BERLUSCONI NEL BUNKER DI ARCORE. OGGI C’E’ IL GRAN CONSIGLIO
VERDINI, QUAGLIARIELLO, LUPI, GLI AVVOCATI. TUTTI IN VILLA PER CERCARE LA SOLUZIONE IMPOSSIBILE
Un ostaggio. Con la villa di Arcore che è già diventata, ormai da due settimane, la sua prigione.
E che oggi sarà teatro del super vertice (ore 13:30, previsto un pranzo leggero) dove — almeno stando a chi vi parteciperà — si deciderà tutto: la sorte del Cavaliere e del partito, elezioni o morte. O, forse, anche no.
“Ci sarà l’intero stato maggiore — ha confermato Maurizio Lupi dal Meeting di Rimini — e faremo una valutazione di tutti i problemi, decideremo passo dopo passo, insieme a Berlusconi”.
Lui, invece, si sente solo, nonostante la presenza costante di Maria Rosaria Rossi, della fidanzata Francesca Pascale e dell’immancabile barboncino Dudù.
Sono ore drammatiche per Berlusconi.
Per la prima volta — forse — è consapevole di essere arrivato al capolinea del suo ventennio, incapace di uscire dall’angolo.
Un leone in gabbia, lo descrivono quelli che vanno a trovarlo come si fa con un malato il cui ristabilirsi resta in dubbio: a tutti ripete la stessa litania.
Quella di un uomo che non si capacita di come sia stato possibile l’aver creato “un impero mediatico, poi politico”, un partito, una pletora di parlamentari che devono solo a lui l’elezione e uno stuolo di avvocati al suo servizio e lautamente pagati… eppure, alla fine, sarà lui a pagare.
Il solo, l’unico a rischiare le patrie galere o, comunque, l’uscita di scena non onorevole.
Diversa da quella che avrebbe voluto, con un riconoscimento di “ciò che ho fatto per questo Paese” che ancora, in qualche modo, attende da Napolitano.
E che invece non arriva. Uno stato d’animo, dunque, di profonda prostrazione quello che sta provando in queste ore un Silvio Berlusconi deciso — certo — a non mollare, ma anche senza una via d’uscita all’orizzonte.
Nemmeno la vicinanza del tecnico del Milan, Massimiliano Allegri, che spera “di regalargli qualche vittoria” all’esordio in campionato l’hanno tirato su di morale. Comprensibile, quindi, che la sua ira segni nelle ultime ore un crescendo rossiniano. Ieri sono andati a trovarlo Marina e Pier Silvio, entrambi molto preoccupati della tenuta psicologica paterna e anche della svolta che questa vicenda potrà avere sia sulla famiglia sia sulle aziende.
Pier Silvio — dicono — sarebbe un fautore della persistenza del Pdl nel governo, mentre Marina non si sarebbe espressa, conscia però che con il Pdl al governo, seppur impastoiato nelle larghe intese, la tenuta delle aziende, in particolare di Mediaset, si sia rinsaldata nelle quotazioni di Borsa in modo consistente.
Un dettaglio non trascurabile che oggi metteranno sul tavolo anche Gianni Letta e Fedele Confalonieri, due “super colombe” che cercheranno in ogni modo di farlo ragionare: le elezioni, ora, non possono che rappresentare un rischio non calcolato.
E poi, andare a votare vuol dire scegliere di far uscire il Cavaliere dal Parlamento. Potrebbe restare capo della coalizione, certo, ma poi?
Eppure, la “banda dei 4+1” che soffia da giorni sul fuoco della sua ira (D’Alessandro, l’ex addetto stampa ora deputato, Capezzone, Verdini, la Santanchè e un redivivo Minzolini in veste di consigliere politico) lo stanno spingendo verso le urne.
Si sparano anche delle date, quella utile sarebbe il 24 novembre, una pura follia per quelli che accanto a lui ancora ragionano.
Scartate definitivamente, comunque, le strade della grazia e delle dimissioni volontarie da senatore.
Invece, resta in piedi l’ipotesi di portare la legge Severino davanti alla Corte costituzionale per annullarne la retroattività .
Secondo quanto riferiscono quelli che parteciperanno al summit di oggi (ci sarà anche Quagliariello) si farebbe sempre più forte la possibilità che Berlusconi chieda di essere ascoltato dalla Giunta per le Immunità del Senato, forse lo stesso 9 settembre. Un diritto di difesa che spetta al parlamentare, del tutto volontario, e che i commissari non possono rifiutare.
Sarebbe questa l’occasione per presentare e illustrare la memoria difensiva, su cui i suoi legali stanno lavorando da giorni e che sarà consegnata la prossima settimana. “Non vogliamo la crisi — chiude Quagliariello — e crediamo che, alla fine, il buon senso prevarrà ..”.
Oggi, ad Arcore, l’ira funesta del pregiudicato e la sua sete di vendetta potrebbero, dunque, restare di nuovo frustrate.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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