ASCESA E DECLINO DEL “COGNATO D’ITALIA” LOLLOBRIGIDA, VACILLA LA COLONNA DELLA P4 MELONIANA
SI E’ INCRINATO IL SODALIZIO DI POTERE CON LA PREMIER, ARIANNA E FAZZOLARI
Si è incrinato l’assetto della “P4”, dove “P” sta per potere: lo scrigno che questo sodalizio di sangue nero ha inseguito per anni e infine conquistato. Lo compongono Giorgia Meloni, la sorella Arianna, Francesco Lollobrigida e l’amico fraterno della premier Giovanbattista Fazzolari.
L’agricoltura doveva essere il fiore all’occhiello del blocco di potere che sostiene il governo. Il primo di destracentro e, per di più, con una donna a Palazzo Chigi. E soprattutto la sua base, il cuore dell’elettorato da sempre coccolato da Fratelli d’Italia a suon di slogan contro Bruxelles e di «sovranità alimentare da riconquistare». Per questo la premier Giorgia Meloni aveva affidato il comparto a Lollobrigida, suo cognato, marito della sorella, fin da ragazzo al suo fianco in politica e con un rapporto di idee, un senso dell’appartenenza viscerale, fortissimo.
Ma in quest’anno di governo qualcosa è andato storto.
Il ministro dell’Agricoltura con una sequenza di scelte ed esternazioni sbagliate sta mandando in tilt un sistema che sembrava collaudato. Da un anno a questa parte il “cognato d’Italia” ha creato grattacapi alla presidente del Consiglio. Ma soprattutto, non è riuscito a tenere a bada il mondo degli agricoltori che nelle intenzioni di Palazzo Chigi doveva essere la punta avanzata del consenso, una falange in sostegno del suo governo. E invece centinaia di trattori girano per l’Italia, alcuni con striscioni contro Lollobrigida e minacce di «invadere Roma» o in alternativa Sanremo, la temporanea capitale canora del Paese.
La protesta dei trattori e la gestione da parte del ministro dimostrano plasticamente che qualcosa non è andato come Meloni voleva. A partire da un caposaldo della strategia di Lollobrigida pensata ancora prima del suo insediamento all’Agricoltura: l’intesa con la potente associazione di categoria Coldiretti, che in questi mesi ha dettato l’agenda di governo in materia.
Il presidente Ettore Prandini ha partecipato alla chiusura della campagna elettorale di FdI a Potenza prima del voto del 2022. Giorgia Meloni ha voluto omaggiare l’associazione a Milano nella sua primissima uscita da presidente del Consiglio. Sempre con la regia di Lollobrigida. Coldiretti suggerisce, il governo dispone: l’associazione ha chiesto di puntare molto sui contratti di filiera, ed ecco raddoppiati i fondi dei bandi ministeriali; le aziende chiedono fotovoltaico, ed ecco la misura per grandi impianti. Poi Coldiretti ha suggerito la battaglia contro la carne sintetica: ed ecco approvata una legge che vieta la ricerca su qualcosa che non è nemmeno in commercio. Mentre i parlamentari votavano, davanti Montecitorio Prandini andava a muso duro contro i radicali che protestavano per la norma. Ancora, con i buoni uffici di Coldiretti il ministro Lollobrigida ha sostenuto alcuni investimenti tra Algeria e Egitto del colosso dell’agricoltura Bf.
Nel frattempo, il ministro pescava tra le file dell’associazione anche i dirigenti per il suo staff. Tutto sotto controllo nei campi d’Italia, no?
E invece eccoci alle scene di questi giorni, con Coldiretti di Prandini accusata dalla base degli agricoltori di pensare solo al «potere». Mentre il ministro è finito nel mirino delle contestazioni perché poco incisivo a Bruxelles: anzi, per aver reintrodotto perfino l’Irpef sui terreni agricoli sospesa dai tempi del governo Renzi. Non a caso il leader di Italia Viva ha colto la palla al balzo e ha presentato una mozione di sfiducia proprio per mettere in difficoltà la premier e suo cognato.
Meloni adesso è alle prese con la grana degli agricoltori, dopo un anno di gaffe del ministro più fidato. Un anno di uscite improvvide e decisioni singolari: come quella di chiedere la fermata a Ciampino di un Frecciarossa diretto a Napoli dove Lollobrigida era atteso per inaugurare un giardino. E come dimenticare le polemiche quando Lollobrigida sentenziò: «I poveri mangiano anche meglio dei ricchi». Per non parlare di quando, lo scorso aprile, mentre Meloni cercava di tenere in sordina l’ondata di sbarchi, Lollobrigida diceva: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica». A Palazzo Chigi la premier si sarebbe anche stancata, raccontano. Tant’è vero che torna a circolare l’ipotesi di una candidatura del ministro alle Europee. E dire che appena un anno fa era ritenuto l’uomo più importante del governo. La lista dei ministri, l’elenco di chi ambiva ad andare nelle società partecipate, le nomine in Rai: tutto transitava dalla scrivania di “Lollo”. Dodici mesi dopo invece è diventato un problema. Corre veloce il tempo del potere e tutto travolge.
(da agenzie)
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