Meloni “ha anche ribadito la necessità, in questo momento, di lavorare per il raggiungimento di un cessate il fuoco a Gaza”.
La conversazione col presidente americano Donald Trump ha permesso alla presidente del consiglio Giorgia Meloni “di confermare l’importanza del conseguimento di un accordo sul negoziato commerciale Ue-Usa e di affrontare il tema delle prospettive del prossimo Vertice Nato dell’Aja”: lo rende noto una nota di Palazzo Chigi dopo l’incontro a Kananaskis a margine del G7.
Il bilaterale fra la premier Giorgia Meloni e il presidente degli Stati Uniti a margine del G7 si è svolto su una panchina di legno del Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge, sede del vertice. L’incontro è stato immortalato nelle immagini diffuse da Palazzo Chigi, in cui si vede Meloni protesa in avanti parlando al presidente americano, che ha partecipato alla cena con cui si chiude la prima giornata del summit prima del ritorno a Washington.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
47 PALESTINESI SONO STATI AMMAZZATI MENTRE ERANO IN FILA AL CENTRO DISTRIBUZIONE DI AIUTI UMANITARI A KHAN YOUNIS. I TESTIMONI: “I DRONI ISRAELIANI HANNO APERTO IL FUOCO E I TANK HANNO SPARATO DIVERSI COLPI” – OLTRE 200 PERSONE SONO RIMASTE FERITE E TRASPORTATE ALL’OSPEDALE NASSER
Almeno 47 palestinesi sono stati uccisi e a decine sono rimasti feriti dal fuoco israeliano
mentre erano radunate vicino a un centro di distribuzione di aiuti a Khan Younis, nel sud di Gaza. Lo denuncia la protezione civile della Striscia.
Il portavoce dell’organizzazione umanitaria, Mahmoud Bassal, ha dichiarato all’AFP che oltre 200 persone sono rimaste ferite mentre migliaia di palestinesi attendevano di ricevere farina nel centro di distribuzione, “I droni israeliani hanno aperto il fuoco sulle persone. Pochi minuti dopo, i tank israeliani hanno sparato
diversi colpi, causando un gran numero di morti e feriti”, ha detto.
Un membro dello staff dell’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, ha riferito che quasi 300 palestinesi, tra morti e feriti, sono arrivati nella struttura dopo essere stati attaccati con “carri armati” mentre aspettavano il cibo.
“Quasi 300 tra morti e feriti sono appena arrivati ;;all’ospedale Nasser”, ha affermato il dottor Mohammed Saqer, responsabile infermieristico dell’ospedale. “La situazione è ormai fuori controllo. L’ospedale non è più in grado di gestire un numero così elevato di casi”.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
IL DOPPIO STANDARD NON E’ SOLO IPOCRITA MA PERICOLOSO… L’OCCIDENTE PREDICA BENE MA RAZZOLA MALE
Mentre l’eco dei missili israeliani su suolo iraniano scuote l’equilibrio già precario del Medio Oriente, dal Palazzo Chigi non arriva alcuna dichiarazione ufficiale. Giorgia Meloni tace. Un silenzio che, in tempi di crisi e conflitti, pesa quanto un discorso. Un silenzio che suona assordante, soprattutto se paragonato all’attivismo verbale e politico mostrato nei confronti dell’aggressione russa in Ucraina
Non è la prima volta che il governo italiano, come molti altri in Europa, adotta due pesi e due misure a seconda dell’identità dell’aggressore. Ma in questo caso, l’assenza di una presa di posizione netta da parte della Presidente del Consiglio solleva interrogativi inquietanti: perché, quando a colpire è Israele, improvvisamente la fermezza occidentale si trasforma in cautela diplomatica? Perché, se a violare l’integrità territoriale è uno “Stato amico”, la condanna non è automatica e le sanzioni non sono nemmeno ipotizzate?
