BUON APPETITO: MAZZETTE DA ROMA A MILANO, EVVIVA IL BUONGOVERNO
IL SISTEMA APPALTI ROMANI E GLI SCANDALI LOMBARDI CON SALVINI CHE STRAPARLA DI ARRESTI A OROLOGERIA: ME SE SI SONO FREGATI PURE GLI OROLOGI…
Primo appalto per il Giubileo, prima retata dei carabinieri.
Arrestati due imprenditori che si fingevano concorrenti, in realtà — secondo l’accusa — erano soci occulti e pagavano un funzionario del Comune per sapere in anticipo notizie riservate sulle imprese invitate alle gare: così uno dei due presentava un’offerta troppo alta per farsela bocciare e far vincere l’altro, poi facevano a mezzo.
Qualcuno riderà — c’è sempre chi ride per minimizzare— della scarsa importanza della gara per riempire le buche nelle strade e controllare il traffico dell’Anno Santo (ma, come dice Massimo Fini, che gli è saltato in mente al Santo Padre?) e dello scarsissimo importo della mazzetta: 2 mila euro. Ma c’è poco da ridere.
È una questione di principio, come già avrebbe dovuto insegnare Tangentopoli, casomai qualcuno avesse voluto imparare: la regola era l’appalto sporco e l’eccezione era quello pulito che però, appena veniva scoperto, si provvedeva subito a sporcare pagando una tangente non dovuta.
Che l’appalto sia grosso o piccolo,che la mazzetta sia pingue o scarsa, non importa: ciò che conta è che tutti gli appalti devono essere truccati, sempre e comunque.
Dovesse mai capitarne uno regolare, si creerebbe un pericoloso precedente: altri si monterebbero la testa e pretenderebbero di vincere per merito e non per mazzetta, innescando un effetto domino che metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’intero termitaio lasciandolo senza più pane per le proprie ganasce.
Le imprese dovrebbero presentare progetti credibili a costi sostenibili, investendo in manodopera qualificata e in innovazione anzichè in corruzione.
Politici, amministratori e funzionari dovrebbero accontentarsi dei lauti stipendi, senza poterli arrotondare in nero.
I partiti dovrebbero finalmente dimagrire, vendendo i propri patrimoni immobiliari e chiudendo le proprie finte fondazioni.
Una reazione a catena che fa paura solo a immaginarla.
Perciò nessuno ha voluto sciogliere il Comune di Roma per Mafia Capitale, come la legge imponeva: il commissariamento per mafia avrebbe richiesto una bonifica dell’apparato amministrativo che,a prescindere dal colore dei sindaci e delle giunte, ha sempre fatto il bello e il brutto tempo.
Meglio sciogliere per gli scontrini di Marino.Così tutto sembrerà risolto mandando a casa lui e trovandone un altro, possibilmente tra quei partiti che si sono mangiati Roma e non hanno ancora finito di digerirla.
Anche a Milano, la bella e linda culla dell’Expo, si è continuato a delinquere a tutta randa.
Anche qui la refurtiva è poca roba, ma non sia mai detto che non ci guadagni qualche politico.
I protagonisti sono il vicepresidente della giunta Maroni, il forzista Mario Mantovani, e l’assessore regionale leghista all’Economia, Massimo Garavaglia.
Il primo è finito dentro per concussione e turbativa d’asta un minuto prima di tenere una prolusione alla Giornata della Trasparenza indetta dalla Regione; il secondo è “solo” indagato per turbativa. Mantovani avrebbe fatto pressioni per dare incarichi nella Sanità a un architetto suo amico, che poi si sdebitava ristrutturando le sue numerose ville “a gratis”, cioè a spese dei contribuenti.
Poi avrebbe premuto sul provveditore alle opere pubbliche per salvare il responsabile dell’edilizia scolastica che doveva essere rimosso per un rinvio a giudizio per corruzione e invece restò al suo posto facendo altri favori al solito architetto tuttofare.
Infine, assieme a Garavaglia, avrebbe fatto annullare una gara d’appalto già in corso per il servizio trasporto dei malati dializzati per prorogarne l’affidamento ad alcune aziende amiche, che non avrebbero avuto i titoli per aggiudicarselo.
È il famoso buongoverno padano delle ruspe e delle felpe, garantito dal duo Maroni &Salvini, noti innovatori e bonificatori della Lega 2.0 nata dalle ceneri e dagli scandali di quella di Bossi. Maroni è indagato in un’altra inchiesta per induzione in debita e turbativa d’asta, ma Salvini — così attento agli scontrini di Marino — s’è scordato di chiedergli di andarsene a casa.
Anzi, dice che la giunta degli inquisiti deve restare a piè fermo: mica può cadere “perchè qualche giudice si è alzato male”, dà i.
Questo è“un attacco politico alla Regione meglio governata d’Italia,magari per nascondere i problemi del Pd e le cene di Marino e Renzi”, che notoriamente sono molto più gravi delle mazzette.
Garavaglia, poi, “è il migliore di tutti noi” (figurarsi gli altri).
È colpevole soltanto “di segnalazione”, ma al posto suo “l’avrei fatto anche io. Anzi, l’ho fatto: da consigliere comunale ho segnalato decine e decine di associazioni benefiche.
E non mi ravvedo: lo rifarò. Mi autodenuncio”.
E lo sappiamo bene: tra le segnalazioni c’erano pure sua moglie (assunta in Comune) e la sua fidanzata (assunta in Regione).
Si spera che, segnala oggi segnala domani, Salvini non abbia pure bloccato una gara già bandita, sennò sarebbe un reato. Passano gli anni, cambiano le Leghe, ma anche Salvini reagisce alle inchieste in casa sua come i vecchi politici che vuole asfaltare con la ruspa.
La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: “Arresti a orologeria”.
Ora, per comodità , Salvini potrebbe stamparsi sulla felpa (magari marron) gli estremi della finestra temporale in cui i giudici possono arrestare qualcuno, con le date della decorrenza: “Da… a…”.
Così chi vuole rubare serenamente si regola, e pure le procure.
Anche perchè questa orologeria è sempre più difficile da calcolare, da quando si son rubati pure gli orologi.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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