BERLUSCONI NELL’ANGOLO: “GRAVE SE NON GOVERNIAMO”
L’EX PREMIER PUNTA SU SCHIFANI E SBAGLIA CAVALLO, RIVENDICA LA PARITà€ DI VOTI TRA PDL E PD E ATTACCA I GRILLINI“SCIENTOLOLOGY”
Il bello della politica è che in poche ore può impazzire, come la maionese”.
Scherza con i giornalisti Renato Schifani mentre i senatori vengono chiamati uno per uno a scegliersi un presidente.
La decisione di riproporre Schifani era stata presa durante una riunione del gruppo parlamentare del Pdl, all’alba. Silvio Berlusconi non c’era.
Arriverà nel pomeriggio per legittimare il suo impedimento a presentarsi in tribunale. Ma il nome lo avalla lui, dopo una telefonata con Roberto Calderoli che conferma la fedeltà del Carroccio.
Due siciliani a confronto, uno accusato da un pentito di avere rapporti con la mafia, l’altro procuratore antimafia.
Un duello sulla giustizia, impossibile da vincere per Schifani, almeno sulla carta.
Del resto Berlusconi era stato chiaro: non è questa la poltrona che mi interessa. Ma la politica è come la maionese. E allora durante la prima chiama dei senatori lo scenario improvvisamente cambia.
Il regista dell’operazione è Denis Verdini. à‰ più forte di lui, se c’è una partita, se la gioca.
Incita i suoi: “Ci mancano meno di dieci voti, ce la possiamo fare”. 117 consensi sicuri contro i 126 del Pd.
La notizia corre fino alla Camera. Lì la storia è già chiusa,
Laura Boldrini è stata eletta presidente, sta leggendo il suo discorso davanti ai pidiellini impietriti.
Più le donne: vedono davanti a loro l’immagine di una signora forte che le stupisce.
“à‰ nata una stella” scrive Deborah Bergamini su Twitter.
L’aria sembra cambiata ma dal Senato arriva l’ipotesi di un accordo tra Pdl, Lega e montiani e gli animi si surriscaldano.
“Chiunque ci può aiutare nei rapporti con i senatori di Scelta civica lo faccia” chiede Verdini. Il primo messaggero è Maurizio Gasparri.
L’ex capogruppo prima prova un attacco su Mario Mauro in aula, poi si avvicina direttamente al banco di Monti.
Il colloquio va per le lunghe, in serata Gasparri dichiarerà che in cambio del voto a Schifani i montiani avrebbero chiesto al Pdl di uscire dall’aula in occasione della fiducia per far nascere un governo di minoranza Pd-Sel-Scelta civica, eventualmente appoggiato dalla Lega.
Di certo hanno chiesto un candidato “votabile”. Nulla di fatto.
La politica è come la maionese.
I senatori del MoVimento 5 stelle capiscono di poter determinare, con una loro scheda bianca, la vittoria di Schifani e cominciano a discutere il da farsi.
Prima della riunione il capogruppo Vito Crimi ribadisce il “no” a entrambi i candidati. Verdini è alla buvette, ci crede, ha il sorriso delle grandi occasioni.
Ma la riunione dei grillini va per le lunghe, c’è tensione, comincia a delinearsi un voto secondo coscienza. La politica, la maionese.
I montiani, che avevano strizzato l’occhio al Pdl, scelgono la scheda bianca. “Sono ininfluenti — dirà Silvio Berlusconi — una quantitè negligeable”.
Invece avrebbero potuto fare la differenza, eccome.
L’ex premier è a Roma dall’ora di pranzo ma non si presenta al Senato fino all’ultimo secondo utile, avvertito da Verdini del fallimento delle trattative.
Quando scende dalla macchina, di fronte al Palazzo, con un paio di occhialoni neri, una ventina di persone lo contestano: “Buffone”. Lui risponde, “vergognatevi, siete degli stupidi”.
Succederà lo stesso all’uscita. Entra in cabina con gli occhiali e se li toglie subito dopo, in segno di sfida contro le visite fiscali. “C’è una setta come Scientology in Parlamento” dice attaccando i grillini, e rivendica la parità dei voti tra Pd e Pdl.
I suoi lo applaudono, gli si stringono intorno. Ma questa volta non è andata bene. Schifani è rimasto solo con i suoi 117 consensi. Passa Piero Grasso con 137 voti, 14 in più della somma di Pd, Sel e Svp, che comunque non sarebbero nemmeno serviti.
Il Pdl grida all’inciucio Pd-Sel-5stelle ma sanno bene che il rischio maggiore è che montiani e Lega facciano nascere un governo guidato dai democratici e si accordino anche su un nome per il Quirinale, lasciandoli fuori da tutto.
Non gli resta che sperare nella maionese.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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