La risposta più ovvia è anche la più imbarazzante: convenienza geopolitica. L’Occidente, e l’Europa in particolare, ha costruito una narrazione in cui le regole del diritto internazionale valgono sempre, tranne quando a infrangerle sono gli alleati.
Israele, che da decenni gode di un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti e gran parte dei governi europei, viene trattato con una tolleranza che sarebbe impensabile se si trattasse di Mosca o Pechino. E l’Italia di Giorgia Meloni non fa eccezione.
La premier, che ha fatto della difesa dei “valori occidentali” una bandiera del suo governo, sembra dimenticarli proprio nel momento in cui andrebbero riaffermati con più coerenza.
Perché se davvero si crede nella legalità internazionale, nella difesa dei popoli e nella condanna dell’aggressione militare come principio universale, allora non si può tacere di fronte a un’azione militare che rischia di far esplodere un’intera regione.
Il doppio standard non è solo ipocrita, ma pericoloso. Alimenta la convinzione, nel Sud globale e non solo, che l’Occidente predichi bene e razzoli male. Che i diritti umani, la pace e la sovranità siano valori a geometria variabile, applicati in base agli interessi del momento. È proprio questa incoerenza ad aver
minato, negli ultimi anni, la credibilità morale dell’Europa sullo scacchiere internazionale.
Un’escalation militare che, a parti invertite, avrebbe fatto gridare all’”atto di guerra” e scatenato una raffica di sanzioni e isolamento diplomatico. Basti pensare a quanto rapidamente l’Unione Europea ha reagito all’invasione russa dell’Ucraina: sanzioni economiche pesanti, isolamento nelle sedi internazionali, rafforzamento dell’Ucraina in termini militari e politici. Nessuno ha invocato “comprensione” per le ragioni di Putin.
Eppure ora, di fronte a un attacco unilaterale, la stessa Europa tentenna. E l’Italia, invece di alzare la voce, scompare. Non una dichiarazione della Presidente del Consiglio, non un confronto parlamentare urgente. Solo un silenzio opaco.
Il paradosso è che proprio Meloni, che ha sempre accusato la sinistra di ambiguità verso regimi autoritari, oggi si rifugia in una ambiguità ben più grave: quella del potere. Tacere ora, per timore di disturbare gli equilibri con Washington o Tel Aviv, significa abdicare a ogni principio. E se davvero il governo italiano vuole difendere la pace e l’ordine internazionale, dovrebbe iniziare a parlare anche quando è scomodo. Anche quando chi sbaglia è un alleato.
La coerenza, si sa, ha un prezzo. Ma il costo dell’ipocrisia, alla lunga, è molto più alto.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
DECIDONO DI UCCIDERSI DEGLI PSICOAPATICI IN PREDA AL DELIRIO DI ONNIPOTENZA, MA LE VITTIME SONO SEMPRE I CIVILI
Uccidere il capo della teocrazia iraniana metterebbe fine alla guerra, dice Netanyahu (che a
sua volta parla ogni giorno di più come un capo teocratico: ma questo è un altro discorso).
L’idea, già messa in pratica con Saddam, è primitiva ma suggestiva: se davvero bastasse uccidere il capo dei nemici per vincere una guerra, ci sarebbe da farci seriamente un pensiero, perché in termini di costi umani, e di costi in generale, un solo missile che coglie un solo bersaglio è meglio di mille missili che inceneriscono le città.
Il problema è che — al netto del cosiddetto diritto internazionale, che non credo contempli l’uccisione del capo di un altro Paese tra le pratiche legittime — non funziona così. Nemmeno un po’.
Così come a Gaza e in decine, centinaia di conflitti precedenti, la guerra non è mai un colpo di bisturi. È un macello schifoso e ingiustificabile, nel quale muoiono a centinaia, a migliaia, persone che non c’entrano nulla: né con Khamenei, né con Netanyahu.
