AFGHANISTAN: ALTRI QUATTRO FIGLI DEL POPOLO UCCISI, MA PER BERLUSCONI NON E’ UN VALIDO MOTIVO PER RIENTRARE IN ITALIA
QUATTRO ALPINI DELLA JULIA UCCISI IN UNA IMBOSCATA DAI TALEBANI: LE VITTIME ITALIANE SALGONO A 34 IN SEI ANNI…I LINCE NON OFFRONO ADEGUATA PROTEZIONE… UN QUALSIASI PREMIER OCCIDENTALE AVREBBE INTERROTTO I SUOI IMPEGNI, RIENTRANDO IN ITALIA, SILVIO PREFERISCE RIMANERE A MOSCA A FARE FESTA CON PUTIN
Un’esplosione e uno scontro a fuoco.
E’ stato un attacco “combinato” quello che oggi, in Afghanistan, ha ucciso quattro alpini del settimo reggimento di Belluno, arrivato in Afghanistan due mesi fa.
Un loro commilitone è rimasto ferito in modo grave, «ma è cosciente e non è in pericolo di vita», assicurano al comando del contingente italiano.
Dal 2004, quando è cominciata la missione Isaf, le vittime italiane salgono così a 34.
I fatti si sono verificati alle 9.45 locali, nel distretto di Gulistan, a circa 200 chilometri a est di Farah, al confine con l’Helmand.
I militari italiani, a bordo di blindati Lince, stavano svolgendo un servizio di scorta a un convoglio di 70 camion civili che rientravano verso ovest dopo aver trasportato materiali per l’allestimento della base operativa avanzata di Gulistan, denominata “Ice”.
All’improvviso l’esplosione, violentissima.
Uno “Ied”, vale a dire un ordigno rudimentale di grande potenza, è esploso al passaggio di un blindato, distruggendolo.
Per quattro dei cinque alpini a bordo non c’è stato niente da fare.
Nell’attacco hanno perso la vita Sebastiano Ville ( 27 anni, di Francofonte, nel Siracusano), Marco Pedone (23 anni, della provincia di Lecce), Gianmarco Manca (32enne di Alghero) e Francesco Vannozzi (26 anni, di Pisa).
Dopo lo scoppio è seguito un violento scontro a fuoco, al termine del quale i militari italiani, come riferiscono al comando di Herat, hanno «messo in fuga gli aggressori».
Il convoglio era già stato attaccato ieri con armi leggere.
Le vittime erano a bordo di un blindato «Lince», considerato ormai non più all’altezza della situazione.
Il Lince è stato in passato capace di resistere alle cariche esplosive degli Ied, gli ordigni improvvisati e messi insieme con materiale bellico di vario genere, ma di recente i miliziani hanno perfezionato i loro attacchi, usando cariche esplosive sempre più potenti e tali da rendere necessaria una maggiore protezione.
È chiusa nel dolore la famiglia del caporalmaggiore Francesco Vannozzi che vive in una villetta a San Giovanni alla Vela, una frazione di Vico Pisano (Pisa). In casa, assieme alla mamma Lia, ci sono alcuni militari che le sono vicini in questo momento.
“Francesco era un ragazzo straordinario” – ha detto un parente giunto all’abitazione dei Vannozzi
Francesco Vannozzi aveva sul suo profilo di Facebook la foto con la divisa militare. E la citazione: “Io non credo nel paradiso, credo nel dolore, credo nella paura, credo nella morte”.
Era invece orfano di padre Gianmarco Manca, 32 anni; la madre Pierina Cuccuru e la sorella Antonella vivono ad Alghero.
Sul suo profilo di Facebook il 15 agosto scriveva: “Inizia una nuova avventura. Ciao Italia ci si vede presto”.
E come motto sul suo profilo aveva scelto “E’ meglio morire in piedi che vivere una vita strisciando”.
Era partito lo scorso 16 agosto per la sua prima missione in Afghanistan il caporalmaggiore Marco Pedone, il più giovane dei quattro.
La notizia è stata comunicata in tarda mattinata alla madre Assuntina da alcuni ufficiali dell’esercito che l’hanno raggiunta nella villetta di famiglia a Patù (Lecce).
Al padre, bidello in una scuola di Maglie, la notizia è stata data poco fa. Il sindaco di Patù ha annunciato la proclamazione del lutto cittadino per la giornata dei funerali.
Dopo sette anni di ferma volontaria il primo caporal maggiore degli Alpini, Sebastiano Ville, sarebbe diventato effettivo nel dicembre prossimo.
Le condizioni dei familiari di Sebastiano Ville sono drammatiche dal punto di vista psicologico, hanno avuto bisogno di assumere dei sedativi.
“Oltre al dolore c’è anche la rabbia di avere appreso la notizia da alcuni giornalisti e questo li ha sconvolti ancora di più”, ha riferito un parente.
Mentre da tutto il mondo istituzionale arrivano messaggi di cordoglio, fa riflettere la posizione del premier che esprime solidarietà alle famiglie, ma non intende rientrare in Italia da Mosca, dove è arrivato venerdi sera per una visita privata di piacere a Putin, prima della data prevista di domenica sera.
E’ stato detto sui media che il premier sarebbe andato a festeggiare il compleanno di Putin: ricordiamo solo che Putin ha compiuto gli anni il giorno prima, ovvero giovedì.
Che poi non si ritenga doveroso rientrare subito in Italia, di fronte a questa tragedia, preferendo fare bisbocce e festicciole con Putin, ci genera solo il voltastomaco.
Questa “fintadestra” ormai non solo pensa a come sfuggire ai processi, ma evidentemente anche alle proprie responsabilità e ai riferimenti valoriali.
Noi preferiamo abbracciare i figli del nostro popolo, piuttosto che Putin (o Gheddafi).
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