“ALLA DEMOCRAZIA GHE PENSI MI”: MA POSSIAMO ALMENO GUARDARE?
AL GRIDO DA CURVA “MAI NESSUN CI FERMERA'”, IL PREMIER FA RULLARE I TAMBURI DI BATTAGLIA… MA IL 60% DEGLI ITALIANI ERA CONTRO IL LODO ALFANO, COME PURE QUASI LA META’ DEGLI ELETTORI DEL CENTRODESTRA… SILVIO PENSA ALLA GIUSTIZIA, QUANDO AVRA’ TEMPO DI PENSARE AGLI ITALIANI IN DIFFICOLTA’ CI AVVISI
Secondo una vecchia strategia bellica, la miglior difesa è l’attacco.
E’ altresì appurato che i grandi condottieri del passato, prima di adottare questa scelta, valutavano le truppe a disposizione, sia in quantità che in qualità , la loro affidabilità , studiavano le mosse con raziocinio e non in preda all’ira, cercavano di dividere il fronte avverso, stringevano alleanze, seguivano un piano razionale di attacco.
Nella nuova strategia di Berlusconi notiamo una sottovalutazione di tutti questi fattori, essenziali per una vittoria.
Negli ultimi mesi è riuscito a sparare bordate contro Napolitano e Fini, il parlamento che bloccherebbe le leggi, l’opposizione comunista, la magistratura, la stampa italiana, persino le Tv che pur controlla, la stampa internazionale, i poteri economici.
Colpi di mortaio spesso sparati a casaccio, secondo l’umore del momento, sollevando non poche perplessità persino tra le sue fidate (non troppo) truppe.
Lui che si vanta di “essere eletto dal popolo”, grande comunicatore e sensibile ai sondaggi e all’umore popolare, è incappato in un grosso errore, a causa dei suoi interessi personali.
Non crediamo che i suoi sondaggisti che, come lui, “non sbagliano mai”, non lo avessero avvisato: il 60% almeno degli italiani era contro il lodo Alfano, come testimoniato da molti istituti di ricerca, chi parla del 70%.
Non solo: era e rimane contrario ben il 43% dello stesso elettorato di centrodestra. Ovvero quasi un italiano su due che ha votato Berlusconi non vuole che si sottragga al giudizio dei tribunali.
Nella polemica con Napolitano, il 70% degli italiani ha espresso solidarietà al Capo dello Stato, non al premier.
E ancora, visto che Alfano ha parlato di reintrodurre l’istituto dell’immunità parlamentare, l’80% degli italiani non vuole neanche sentire parlare di privilegi per la Casta e non accetta il ritorno dell’immunità ai politici.
Su questo versante il premier sta sbagliando clamorosamente e continua a ritenere prioritaria in Italia la riforma della giustizia, mentre gli italiani sono alle prese con ben altri problemi di sopravvivenza che necessiterebbero di interventi decisi di natura sociale e occupazionale.
Da buon comunicatore cerca di manipolare anche le critiche che gli arrivano dalla stampa estera: non è così lui ad aver reso ridicolo il nostro Paese coi suoi comportamenti privati e volontà di immunità pubbliche, sono gli avversari che criticandolo hanno esposto il nostro Paese al ridicolo. Neanche se Noemi, Tarantini, la D’Addario, il lodo Alfano ce li avesse mandati a palazzo Grazioli l’opposizione.
Partire all’attacco del Quirinale, minacciando l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, dei magistrati sventolando la riforma del sistema giudiziario, finisce per svilire anche il senso delle riforme.
Magari necessarie, ma non come vendetta verso i dissidenti.
Il sale della democrazia è il dissenso, la libertà di critica, il non pensarla “come chi comanda”.
Guai alla democrazia cloroformizzata, all’opposizione appiattita sulla maggioranza.
Berlusconi ha detto che “alla democrazia ghe pensi mi”, ma gli italiani possono almeno guardare o devono solo sentire le veline di regime di Minzolin e dei vari Tg filogovernativi?
E’ ancora consentito agli industriali la libertà di critica o, come ha detto loro il premier, devono solo “pensare al benessere”, ovvero a fare i soldi, che al resto ci pensa lui?
E ai milioni di italiani, compresi gli elettori di centrodestra, che vedono peggiorare ogni giorno che passa le loro prospettive di lavoro e che lottano per far quadrare il bilancio familiare, ai tre milioni di italiani “poveri” e ad altri milioni sul baratro della “soglia di povertà ” chi ci pensa?
Il livello di tassazione ha raggiunto il massimo storico e ci raccontano la favola del federalismo, la disoccupazione dilaga e si tagliano i posti ai precari, ma i soldi alla Fiat e ad Alitalia si trovano sempre.
Ecco perchè lo slogan calcistico “mai nessun ci fermerà “, più che un intendimento reale, sembra una disperata manovra per rincuorare le truppe che cominciano a dare segnali di nervosismo e sfiducia.
E la storia insegna che senza truppe motivate e un condottiero illuminato, si avvicina solo il tempo della ritirata.
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