Sempre considerate “effetti collaterali” dei regolamenti di conti tra i boss, un tempo carne da cannone e oggi carne da drone e da macerie, gente che magari sta cucinando, guardando la tivù, mettendo a letto i figli, e viene cancellata dalla faccia della terra perché un tizio molto potente vuole accoppare un altro tizio
molto potente (mi scuso per la semplificazione, ma grosso modo è esattamente così che funziona).
Siamo considerati tutti, l’umanità intera, effetti collaterali, ed è proprio questo che rende moralmente disgustosa la guerra moderna. Non sono gli Orazi e i Curiazi a battersi, non sono solamente i guerrieri a morire. Sono soprattutto i civili, bambini compresi. Sarebbe molto più morale, oltre che più efficace, organizzare un duello alla pistola, o all’arma bianca, tra i capi in disputa.
(da La Repubblica)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
LA VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENCE USA DIMOSTRA CHE I TERRORISTI ISRAELIANI HANNO VOLUTO IMPEDIRE CHE I COLLOQUI TRA IRAN E USA ANDASSERO A BUON FINE
L’Iran non stava attivamente lavorando alla costruzione di un’arma nucleare, prima di essere colpito da Israele. E ci sarebbero voluti almeno tre anni prima che fosse in grado di produrre un’arma nucleare e di utilizzarla contro un obiettivo. Questa la valutazione dell’intelligence statunitense alla vigilia dell’attacco israeliano contro siti militari e nucleari iraniani, come scrive la Cnn citando quattro fonti ben informate. Una valutazione che snetisce l’allarme lanciato da Israele, secondo il quale l’Iran si stava rapidamente avvicinando a un punto di non ritorno nel suo tentativo di ottenere armi nucleari e che i raid in corso da cinque giorni sono necessari per ‘autodifesa’.
Gli attacchi condotti da Israele hanno finora inflitto ingenti danni al principale impianto iraniano per l’arricchimento dell’uranio, quello di Natanz, ma il sito fortemente fortificato di Fordow è rimasto sostanzialmente intatto.
Gli esperti di difesa hanno spiegato che Israele non è in grado di danneggiare Fordow senza armi specifiche e senza il supporto aereo da parte degli Stati Uniti
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
“STANCHEZZA EMOTIVA PROFONDA”: TREDICI SETTIMANE DA GESTIRE SONO DIVENTATE UNO STRESS PER MOLTI GENITORI
Vacanze estive iniziate. Mentre studenti e studentesse cominciano a godersi il meritato
riposo dalle fatiche scolastiche, riappropriandosi di spazi, tempi e abitudini domestiche spesso sacrificati durante l’anno, i genitori corrono dallo psicologo. Nulla a che vedere con l’ironia dei meme che in questi giorni popolano i gruppi social o whatsapp di famiglie alle prese con bambini annoiati in casa. Il dato clinico arriva dall’Ordine degli psicologi della Lombardia: tra giugno e agosto si registra un incremento «fino al 40% delle richieste di supporto» da parte di madri e padri «sopraffatti dalla gestione quotidiana dei figli durante la lunga pausa estiva». Una tendenza che non riguarda solo l’organizzazione familiare ma tocca in pieno la sfera della salute mentale. A parlare della difficoltà dei genitori italiani anche il Times che in un articolo descrive le vacanze scolastiche italiane una fonte crescente di disagio psicologico per le famiglie, in particolare per quelle con genitori lavoratori e senza reti di sostegno attive. Anche quest’anno le scuole hanno chiuso ufficialmente in tutte le regioni d’Italia. Oltre che una sfida logistica ed economica, le tredici lunghe settimane da gestire
sono diventate infatti per molti genitori una questione di tenuta psicologica.
