ACCORDO ALL’ALBA CON I BENETTON, NIENTE REVOCA MA RIDIMENSIONAMENTO
IL CONTROLLO DI AUTOSTRADE ALLA STATO, BENETTON SOTTO IL 10% E SBARCO IN BORSA
La svolta arriva quando è l’alba. A palazzo Chigi gli orologi dei ministri, sfiniti da una maratona ad alta tensione di sei ore, segnano quasi le cinque. È in quel momento che tutti dicono sì: ci sono le condizioni per chiudere un accordo con i Benetton e trovare così una soluzione, o comunque un avvio di soluzione, a una vicenda che si trascina da quel 14 agosto 2018 in cui a Genova crollò il ponte Morandi.
L’intesa, come anticipato da Huffpost, nasce da una proposta di mediazione last minute costruita dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dai vertici di Atlantia, la società controllata dai Benetton e che permette loro di avere il comando di Autostrade.
Ma è servita una trattativa aggiuntiva, parallela a un Consiglio dei ministri nervoso e pieno di litigi, per portare la proposta verso ulteriori richieste dell’esecutivo e quindi per chiudere. Così. Autostrade deve cambiare pelle: il comando allo Stato attraverso Cdp, i Benetton in minoranza, poi la quotazione in Borsa per ridimensionarli e depotenziarli ulteriormente. Avranno meno del 10% in mano. Non una cacciata, e infatti la revoca della concessione non c’è, ma un accompagnamento ai margini.
Cosa dice la proposta che segna la tregua
Innanzitutto il Governo si tiene sempre la carta della revoca in tasca. Lo dice nella nota che sintetizza l’accordo: il Consiglio dei ministri ha deliberato di avviare l’iter “per la formale definizione della transazione” con Autostrade, “fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo”. Quello che deve avvenire per chiudere la partita è un cambio di pelle di Autostrade. Diventerà una public company, cioè una società con un azionariato molto diffuso dove i Benetton non saranno più i controllori, nè siederanno nel consiglio di amministrazione. Due step. Il passaggio che segna l’avvio della nuova fase è l’ingresso dello Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti, dentro Autostrade. Avverrà attraverso un aumento di capitale dedicato che gli garantirà il controllo. Soci graditi a Cdp potranno comprare quote da Atlantia. In questo modo la quota dei Benetton si diluirà dall′88% a una di minoranza.
Il secondo passaggio sarà lo scorporo, cioè tirare fuori Autostrade dal perimetro di Atlantia. Ogni socio di Atlantia avrà la sua quota direttamente in Autostrade. Così i Benetton, che hanno un terzo di Atlantia, si ritroveranno ad avere in mano meno del 10% di Autostrade. Subito dopo scatta la quotazione in Borsa di Autostrade, con un corposo pacchetto di azioni collocato a Piazza Affari. A quel punto il peso dei Benetton potrebbe ridursi ulteriormente, fino ad azzerarsi in caso di vendita della quota che gli è rimasta. Atlantia ha offerto anche la disponibilità a una seconda via: cedere direttamente l’intera partecipazione a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento. E questo chiude il cerchio della volontà di arrivare a un accordo.
In sintesi: con il controllo dello Stato e Atlantia al lumicino, insieme al successivo approdo in Borsa che ridimensionerà e sterilizzerà ancora la società , Autostrade non sarà più la società dei Benetton. Ma allo stesso tempo i Benetton possono dire di aver evitato l’allontanamento coatto da parte del Governo. Tutto questo processo partirà il 27 luglio, quando Cdp potrà iniziare ad avviare il negoziato per entrare in Autostrade.
La genesi della proposta che ha dato avvio alla trattativa finale
Gualtieri ha lavorato fino all’ultimo momento utile per mettere a punto la proposta che è arrivata sul tavolo del Consiglio dei ministri martedì sera, intorno alle undici, permettendo così al Governo di entrare nel vivo della questione. Ed è stata subito bagarre, con i 5 stelle sospettosi e contrariati. E poi Conte, che dopo un lungo faccia a faccia tesissimo con il titolare del Tesoro, ha sospeso la riunione per convocarne una ristretta e urgente con Gualtieri e Paola De Micheli, la ministra dem alle Infrastrutture che ha lavorato alla trattativa con i Benetton sul fronte dei risarcimenti e delle tariffe.
E Conte chiamò Autostrade per strappare più impegni e convincere i 5 stelle a dire sì
Quella che ha animato la lunga notte del Governo è stata una doppia trattativa. Con i Benetton e intorno al tavolo del Consiglio dei ministri. Due trattative incrociate. Dopo l’altolà dei ministri grillini, timorosi che possa servire almeno un anno per portare i Benetton alla porta, il premier alza il telefono e chiede ad Autostrade di migliorare anche la proposta presentata sabato scorso, quella su tariffe, risarcimenti e investimenti. Parte così un lungo carteggio via mail. Alla fine Autostrade rinuncia ai ricorsi sulla ricostruzione del ponte Morandi da cui è stata esclusa, ma anche a quelli che riguardano le tariffe. E anche alla contestazione dell’articolo 35 del decreto Milleproroghe, quello con cui il Governo ha deciso di abbassare il risarcimento ad Autostrade da 23 a 7 miliardi in caso di revoca. E poi c’è il sì a un sistema dei controlli rafforzati a carico della società e alle sanzioni aumentate in caso di lievi violazioni. Inoltre Aspi dovrà mettere sul piatto 3,4 miliardi e rivedere al ribasso le tariffe. I 5 stelle si convincono. Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora offre un cornetto a tutti i colleghi. Si chiude.
(da “Huffingtonpost”)
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