ADDIO AGLI 80 EURO E MENO IRAP: L’IPOTESI SI FA STRADA
LA PROPOSTA DI SCALFARI: DATO CHE NON SONO SERVITI A NULLA, MEGLIO I DIECI MILIARDI DESTINARLI ALLE IMPRESE PER CREARE OCCUPAZIONE RIDUCENDO IL COSTO DEL LAVORO
E se gli 80 euro mensili per i redditi bassi, invece che essere confermati per l’eternità , venissero limitati al 2014?
I soldi risparmiati, oltre 10 miliardi l’anno, si potrebbero destinare a ridurre l’Irap, cioè a tutto beneficio delle aziende che avrebbero un costo del lavoro più basso e — si spera — assumerebbero di più facendo scendere la disoccupazione.
La proposta arriva dalle colonne di Repubblica direttamente da Eugenio Scalfari, proprio mentre Matteo Renzi lascia la vacanza a Forte dei Marmi per tornare a lavorare a Roma.
“Il governo italiano dovrebbe destinare almeno 10 miliardi alla riduzione dell’Irap a favore delle imprese. Con quali risorse? Stornando la medesima cifra dal finanziamento dei famosi 80 euro i cui risultati di rilancio dei consumi non sono avvenuti; oppure tassando i ricchi il cui reddito sia da 130mila euro in su”, scrive il fondatore di Repubblica che spesso si vanta di interpretare gli umori del Quirinale e della Banca d’Italia.
Da sempre tutti gli economisti sostengono che ridurre l’Irap, e dunque il costo del lavoro, spingerebbe il Pil molto più di qualunque intervento sull’Irpef.
Ma il governo ha deciso di puntare sugli 80 euro, stimando un ottimistico impatto sulla crescita dello 0,3 per cento nel 2015, 0,4 nel 2014 e 0,7 negli anni seguenti. Perchè i lavoratori dipendenti votano e le aziende no.
Sul Mattinale, il bollettino quotidiano che fissa la linea politica di Forza Italia e che è curato da Renato Brunetta, c’è un commento all’articolo di Eugenio Scalfari: “Sull’economia dà ragione a Draghi e sulla necessità — il primo a teorizzarlo è stato Berlusconi — di provocare una svalutazione dell’euro rispetto al dollaro, giudica malissimo gli 80 euro inutili per risollevare i consumi (qui Scalfari è a lezione da Brunetta)”.
Ma è soprattutto il Nuovo centro destra di Angelino Alfano, sempre in cerca di battaglie simboliche per ricordare la propria esistenza, che pare pronto a intestarsi la campagna dell’Irap, per recuperare un po’ di consensi in un mondo imprenditoriale che dopo l’iniziale entusiasmo renziano ora pare più permeabile a suggestioni alternative.
“Rimettere in disccussione gli 80 euro? Ma non scherziamo. E poi è troppo presto per sostenere che non hanno funzionato, dobbiamo aspettare di dati sui consumi di settembre, anche se già quelli di giugno indicavano un miglioramento”, dice uno dei consiglieri economici del premier, il deputato Pd Yoram Gutgeld.
L’altro economista ascoltato da Renzi, Filippo Taddei che ha la delega nella segreteria del partito, conferma che il governo “ha promesso di rendere lo sconto Irpef permanente e lo farà , trovando le risorse nella revisione della spesa”.
Però il sogno renziano di aumentare la platea dei beneficiari pare destinato a non concretizzarsi.
Se ci fosse la possibilità , spiega Taddei, “la priorità sarebbe adottare un correttivo per le famiglie numerose, è molto più difficile allargare lo sconto fiscale ai pensionati per la semplice ragione che sono tantissimi”.
Un approccio pragmatico che lascia spazio a Ncd per condurre, da dentro la maggioranza, l’eterna battaglia centrista per il “quoziente famigliare”, il trattamento fiscale che premia le famiglie numerose.
Qualcosa nella strategia economica di Renzi andrà però affinato, mantenere le vecchie (e ambiziose) promesse non è abbastanza.
Un po’ perchè sono già logore, un po’ perchè sta cambiando il quadro europeo in cui si devono inserire.
Dalla riunione annuale dei banchieri centrali a Jackson Hole, in Wyoming, il presidente della Bce Mario Draghi ha indicato quale deve essere l’approccio alla crisi: interventi sul mercato del lavoro combinate con un po’ di flessibilità nei conti per chi si impegna in riforme strutturali.
Declinato in chiave renziana, questo significa che se si deve aprire una trattativa con Bruxelles sui saldi di bilancio e su eventuali ulteriori scostamenti dal pareggio, è meglio farlo per i costi delle grandi riforme (esempio: una modifica degli ammortizzatori sociali, che inciderebbe anche sul mercato del lavoro).
E non su tagli fiscali che hanno un sapore molto elettorale.
Tanto più che le elezioni sono passate.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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