«Stanchezza emotiva profonda»
Il campanello d’allarme non suona dentro le scuole ma negli studi dei professionisti della salute mentale. Le richieste di consulenza da paerte dei genitori a psicologi e psicoterapeuti appare in aumento proprio nei mesi estivi, un picco che l’Ordine professionistico registra ormai da diversi anni a questa parte, segno che la pressione non è più solo percepita ma misurabile come ogni dato clinico. «Molti arrivano in studio in uno stato di stanchezza emotiva profonda», spiega Laura Parolin, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. «Non sono casi clinici gravi, ma madri e padri che cercano uno spazio sicuro per raccontare l’ansia, il senso di inadeguatezza, la fatica quotidiana di tenere tutto insieme». Una versione estiva del grosso carico mentale alimentato dal cambio di abitudini e dalla lunga convivenza, potenzialmente a tempo pieno, a cui si va incontro ogni fine anno scolastico.
Giugno il mese più complicato
Con circa tredici settimane di interruzione estiva, l’impatto con la fine degli impegni scolastici arriva subito nel mese di giugno. «Un periodo complicato per le famiglie», spiega ancora Parolin, «finisce la scuola ma non il lavoro. E le strutture di supporto come centri estivi pubblici, spazi aggregativi, nonni, non sempre sono già disponibili o accessibili». Tutto questo per molti genitori si trasforma in un tempo da dover riempire in fretta e senza sensi di colpa, spesso con mille strategie di fortuna che intaccano non poco l’equilibrio mentale.
Tredici settimane di vuoto e il senso di colpa cresce
L’Italia, insieme a Malta e Lettonia e in parte alla Grecia, vanta uno dei calendari scolastici più generosi del continente. Si tratta di pausa tra le più lunghe d’Europa che nulla a che vedere con le sei-nove settimane della Germania, o le otto della Francia. O ancora le sei settimane del Regno Unito. I calendari sono in genere anche distribuiti in modo più uniforme durante l’anno, con interruzioni brevi ma molto più frequenti, al contrario dell’Italia, in cui si concentra tutto in un’unica stagione estiva. Elemento non di poco conto anche per il tema della salute mentale, con una pressione psicologica legata proprio alle tempistiche ristrette e condensate dei momenti di pausa. Il vuoto di gestione, l’assenza di supporto sul piano pratico, si traduce dunque in una condizione di totale disorientamento mentale e malessere. Non è ovviamente solo una questione di conciliazione con il lavoro ma di assenza strutturale di soluzioni pubbliche accessibili: pochi centri estivi comunali, orari limitati, liste d’attesa, costi spesso insostenibili per il privato. «La scuola finisce e inizia il fai da te», sintetizzano molti genitori. Chi può si affida ai nonni, risorsa preziosa ma non illimitata, o cerca di incastrare ferie e turni con il partner. Chi non può, improvvisa. E in questa incertezza quotidiana si annida un senso di colpa silenzioso: quello di non riuscire a “riempire” il tempo dei figli in modo sano, stimolante, adeguato.
Sono più le madri «esauste» a chiedere aiuto
E poi ci sono le madri lavoratrici, che più di tutti sentono il peso di vacanze estive sempre meno gestibili. Secondo il The Times, il 63% delle madri italiane con figli in età scolare dichiara di sentirsi esausta durante il periodo estivo. Non solo stanchezza fisica ma un forte affaticamento mentale, emotivo
organizzativo che si somma al lavoro retribuito e a quello, spesso invisibile, della cura. Se durante l’anno la scuola rappresenta un presidio educativo e un sostegno alla quotidianità, l’estate lascia un vuoto che ricade in modo sproporzionato sulle donne. È su di loro che continua a gravare la responsabilità principale della pianificazione familiare: trovare alternative, coordinare orari, gestire le assenze, improvvisare soluzioni. Il risultato è un carico mentale che cresce nei mesi estivi fino a diventare, in molti casi, insostenibile. Ed è anche per questo che a chiedere aiuto agli psicologi sono, in larga parte, proprio loro.
