ALLEVATORI SULLE BARRICATE CONTRO LACTALIS, DALLA FRANCIA ALL’ITALIA ESPLODE LA GUERRA DEL LATTE
BLITZ E MANIFESTAZIONI CONTRO IL COLOSSO CASEARIO
Dopo l’inverno sulle barricate degli allevatori italiani, l’estate bollente nelle strade di Francia. Se un anno fa i produttori di latte protestavano contro lo Stato, l’Unione europea e i grandi gruppi caseari, senza fare differenza tra di loro, oggi il settore è di nuovo in subbuglio.
Ma l’obiettivo dei raid contro stabilimenti o supermercati, stavolta, è solo uno. E si chiama Lactalis, il numero uno mondiale nel settore, che nel nostro Paese controlla Parmalat, Galbani e Invernizzi.
L’appuntamento è per questa sera, davanti alla sede del colosso, a Laval.
In un contesto di prezzi bassi per il latte in generale, i produttori ce l’hanno in particolare con Lactalis, fondata nel 1933 dalla famiglia Besnier che, dicono, paga ancora meno (molto meno) degli altri.
In un certo senso si sta rompendo un tabù, perchè nessuno aveva osato mai sfidare il gruppo, all’origine del 20% degli acquisti di latte in Francia e del 10% in Italia.
Il velo sui conti
La multinazionale è efficiente e ramificata, ma considerata troppo misteriosa: non è quotata e neppure pubblica i suoi conti.
La proprietà è salda nelle mani di una dinastia, che ancora vive a Laval, la città di origine, nella Mayenne.
«Il signor Besnier, tredicesimo nella classifica dei francesi più ricchi, è invisibile – attacca Franck Guyot, presidente della Fnpl (la Federazione dei produttori di latte) nella Loire-Atlantique, uno dei dipartimenti più importanti per quest’attività -. Ebbene, deve mostrarsi, accettare una buona volta di dialogare con gli allevatori. E pubblicare i suoi conti». In Italia, dopo le grandi manifestazioni, ci sono state prove di accordo.
Ma è durato poco, attacca la Coldiretti. «Siamo coscienti delle difficoltà attuali degli allevatori — ha sottolineato nei giorni scorsi Michel Nalet, portavoce di Lactalis, al quotidiano Le Figaro -. Ma il nostro modello economico ci obbliga a pagare questi prezzi». Il gruppo ha puntato il dito anche contro «il discorso irresponsabile del sindacalismo agricolo francese».
Il nodo dei prezzi
Se si prendono le tariffe applicate dal gruppo nella Bassa-Normandia, altro dipartimento dalla forte produzione lattiera, si tratta di 25,596 centesimi di euro al litro, che è molto meno dei 30,305 pagati da un piccolo gruppo come Maà®tres Laitiers du Cotentin, una cooperativa.
Ma è al di sotto anche dei 27,183 di una multinazionale come Danone.
Da questa parte delle Alpi, il tono è sostanzialmente lo stesso. La compagnia si era accordata per pagare il latte tricolore 4 centesimi in più rispetto alla media europea.
È durato poco, e a ora si viaggia sotto i 30 centesimi, sotto la «soglia di sopravvivenza».
«Lactalis? È il peggior pagatore del Paese» dice Giorgio Apostoli, responsabile di settore della Coldiretti che, oltretutto, lamenta «costi di produzione troppo alti a causa di energia, costo del lavoro e complicazioni burocratiche».
La tregua è fragile, agosto è un mese complicato – meno latte, dunque i prezzi dovrebbero salire – e presto potrebbero ripartire le manifestazioni.
I blitz
Alle accuse sui pagamenti, l’azienda replica che è quanto può sborsare in funzione dei margini che realizza. Ma gli allevatori rispondono che quei margini non si sa a quanto ammontino.
Prima della manifestazione di lunedì (un’occupazione che, nelle intenzioni degli allevatori, «durerà nel tempo») vari blitz si sono succeduti dinanzi agli stabilimenti di Lactalis in tutta la Francia.
Nei campi, soprattutto nella Mayenne, appaiono sempre più numerosi ampi cartelli con queste parole: “Lactalis ladri”.
E i produttori di latte entrano nei supermercati, dove, sui prodotti del gruppo, dal camembert alle bottiglie di latte, appiccicano autoadesivi con scritte del tipo: «Questo prodotto crea disoccupazione».
La mediazione sembra sempre più lontana.
Leonardo Martinelli
(da “La Stampa”)
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