AGGRESSIONE A NICCOLO’ BETTARINI: QUATTRO ARRESTI, UNO E’ DI LEALTA’ E AZIONE
UN ALTRO E’ UN ITALIANO PREGIUDICATO, DUE SONO ALBANESI… IN QUESTO CASO AL SOVRANISTA ANDAVA BENE LA COMPLICITA’ DI DUE IMMIGRATI
La polizia di Stato ha fermato per tentato omicidio, in riferimeno all’accoltellamento di Niccolò Bettarini, figlio di Simona Ventura e dell’ex calciatore Stefano Bettarini, quattro ragazzi: si tratta di due italiani di 29 e 24 anni (quest’ultimo ultras dell’Inter legato all’estrema destra), e due albanesi di 23 e 29 anni, il più grande in Italia senza permesso di soggiorno.
I loro volti sono stati inquadrati in un video registrato dalle telecamere di sorveglianza della discoteca. Interrogati, non hanno confessato. Secondo gli investigatori, che inquadrano il movente dell’aggressione in “futili motivi”, nel litigio non sarebbe stato coinvolto direttamente il figlio di Ventura, intervenuto a difesa di un amico e probabilmente aggredito proprio per l’atto di generosita’
A sferrare i fendenti sarebbe stato il 29enne Davide C., con numerosi precedenti specifici di natura violenta, reati contro il patrimonio e porto di oggetti atti a offendere, mentre il 24enne Alessandro F., in passato sottoposto a Daspo, sarebbe legato agli ultras dell’Inter, della curva Hockey Milano e ai militanti di estrema destra di Lealtà Azione.
L’albanese di 29 anni è irregolare in Italia e il 24enne, con regolare permesso di soggiorno, ha un precedente per guida in stato di ebrezza. Le loro abitazioni sono state perquisite.
Perquisizione anche per il bar che l’ultrà interista gestisce insieme al padre. Stando alla prima ricostruzione, il diverbio sarebbe iniziato all’interno della discoteca, per poi spostarsi all’esterno dove, davanti a un baracchino, Niccolò Bettarini è stato colpito 11 volte con un oggetto appuntito. L’arma non è ancora stata trovata.
“Data la gravità dell’aggressione c’è il rischio che, se lasciati liberi, i quattro fermati per tentato omicidio possano essere protagonisti di altri fatti di sangue”.
Lo ha evidenziato il pm di Milano Elio Ramondini nella richiesta di custodia cautelare in carcere dove ha contestato il pericolo di reiterazione del reato e anche quelli di fuga e inquinamento probatorio.
(da agenzie)
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