Le domande dei genitori
Secondo quanto riportato dall’Ordine dei professionisti, quello che accade negli studi degli psicologi non assomiglia affatto a un’ondata patologica ma a un bisogno crescente di sostegno. «I genitori che chiedono aiuto non arrivano con diagnosi ma con domande: Sto facendo abbastanza? Perché mi sento sempre stanco? È normale provare frustrazione?», spiega Parolin. In questo senso, la psicologia si conferma non solo come cura, ma come strumento di prevenzione e autodifesa emotiva. Una sorta di «camera di decompressione» in cui i genitori possono rallentare, nominare il proprio disagio, alleggerire il senso di colpa. Un quadro che i professionisti descrivono anche come segnale culturale: «L’idea che la genitorialità non sia un dovere da affrontare in solitudine ma una dimensione relazionale da sostenere anche con aiuto esterno, si sta lentamente affermando. E il fatto che questo avvenga d’estate, nel tempo sospeso delle vacanze scolastiche, dice molto su come la fragilità e la responsabilità convivano oggi dentro le famiglie
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
SI SAREBBERO APPROPRIATI DI 1.200 EURO E DI DOSI DI CANNABIS SEQUESTRATE.. PESTAGGI AI DANNI DI GIOVANI STRANIERI
Sono 15 gli agenti del reparto sicurezza urbana della polizia locale indagati a vario titolo per lesioni, peculato e falso ideologico nell’ambito di uno dei due filoni di inchiesta che ha portato questa mattina agenti della Squadra Mobile e Nucleo di Polizia giudiziaria della guardia di finanza a perquisire gli uffici comunali al Matitone.
L’indagine è coordinata dalla pm Sabrina Monteverde. Nelle carte dell’inchiesta di sarebbero anche alcune chat tra gli agenti.
Tre le giovani vittime di altrettanti pestaggi, di cui due lievi (tre e cinque giorni di prognosi) e uno più grave (21 giorni di prognosi), ai danni di altrettanti giovani stranieri. Tra questi uno era minorenne. Oltre ai pestaggi, alcuni dei quindici indagati sono accusati di due episodi di peculato.
In un caso alcuni agenti si sarebbero appropriati di 1200 euro trovati durante l’accesso a un appartamento occupato abusivamente, in un altro caso un agente avrebbe preso una modestissima quantità di cannabis, pari 0,26 grammi sottraendola a un giovane pusher per impossessarsene anziché sequestrarla.
(da agenzie)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
C’E’ ANCHE UN TERZO FILONE SU PRESUNTI ABUSI DI AGENTI DI POLIZIA LOCALE CHE AVREBBERO SOTRATTO DOSI DI DROGA E DENARO A SOGGETTI FERMATI
Perquisizioni in corso da questa mattina da parte della squadra mobile e dell’aliquota di
polizia giudiziaria della guardia di finanza negli uffici del Comune di Genova al Matitone. Ad
essere perquisiti gli uffici della Protezione civile e della polizia locale, tra cui quelli del comandante della polizia locale Gianluca Giurato e dell’ex assessore alla polizia locale e alla protezione civile Sergio Gambino, oggi consigliere comunale per Fratelli d’Italia, che risultano fra gli indagati: il primo per rivelazione di segreto d’ufficio, il secondo per corruzione. Abusi sui fermati e peculato: indagati diversi agenti del reparto sicurezza urbana
Le perquisizioni della squadra mobile, secondo quanto appreso, avvengono su delega della Procura, nell’ambito di un triplo filone di inchiesta: il primo procedimento riguarda i reati di falsità ideologica in verbali e atti destinati alla Autorità Giudiziaria e di lesioni aggravate che si ritengono commessi in occasione dell’accompagnamento presso gli uffici di Polizia Locale di persone controllate o arrestate, nonché di peculato di somme di denaro di un modesto quantitativo di droga leggera che allo stato si ritengono essere stati sottratti in occasione di perquisizioni e controlli, contestati ad alcuni operatori della polizia locale di Genova appartenenti al reparto Sicurezza Urbana.
