I GARANTISTI FORCAIOLI
LA BECERODESTRA FAVORITA DALLA STUPIDITA’ DELLA SINISTRA GARANTISTA CHE CONFONDE GARANZIE CON IMPUNITA’
Siccome la storia si ripete ma non insegna nulla, si replica in questi giorni un copione vecchio di vent’anni.
Una nuova destra becera e demagogica — quella della Lega 2.0 di Salvini — sta sostituendo quella, diversamente becera e demagogica, di B. e pesca voti anche fra i 5Stelle, scomparsi dalle tv e dunque dalla testa della gente.
E il centrosinistra più stupido del mondo fa di tutto per favorirla, sottovalutando la rabbia delle periferie contro l’illegalità indigena e d’importazione e ripetendo vecchie ricette buoniste e inefficaci che gettano altra benzina sul fuoco.
Anzichè sfidare Salvini sul terreno della legalità con soluzioni rigorose e giuste, anche ma non solo sull’immigrazione clandestina, al contrario di quelle fallimentari della Lega di governo (quando Salvini non era in fasce, ma consigliere comunale e deputato europeo: ininterrottamente negli ultimi vent’anni), si preferisce lasciarle campo libero e alimentare la leggenda del “nuovo” leader che ha rotto col “vecchio” Carroccio, nella speranza che prosciughi l’elettorato grillino.
È esattamente quel che accadde nel 2006, quando il centrosinistra andò al governo e non trovò di meglio che esordire con un indulto extra-large che scarcerò 30 mila delinquenti dalle celle e dalle pene alternative, diffondendo a piene mani insicurezza e impunità , precipitando nei consensi e regalando dopo soli due anni l’Italia a B.& Bossi per la terza volta.
Ora, dopo aver giustamente depenalizzato il reato di clandestinità , che aveva prodotto poche decine di condanne inutili, più che altro a multe mai pagate, complicato vieppiù le procedure di espulsione degli irregolari, costretto inutilmente le polizie a identificare decine di migliaia di senzanome e le procure ad aprire altrettanti fascicoli, il governo taglia selvaggiamente fondi, mezzi e personale alle forze dell’ordine.
E intanto il Pd sforna una legge che riduce ancora la custodia cautelare in cella: cioè l’unico strumento visibile — nel paese delle prescrizioni e dei decreti svuotacarceri (quattro negli ultimi quattro anni) — per levare qualche criminale dalla strada per un po’.
L’ideona è degli on. Ferranti, Leva, Orlando e altri: questo trust di cervelli ha pensato bene di firmare un ddl, licenziato dalla commissione Giustizia e in aula alla Camera da lunedì, che prevede gli arresti domiciliari come misura cautelare principale e il carcere come eccezione.
Per arrestare qualcuno prima del processo, il magistrato dovrà dimostrare che i pericoli di fuga, inquinamento delle prove e ripetizione del reato sono “concreti e attuali”.
Una sorta di Comma 22, che richiede al giudice doti divinatorie ed espone lo Stato a un duplice rischio: o l’impunità generalizzata o l’aumento delle richieste di danni per ingiusta detenzione. Una scemenza incommensurabile.
Salvo impiegare migliaia di poliziotti nella sorveglianza dei detenuti a domicilio — cosa impossibile in tempi di tagli perenni — si sa benissimo che i domiciliari non servono a scongiurare nessuno dei pericoli che la custodia cautelare deve scongiurare: chi vuole può inquinare le prove (minacciando testimoni o concordando versioni di comodo), reiterare il reato o darsi alla fuga comodamente da casa sua.
Senza contare che i domiciliari sono inapplicabili agli immigrati irregolari delinquenti, quasi tutti senza fissa dimora.
Ma soprattutto gli spacciatori di droga — una delle categorie più odiose della criminalità da strada — possono ricevere i clienti tranquillamente a domicilio.
Come abbiamo scritto più volte e come i magistrati denunciano inascoltati da mesi, l’effetto più demenziale dei decreti svuotacarceri è già oggi l’impossibilità di arrestare gli spacciatori: la polizia è costretta a fermarli e i giudici a rilasciarli subito dopo.
Ora i furboni pidini vorrebbero estendere questo scandalo a tutti i reati, di strada e dei colletti bianchi.
Così la gente vede tornare i criminali a delinquere nello stesso posto e, disperata e inferocita, chiama Salvini e Borghezio.
Il solito capolavoro dei garantisti all’italiana, che confondono le garanzie con impunità e aprono la strada alle forche.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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