VENTICINQUE PIAZZE CONTRO RENZI: A MILANO IN 80 MILA CON LA FIOM
SI CONSOLIDA IL BLOCCO SOCIALE CHE ATTACCA IL PREMIER… CAMUSSO: “GOVERNO MEDIEVALE, NON RISPETTA I DIRITTI”
Milano, Largo Cairoli, ore dieci di ieri. La Clio grigia arriva in mezzo al corteo del movimento. Ci sono studenti, centri sociali, lavoratori. L’auto ha la targa oscurata. Qualcuno scarica dei cartoni. S’intravedono dei caschi.
Trenta No-Tav incappucciati tentano di sfondare verso via Broletto. Vengono respinti. Scendono in metropolitana per unirsi agli 80 mila del corteo Fiom che punta verso piazza Duomo.
Tanto vale, infatti, la manifestazione dei metalmeccanici alla quale ha partecipato anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso che dal palco ha definito “medievale il governo che non rispetta i diritti”.
Mentre Maurizio Landini ha annunciato: “Non ci fermeremo”. Fotogrammi di una giornata ad alta tensione sociale a Milano e in tutta Italia: 25 città (da Padova a Roma) e migliaia in piazza contro il governo.
Nel capoluogo lombardo ieri erano programmati due cortei contro la riforma della scuola e contro il Jobs Act. La polizia ha controllato bene.
Poi, a manifestazioni terminate, il pasticcio in piazza Fontana davanti all’Arcivescovado con il cortocircuito informativo (tra Digos e Questura) che non ha permesso alle forze dell’ordine di controllare un centinaio di studenti.
Risultato: sotto le manganellate finiscono i ragazzi (anche un 15enne) e gli stessi agenti della Digos.
Ecco, allora, la cronaca. Ore 13, aula 101, Università Statale. Aula occupata. Dentro un centinaio di studenti. Hanno i volti stanchi. Un’ora prima il loro corteo che, in accordo con la Questura doveva arrivare fino in piazza Fontana, è stato deviato e bloccato in piazza Santo Stefano. In quel momento, al comizio della Fiom sta intervenendo (fischiata) il segretario della Cgil.
“La partita sul Jobs Act — dice — non è chiusa”. Risponde il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini: “La piazza si rispetta”. E sulla riforma del lavoro: “Noi crediamo che sia uno sforzo titanico che in questo Paese nessuno ha mai fatto”.
Ma più che la dialettica politica a tenere banco è la cronaca.
E così mentre la Camusso parla, alcuni No-Tav si scontrano con le forze dell’ordine. Nessun ferito. Gli studenti, però, vengono bloccati. In piazza Fontana non si arriva.
Sfuma così il piano di dare l’assedio alla sede dell’Arcivescovado dove si tiene un convegno sulla “buona scuola” discusso dalla Conferenza episcopale assieme a un rappresentante del ministero dell’Istruzione.
“Gli accordi si rispettano”, hanno urlato i ragazzi. Poi hanno tentato di sfondare il cordone delle forze dell’ordine verso via Larga. Due minuti.
Ma tanto è bastato perchè i manifestanti lanciassero quattro petardi e la Finanza rispondesse sparando lacrimogeni urticanti.
Risultato: sette finanzieri feriti e decine di giovani intossicati (alcuni si sono accasciati a terra vomitando).
Da Padova arriva la notizia del ferimento del capo della squadra Mobile. La tensione sale. Si entra in Statale. Si discute, si urla. Contro Renzi e il governo.
Contro chi “la riforma della scuola la fa senza chiederci nulla”. Contro la Diocesi di Milano che ha inviato una lettera ai professori di religione perchè segnalino come viene trattato il tema dell’omosessualità nei loro istituti.
Fuori, intanto, il traffico riprende. Il comizio della Fiom è terminato. In giro non si vedono più le camionette delle forze dell’ordine.
In aula, però, la temperatura si alza. Chi interviene al microfono urla che “bisogna andare all’Arcivescovado”.
Mezz’ora dopo la decisione è presa: si va in piazza Fontana. Il corteo è scortato dalla Digos. Passano pochi minuti e il funzionario della Questura urla in radio: non sono trenta, ma cento. Chiede un intervento immediato.
Il corteo intanto è davanti all’ingresso dell’Arcivescovado. In venti oltrepassano il portone. Hanno caschetti rossi in testa (“in solidarietà ai lavoratori”).
Davanti a loro il secondo portone è chiuso. Urlano. Tirano calci. Difficile pensare possano sfondare. Tanto più che in quel momento il dirigente della Questura e quattro funzionari della Digos si frappongono tra l’ingresso e gli studenti.
Sono le 14 e 30. I rinforzi arrivano. La camionetta della Celere entra in piazza Fontana. Gli agenti scendono e non si fermano. Per loro l’ordine è già stato dato. Iniziano gli scontri.
Gli studenti vengono manganellati. A farne le spese un ragazzino di 15 anni. Sotto i colpi finiscono addirittura anche i funzionari della Digos.
Dal gruppo degli studenti parte un sampietrino che colpisce un agente. La giornata si chiude così. La Questura spiega: abbiamo evitato che sfondassero l’Arcivescovado.
E mentre gli studenti e i centri sociali si danno appuntamento al 5 dicembre, la cronaca registra l’ennesima giornata nazionale di tensione sociale.
Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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