Per Gambino la stessa ipotesi di reato di Toti: quattro imprenditori coinvolt
Il secondo procedimento riguarda episodi di asservimento (suscettibili comunque di ulteriori accertamenti) delle proprie funzioni (articolo 318 del codice penale, la cosiddetta corruzione nell’esercizio della funzione) da parte dell’ex assessore alla Sicurezza, Polizia Locale, Protezione civile, Mobilità e Trasporti del Comune di Genova, Sergio Gambino in favore di quattro imprenditori, con riferimento alla trattazione di pratiche amministrative inerenti i settori dei pubblici spettacoli, della viabilità, del trasporto pubblico nonché nell’affidamento di contratti pubblici relativi all’assistenza residenziale e accoglienza di persone appartenenti a categorie socialmente vulnerabili, in particolare migranti, e tra questi i minori stranieri non accompagnati, a fronte della corresponsione (o relativa promessa) di denaro, utilità varie, nonché di un sostegno elettorale. La contropartita secondo l’accusa sarebbe avvenuta tramite versamenti alla società della moglie di Gambino, anche lei indagata.
Giurato indagato per aver diffuso il ‘dossier’ su Silvia Salis
nfine l’inchiesta riguarda presunte indebite rivelazioni di segreti di ufficio: Gambino e Giurato, secondo l’ipotesi investigativa avrebbero diffuso notizie, verbali e documenti relativi all’incidente stradale avuto un anno fa dalla candidata sindaca
del centrosinistra Silvia Salis, utilizzati per attaccarla in campagna elettorale. Acquisizioni di documenti hanno coinvolto anche gli uffici di Asl3, Amt e Prefettura.
Davanti al Matitone, sede di diversi assessorati e molti uffici comunali, si sussegue da tutta la mattina, il via vai silenzioso dei poliziotti.
(da Genova24)
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Giugno 17th, 2025 Riccardo Fucile
INCARICHI A UN IMPRENDITORE IN CAMBIO DI BONIFICI E FAVORI ALLA MOGLIE DELL’ASSESSORE
L’intera vicenda emergerebbe nell’ambito di un’indagine ben più ampia: il dossieraggio, infatti, sarebbe solo uno dei filoni dell’inchiesta per corruzione che coinvolgerebbe Gambino. Nelle scorse ore, la Guardia di Finanza e la Polizia avrebbero infatti perquisito il suo ufficio a Palazzo Tursi, sede del Comune, dove oggi siede tra i banchi dell’opposizione.
Al centro delle indagini ci sarebbero favori e incarichi concessi a Luciano Alessi, imprenditore attivo nel settore delle residenze per anziani e dell’accoglienza ai migranti. Nel mirino della magistratura anche i rapporti economici tra la rete Alessi e la
famiglia Gambino. In particolare, bonifici e incarichi ricevuti
dalla moglie di Gambino, titolare di una società nel settore delle cure dentali, che avrebbe beneficiato di vantaggi sospetti.
Gli intrecci con il caso Toti
Il nome del gruppo Alessi era già emerso nelle indagini a carico di Giovanni Toti, l’ex presidente della Regione Liguria arrestato nel 2024 per corruzione. Proprio nei mesi precedenti al suo arresto, Toti aveva promosso una raccolta fondi elettorale che in un solo mese, tra marzo e aprile 2024, aveva fruttato ben 229.150 euro, una cifra insolitamente alta secondo gli inquirenti; non solo, tra i donatori figurava anche il gruppo Alessi, con 2.250 euro. Sebbene il gruppo non risulti indagato in quel procedimento, il suo ruolo nella sanità privata ligure appare noto: tra le sue operazioni più rilevanti, la trasformazione dell’ex hotel Hermitage in una RSA.
