“ANCHE ENTITA’ ESTERNE ALLA MAFIA SONO INTERESSATE A UCCIDERE DI MATTEO”
LA RIVELAZIONE DEL BOSS PENTITO
Fino a qualche giorno fa, era uno degli irriducibili di Cosa nostra al carcere duro. Oggi, è un uomo che dice di avere paura per quello che potrebbe accadere a Nino Di Matteo, il pubblico ministero del processo “trattativa”.
Vito Galatolo, 40 anni, rampollo di una delle famiglie mafiose più blasonate, ha deciso di collaborare con la giustizia: «Perchè sono assalito da un turbamento interiore», ha detto.
E mentre svelava il progetto di attentato nei confronti del pm Di Matteo ha avvertito: «All’eliminazione del magistrato sono interessate anche entità esterne a Cosa nostra».
Vito Galatolo ha spiegato di essere stato incaricato di coordinare i preparativi dell’attentato nel dicembre 2012.
Preparativi che sarebbero andati avanti in questi mesi.
Poi, nel giugno scorso Galatolo è stato arrestato dal nucleo di polizia valutaria della Finanza. Ed è finito presto al carcere duro.
La settimana scorsa, ha chiesto di parlare con Di Matteo, e gli ha rivelato il progetto di morte.
Ieri, Galatolo ha iniziato ufficialmente la sua collaborazione con la giustizia: ad interrogarlo, in una località segreta, sono stati il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi e il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari.
Intanto, gli investigatori della Dia correvano a Mestre, per trasferire la moglie e i figli del capomafia in un posto sicuro.
Al Palazzo di giustizia di Palermo, invece, torna l’incubo dei mandanti esterni.
Perchè in quel dicembre 2012 Cosa nostra iniziò a progettare un attentato contro Nino Di Matteo, l’animatore del pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia?
È un mistero. Galatolo sostiene di essersi occupato solo della fase esecutiva del progetto di attentato.
Al momento, restano solo le coincidenze, inquietanti: nel dicembre di due anni fa, i pm di Palermo avviavano l’indagine sui servizi deviati e su vecchi rapporti fra 007 ed esponenti della destra eversiva.
È l’inchiesta bis sulla trattativa: in questi mesi è stata scandita da un’escalation di lettere anonime, che hanno fatto salire la tensione alle stelle attorno al pool di Palermo.
Tensione che resta altissima, mentre un gruppo di esperti inviati dal Viminale continua a verificare il sistema di sicurezza attorno a Di Matteo.
C’è grande attesa per quello che potrebbe svelare Vito Galatolo, perchè da sempre la famiglia dell’Acquasanta è sospettata di avere rapporti con esponenti deviati dei servizi di sicurezza.
Nel 1989, i Galatolo organizzarono l’attentato a Giovanni Falcone sul litorale dell’Addaura, attentato che poi fallì.
E qualche giorno dopo, il giudice pronunciò la frase diventata il simbolo dei misteri siciliani: «Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime».
Il segreto è nel quartier generale dei Galatolo, vicolo Pipitone, a due passi dal bellissimo porticciolo dell’Acquasanta.
Lì, negli anni Ottanta, si riunivano i sicari di Riina prima di eseguire gli omicidi eccellenti.
Oggi, in vicolo Pipitone c’è un silenzio pesante, rotto solo dalle urla di un uomo, che intima al cronista di Repubblica: «Vai via subito».
Vito Galatolo potrebbe provocare presto uno squarcio nei segreti di Cosa nostra. Anche sua sorella collabora con la giustizia, da un anno.
Il vecchio Vincenzo Galatolo, l’ombra di Totò Riina, resta in silenzio nella sua cella al 41 bis.
Salvo Palazzolo
(da il Fatto Quotidiano”)
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