ALLARME TRA I GOVERNATORI: ADESSO TAGLIAMO TUTTO
LE PROPOSTE DEI PRESIDENTI DI REGIONE AL GOVERNO: VIA 300 CONSIGLIERI, TRASPARENZA E CONTROLLO. FORSE UN DECRETO
Presi dal dubbio di non riconoscere qualcuno dei presidenti di Regione meno noti alle cronache, i giornalisti fermano qualunque uomo di mezza età in giacca e cravatta esca dal palazzo romano di via Parigi, dove si sta tenendo la conferenza dei governatori.
E non tutti la prendono bene.
“Non mi scambi per un presidente della regione che la querelo”, sbotta uno.
Sarà che hanno capito che l’aria che tira è questa, se ieri sera, dopo i colloqui con il capo dello Stato e il sottosegretario Antonio Catricalà , i 20 eletti hanno deciso di annunciare il loro piano di riforma.
Via 300 consiglieri regionali (un terzo del numero attuale), tetto alle indennità , trasparenza, controllo della Corte dei Conti e sanzioni per chi non sforbicia.
Il loro compito è finito: ora, chiedono, il governo adotti “un provvedimento legislativo concordato urgente, da emanare entro la prossima settimana”.
Un decreto, forse.
Qualsiasi cosa ripulisca in fretta la faccia dei presidenti infangati dal caso Lazio e da quello della Lombardia.
Paradossalmente, fa un certo effetto vedere che il più loquace dei governatori, ieri, era proprio Roberto Formigoni (in un inedito abito tutto nero).
E che fosse Renata Polverini (nel consueto nuovo ruolo, di bianco vestita) a consigliare ai colleghi meno avvezzi alla stampa come affrontare le domande insistenti: “Purtroppo non ti fanno vivere. Ti perseguitano”.
Praticamente impossibile trovare qualcuno che parli male di lei.
Tutti dicono che anche loro, al posto suo, si sarebbero dimessi.
Ma poteva non sapere?
“Secondo me sì — sentenzia Giuseppe Scopelliti, presidente della Calabria — È come se chiedete a me come spende i soldi un consigliere regionale”.
Non lo sa, ma è certo che un altro Franco Fiorito non si annidi tra Reggio e Cosenza: “Non credo proprio, anche perchè da noi i soldi sono molto meno”.
Mentre resta a valutare la differenza di prezzo tra la ‘nduja e le ostriche, dietro di lui sfilano il campano Stefano Caldoro, l’abruzzese Gianni Chiodi, il trentino Lorenzo Dellai, il marchigiano Gian Mario Spacca: tutti d’accordo, la Polverini poteva non sapere.
Così come non sconvolgono le altre notizie circolate in questi giorni. I “fuori busta” in Veneto e Piemonte, per esempio.
“È roba del consiglio. E va avanti così dal 1984”, dice il governatore Luca Zaia. E pure lui esclude categoricamente che tra Verona e Rovigo si aggiri un altro Fiorito: “Anche perchè siamo andati subito a controllare”.
I tecnici delle regioni che sono venuti ad accompagnarli scuotono la testa.
Quelli delle regioni a statuto speciale ce l’hanno con la Sicilia, che non è d’accordo con la loro proposta di riforma e con il Friuli che temporeggia.
Difficile trovare accordi sui 20 punti all’ordine del giorno, tanto che qualcuno se ne va sconsolato per questa “farsa indegna”.
Il presidente della Puglia Nichi Vendola, a margine dell’incontro, annuncia che si taglierà 50 mila euro dallo stipendio annuo.
Sperava nei complimenti, si è trasformato in un mezzo boomerang: tutti a chiedergli, su Facebook, quanto mai avrà guadagnato finora se può permettersi un risparmio del genere. “Non siamo tutti uguali”, si sfoga anche il governatore toscano Enrico Rossi.
Mentre il palazzo di via Parigi si svuota, dal quarto piano traslocano poltrone.
Una gru le riporta a terra.
Qualcuno le guarda preoccupato.
Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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