Dalla Procura accuse circostanziate: corruzione, favoritismi e segreti di ufficio
La conferma ufficiale è arrivata dalla Procura della Repubblica di Genova, con un comunicato firmato dal procuratore capo Nicola Piacente che Fanpage,it ha potuto analizzare. Due i fascicoli di indagine distinti ma paralleli, entrambi nella fase delle indagini preliminari e legati a presunte violazioni commesse da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Nel secondo procedimento, quello che coinvolge Sergio
Gambino e Gianluca Giurato, gli inquirenti parlano apertamente di episodi di “asservimento delle proprie funzioni” da parte dell’ex assessore alla sicurezza in favore di quattro imprenditori, nell’ambito di pratiche amministrative su spettacoli pubblici, viabilità, trasporto urbano e contratti per l’accoglienza di migranti e minori stranieri non accompagnati, a fronte di denaro, utilità varie o promesse di sostegno elettorale.
L’altro fronte dell’indagine riguarda invece la presunta rivelazione indebita di segreti d’ufficio in relazione alla diffusione mediatica, alla vigilia delle elezioni comunali, di notizie coperte da segreto riguardanti un procedimento penale a carico della candidata sindaca Silvia Salis. Una dinamica che la Procura tratteggia insomma con chiarezza: non un semplice scivolone, ma una fuga di notizie motivata politicamente, inserita in una più ampia strategia di potere. Non a caso, tra gli enti oggetto di perquisizioni e acquisizioni di documenti figurano il Comune di Genova, l’Asl ligure, l’Amt (Azienda Municipalizzata Trasporti) e persino la Prefettura. Gli accertamenti sono affidati alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza e all’aliquota di polizia giudiziaria della Procura.
Le reazioni politiche
“Esprimiamo la nostra piena solidarietà a Silvia Salis, vittima di un’operazione di dossieraggio grave e inaccettabile, emersa
un’inchiesta giudiziaria che sta facendo luce su pratiche distorte del potere a Genova”, ha dichiarato Angelo Bonelli, parlamentare di Avs dopo le notizie del dossieraggio preparato in campagna elettorale contro la neo sindaca di Genova. “Se confermato, si tratta di un atto gravissimo, che mina la credibilità delle istituzioni e l’integrità del confronto democratico”, aggiunge. “Per questo chiediamo a Giorgia Meloni di prendere le distanze pubblicamente da quanto accaduto e di condannare l’operato del suo ex assessore. Il silenzio non è accettabile. L’uso strumentale di informazioni giudiziarie per fini politici è il segno di un clima tossico, frutto di anni di gestione del potere da parte del centrodestra in Liguria. Ora che Genova ha voltato pagina, è fondamentale rimettere al centro trasparenza, legalità e rispetto delle persone”, conclude Bonelli. “Attendiamo ovviamente che la magistratura faccia piena luce, ma è chiaro che siamo di fronte ad accuse di una gravità estrema. Ci rivolgiamo a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia: non ritenete necessario prendere subito una posizione e adottare provvedimenti? Su un’accusa così pesante, non si può tacere”, ha invece commentato il senatore M5S Luca Pirondini.
“Le notizie che emergono dalle indagini della Procura di Genova sono inquietanti”, commenta Gianni Pastorino, capogruppo in Regione per Andrea Orlando Presidente. “U
presunto dossier costruito ad arte per colpire Silvia Salis, in piena campagna elettorale: se confermato, sarebbe un fatto gravissimo, che travalica il confronto politico e mina la democrazia”. Pastorino ribadisce il rispetto per la magistratura: “Chi è indagato ha diritto a difendersi, nessuno può essere condannato prima del tempo”.
Ma aggiunge: “Quella di Genova è stata una delle campagne più velenose che abbia mai visto, con attacchi personali senza precedenti contro Salis. Perché quando la competizione democratica diventa guerra sporca, quando l’avversario politico diventa un bersaglio da annientare, – conclude – allora non stiamo più facendo politica. Un’operazione che, se confermata, parla di un uso distorto del potere e delle istituzioni. Di una politica che tradisce sé stessa. La politica non è un campo di battaglia personale. È il luogo dove si discute del futuro di una città, non il retrobottega dei dossier”.
(da Fanpage)
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