“AVANTI” A DESTRA: IL LIBRO DI RENZI E IL COAGULARSI DI UN’AGENDA CONSERVATRICE
RENZI VUOL CONVINCERE L’ELETTORE CHE UNA COSA DI DESTRA REAZIONARIA IN REALTA’ E’ DI SINISTRA
L’insistente campagna di presentazione dell’ultimo libro di Matteo Renzi, “Avanti”, diventata la più recente delle armi di distrazione di massa, sta oscurando – ancora una volta – la maggiore novità in corso nella politica italiana: il coagularsi di un’agenda politica di destra, diventata centrale nel dibattito del paese.
Questo spostamento a destra è già stato segnalato parzialmente dalle elezioni amministrative, ma è ben più sostanziale di quanto le stesse urne locali abbiano già indicato.
Stiamo parlando infatti del formarsi di un nucleo coerente di idee su una molteplicità di temi, piuttosto che di un semplice partito.
Stiamo parlando di argomenti intorno ai quali si innerva un consenso trasversale, che va al di là delle formazioni politiche costituite. Consenso che sta influenzando e trascinandosi dietro, come d’altronde dimostra anche l’ultimo libro di Renzi, il posizionamento stesso del Pd.
Sui singoli temi il fenomeno è evidente.
Sull’immigrazione, con l’azione di Minniti — che, paradossalmente, punisce soprattutto le Ong – e le dichiarazioni contenute in “Avanti”, in cui si parla di “aiutare i migranti a casa loro”, il centrosinistra si sposta su un terreno tradizionalmente leghista, adottato in seguito anche dal Movimento 5 Stelle.
Si capisce che si tratti di una manovra per portare la competizione del Pd su temi molto popolari, ma per quanti distinguo possano essere avanzati, la decisione di scegliere una linea del genere finisce per indicare una volontà di aprirsi a posizioni trasversali, che travalichino il semplice bacino dell’elettorato di partito, di destra o di sinistra che sia.
Un esempio perfetto di come, quasi senza accorgersene, farsi condizionare da un’agenda conservatrice. E dunque spostare come riflesso quasi involontario la propria.
Un altro tema che ha preso lentamente a scivolare verso destra è il rapporto con l’Europa. Mentre il governo continua a mantenere una parvenza di rispetto nei confronti delle regole europee, nel suo ultimo libro Renzi guida la rivolta contro quegli stessi criteri che il governo dice di voler difendere.
Facendone una battaglia politica pubblica e stentorea — fino ad arrivare all’ormai nota proposta di mantenere il rapporto tra deficit e Pil al 2,9% – e renderla un pezzo importante della futura piattaforma elettorale.
Il terzo indizio è la gestione della crisi bancaria.
Su questo versante il governo ha fatto quello che l’Unione ha chiesto. Ma il modo in cui il processo è stato gestito — a partire da Banca Etruria e il giglio magico – ha alimentato la sensazione popolare, sempre più vasta, che gli interventi di salvataggio siano in fondo serviti soltanto a chi le banche le aveva o le dirigeva.
Senza minimamente sanzionare o punire chi colpa ha avuto in quei fallimenti. In questo caso la piattaforma del Pd ha seguito quella del governo.
Col risultato finale di spostare l’elettorato democratico a favore di un tipico risentimento dei conservatori.
Inoltre, un esempio piccolo, ma rilevante, nella formazione dell’opinione pubblica: la questione Rai. Il taglio dei compensi può essere discusso come giusto o sbagliato. In astratto è una questione interessante; ed è persino giusto sostenere che chi è bravo valga di più.
Nel caso specifico, tuttavia, è difficile non vedere come la proposta di portare tutti gli stipendi a equa misura sia, per un’azienda pubblica, una proposta politica.
È la richiesta di una sorta di patrimoniale, fatta per rispondere alla reazione dei cittadini che, dopo essersi visti obbligati a pagare il canone attraverso la bolletta elettrica, oggi più che mai chiedono alla Rai un comportamento adeguato ai tempi.
E i tempi sono quelli di una patrimoniale vera che la crisi ha imposto alla vita di tutti. Che il centrosinistra e il Pd, responsabili del governo del paese, abbiano prima fatto una legge, e poi si siano presi la responsabilità di concederne l’aggiramento, chiaramente aumenta il senso di distacco e disprezzo che la politica ha per la voce dei cittadini. E anche questo scontento è un malumore che classicamente è l’humus naturale delle campagne di destra.
Come si vede non stiamo parlando della creazione di nuovi partiti o coalizioni populiste o sovraniste.
Siamo piuttosto in presenza di scelte politiche che portano a un’unificazione dell’elettorato – al di là degli schemi ideologici – intorno a piattaforme di ispirazione conservatrice.
L’effetto di questa fluttuazione dell’opinione pubblica si è già avvertito dentro il sistema dei partiti. Il caso più clamoroso è il comportamento iper-opportunistico del M5S, che, intuendo questo magmatico ribollire dell’elettorato, ha accentuato la propria caratteristica “a-ideologica” a favore di scelte estremamente pragmatiche.
Alcune di queste lo sono così tanto da poter essere definite chiaramente come ciniche. La posizione assunta sulla difesa della libertà di espressione a proposito del fascismo è semplicemente inaccettabile da qualunque punto di vista in un paese con la storia dell’Italia.
Il pericolo che i 5 Stelle corrono su questa strada è quello di diventare una pura frantumazione di idee, un variegato collage di diversi colori ideologici, una forma pulviscolare che non darà mai stabilità al paese che la sceglie.
Nel centrodestra sembra avere intuito molto bene questa dinamica di flussi Silvio Berlusconi. Che da abilissimo panettiere della politica italiana sa lavorare come nessun altro su due forni. Entrambi sono in riscaldamento.
Quello con Matteo Renzi, con cui dialoga di grandi intese, e quello con Matteo Salvini, con cui parla di coalizioni. Ci sono pochi dubbi che alla fine, a voto contato, Silvio sceglierà per chi lo farà vincere. Un altro comportamento opportunistico.
Chi pare restare fuori dalla decodificazione di quel che sta succedendo sotto i suoi occhi sembra essere proprio il partito che più è in difficoltà nella gestione di questi flussi.
Il Pd di Renzi guarda oggi a destra, sia pur con un mucchio di distinguo che dovrebbero far capire all’elettore che una cosa di destra in realtà è di sinistra.
La spericolatezza con la quale attualmente il Pd viaggia su questo filo del rasoio fa pensare a un’enorme incoscienza.
Soprattutto fa capire a chi lo osserva che al cuore di questo errore c’è un’assoluta inconsapevolezza: la convinzione di essere ancora al centro delle dinamiche del paese, la convinzione, cioè, di essere ancora chi dà le carte.
Mentre invece il futuro si sta già costruendo altrove.
(da “Huffingtonpost”)
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