BERGOGLIO, L’ACCORDO CHE HA PORTATO OLTRE 90 VOTI
INTESA TRA SODANO,BERTONE E DOLAN… CONTRO SCOLA I LOMBARDI… IL RUOLO DI MARTINO, PER 15 ANNI RAPPRESENTANTE VATICANO ALL’ONU
Nella messa «pro ecclesia» celebrata nella Cappella Sistina alla presenza dei 114 cardinali elettori, al momento dello scambio della pace, papa Francesco abbraccia affettuoso il cardinale Giovanni Battista Re, che in Conclave ha fatto le veci di decano, e il segretario di Stato Tarcisio Bertone.
È il fermo-immagine di come sono andate le cose durante le votazioni ventiquattrore prima, sempre sotto la volta del Giudizio Universale, dipinta da Michelangelo.
Alla quinta votazione, rapidamente, si è arrivati a oltre 90 consensi su un collegio di 115 cardinali.
Il cardinale elettore irlandese Sean Brady l’ha detto chiaramente: «Sono rimasto sorpreso che il consenso tra i cardinali sia stato raggiunto così presto».
Così presto e così massicciamente.
Comunque, ben oltre la soglia dei 77 voti fissati dalla riforma di papa Benedetto XVI per dare maggiore coesione e unità alla scelta del Pontefice (corrispondente ai due terzi degli elettori).
Soglia superata la quale è scattato l’applauso per il nuovo Papa. È andata così. E la Chiesa e il mondo hanno avuto il loro papa Francesco, che dalle Americhe ripercorrerà al contrario le rotte della prima evangelizzazione del Nuovo Mondo. Questo almeno raccontano le voci di dentro e non solo, il giorno dopo il Conclave più social e condiviso che la storia ricordi.
Ma con quali accordi e schieramenti e pacchetti di voti di Grandi Elettori si è raggiunta la scelta del cardinal Bergoglio?
Sinteticamente e, necessariamente, un po’ brutalmente, il nuovo Papa è il frutto di un accordo tra il Decano del Sacro Collegio, anche se non elettore, cardinal Angelo Sodano, il cardinale Giovan Battista Re, la Curia dell’attuale segretario di Stato, Tarcisio Bertone (che aveva puntato su Odilo Scherer ma che dopo le critiche di Scherer al cardinale Re nelle Congregazioni generali ha dovuto «ritirare» il suo candidato), e cardinali statunitensi.
Il timbro degli americani sull’elezione, che ottengono un Papa delle Americhe, l’ha messo subito, due ore dopo l’apparizione del nuovo Papa dalla Loggia delle Benedizioni, il cardinale di New York Timothy Dolan.
«Siamo stati molto felici del risultato. Sono emozioni molto grandi», ha detto, e in un comunicato ufficiale ha parlato di «pietra miliare per la nostra chiesa».
Italiani uniti solo nell’escludere il cardinale di Milano Angelo Scola (persino i cardinali lombardi gli hanno votato contro).
Un ruolo di tessitore nei giorni scorsi l’ha svolto nelle Congregazioni generali il cardinale non elettore, Raffaele Martino, che per 15 anni è stato il rappresentante Vaticano all’Onu, conosce benissimo l’episcopato americano e come ex presidente del Pontificio Consilio Justitia et Pax è sempre stato molto presente su tutte le questioni sociali più calde.
Oppositore di Ratzinger e a favore di Bergoglio già nel Conclave del 2005.
Ma per la teologia cattolica non è lo Spirito Santo che sceglie il Papa?
Una volta, molti anni fa, lo chiesero all’allora cardinale Ratzinger, che di mestiere faceva il Prefetto per la dottrina della fede ed era il Guardiano dell’ortodossia.
Non rinunciando nel finale a una certa ironia, rispose così: «Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo (…), il suo ruolo dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico (…), probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata».
È la stessa ironia di papa Francesco.
Ai cardinali, dopo l’accettazione, ha detto: «Cari fratelli, che Dio vi perdoni».
M.Antonietta Calabrò
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