BOSSI ACCUSA SALVINI: “NON SI CACCIANO LE PERSONE PRIMA DEL VOTO” E ANCHE IL POTENTE GIORGETTI E’ CRITICO
TOSI CONQUISTA LA SCENA E PIANIFICA LE MOSSE… ALTRO CHE PASSERA E NCD, SARA’ UNA CAMPAGNA ELETTORALE CONTRO IL TACCO DI MILANO SULL’ORGOGLIO FERITO DEL VENETO FEDERALISTA
Il day after della Lega è fatto di veleni, accuse, rancori che dopo settimane vengono allo scoperto senza più freni.
Flavio Tosi, il sindaco “scacciato” dal partito (suo anche il copyright) tiene una conferenza stampa fiume per dire molto poco, e cioè che la “botta è forte” e che si prende due giorni per decidere se candidarsi alle regionali.
In realtà la decisione è già presa, c’è solo da pianificare logisticamente le prossime mosse, in modo da dare il più ampio rilievo mediatico al lancio della campagna.
Ma c’è anche un problema di truppe da organizzare, in vista di una campagna elettorale che parte decisamente in salita.
I numeri per ora non sono incoraggianti: su una dozzina di consiglieri regionali “tosiani”, solo tre seguiranno certamente Flavio nella nuova avventura: si tratta di Baggio e Toscani (già fuoriusciti dal gruppo leghista in regione) e dell’assessore Daniele Stival.
Altri hanno già fatto sapere da giorni che “tra Flavio e la Lega scegliamo la Lega”.
Con Luca Zaia ci sono posti di potere a disposizione, con il sindaco di Verona è una scommessa, in cui ci si può fare molto o poco male, ma comunque è impossibile vincere.
Si può però fare male a Zaia e alla Lega.
Per questo anche Umberto Bossi critica la gestione di Salvini.
Il Senatur, che pur di mantenere la Lega unita nel 2012 ha subito la notte delle scope a Bergamo con fischi e insulti ai suoi figli, ora bacchetta il suo successore: “La prima cosa è l’unità della Lega. Io Tosi lo avrei tenuto ancora dentro, non si butta fuori la gente in campagna elettorale”.
Il vecchio Senatur non ha mai amato Tosi, e resta convinto che “in Veneto la nostra base non lo ama”. Ma la partita “non si doveva gestire così”.
Sono giorni di amicizie decennali che si incrinano, di abitudini che si rompono, come uno tsunami che si abbatte su una famiglia.
Non a caso, nella conferenza stampa Tosi si sofferma su un punto: “Ai miei amici non ho chiesto di seguirmi. In un rapporto di amicizia non si forza la mano a nessuno. Quando farò delle scelte ognuno sarà libero di decidere, e resteranno comunque stima e rispetto”.
In un primo tempo, alcuni seguaci di Tosi avevano pensato a un raduno a Verona il 17 marzo. Ma il sindaco li ha bloccati, e ha derubricato l’evento ad una “bicchierata tra amici” a cui forse neppure parteciperà .
Troppo presto, troppo alto il rischio di non avere ancora messo insieme una massa d’urto di un qualche peso.
L’unica certezza, per Tosi, è la sua maggioranza in consiglio comunale, dove sono esclusi scossoni.
Il sindaco punta dunque sull’opinione pubblica, sulla pancia degli elettori veneti, “ex democristiani che non vogliono avventure con la destra estrema”, e sui militanti “che non accettano la mutazione genetica di una Lega che non parla più di autonomia e federalismo”.
Uno dei punti della sua campagna, infatti, sarà il tacco di Milano sul Veneto, “un controllo dittatoriale voluto da Salvini che voleva liberarsi di me e così colpisce la nostra Regione”. Orgoglio Veneto da un lato, dunque, e moderazione contro estremismo.
A partire dalle politiche sull’euro. Tosi rivela di aver detto a Salvini che, con le promesse di uscita dalla moneta unica, “rischia di fare la fine di Tsipras, che poi non può mantenere gli impegni presi con gli elettori”.
Sarebbe un errore però pensare a un Tosi asserragliato nell’Arena, e circondato solo da nemici. Lo strappo tra la due leghe si fa sentire forte anche a Roma, dove 8 parlamentari potrebbero lasciare il partito la prossima settimana.
Come anticipato da Huffpost, si tratta di tre senatrici (guidate da Patrizia Bisinella, compagna di Tosi) e da 5 deputati, tutta la delegazione veneta. Certo l’addio del veronese Matteo Bragantini e del veneziano Emanuele Prataviera.
Ma anche gli altri tre deputati veneti, Roberto Caon, Filippo Busin e Marco Marcolin stanno con un piede fuori dal Carroccio, che scenderebbe a quota 15 deputati.
Nessun rischio di dissoluzione del gruppo alla Camera, perchè i precedenti soccorrono i partiti che abbiano presentato il simbolo alle elezioni e che scendano sotto quota 20 deputati.
Ma il risvolto politico è molto pesante. Anche perchè nel gruppo leghista non ci sarebbero più veneti.
E il Veneto insieme alla Lombardia è una delle due regioni chiave per la Lega.
“Ora ci stiamo confrontando tra noi sette, otto parlamentari che potremmo uscire. Vogliamo prendere una decisione a mente lucida”, spiega Bisinella. Ma il dado ormai è tratto.
Nella Lega covano molti malumori.
Una larga fetta dei barbari sognanti, i seguaci di Maroni che avevano caldeggiato una candidatura di Giancarlo Giorgetti nel 2013 al posto di Salvini, sono molto critici con la gestione della vicenda da parte dell’altro Matteo.
E più di uno, a microfoni spenti, spiega ad Huffpost che “se perdiamo il Veneto finisce anche l’incarico di Salvini alla guida della Lega”.
Non è un mistero che Giorgetti abbia cercato fino all’ultimo minuto utile di mercoledì sera di convincere Salvini a non espellere Tosi. Ma senza esito.
Si tratta di una fetta di dirigenti che non gradisce la gestione personale del partito. E che non intende spezzare il legame personale e politico con Tosi. “Vogliamo combattere per cambiare la linea, e spostarla nella direzione evocata da Tosi, ma lo faremo dentro…”, spiega una fonte leghista.
Uno di quelli che, nonostante i sondaggi, non crede alle doti salvifiche dell’uomo con la felpa.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply