CASO ALMASRI FONTI DELL’INTELLIGENCE RIVELANO: “SULLA SUA LIBERAZIONE I MIGRANTI NON C’ENTRANO NULLA, C’ERANO IN BALLO INTERESSI ECONOMICI, IN PRIMIS DELL’ENI”
“LA PROCURA GENERALE LIBICA SI ERA MOSSA CHIEDENDO LA SUA SCARCERAZIONE IMMEDIATA AL GOVERNO ITALIANO, E’ STATA UNA SCELTA PER “INTERESSI DI STATO”… I SERVIZI DI ALTRI PAESI CI HANNO DETTO “VOI ITALIANI SIETE SEMPRE I PRIMI…”
Un discorso diverso riguarda la vicenda del generale libico Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato a Torino su mandato internazionale, lasciato libero e rimpatriato. Qui la faccenda diventa complicata. E i vari livelli – d’intelligence, politici, giudiziari – un po’ si intrecciano, un po’ vanno in cortocircuito.
Sulla scarcerazione dell’alto militare è polemica. In procura a Roma arriva un esposto e il procuratore capo indaga il governo e trasmette il fascicolo al tribunale dei ministri. Gli 007 italiani sono stupiti «dalla velocità e dalla semplicità» con cui si è mossa la magistratura capitolina. Le agenzie di intelligence all’estero, sostengono, hanno trovato l’iniziativa bizzarra. «Voi italiani siete sempre davanti a tutti», scherzano.
Certo è che la comunicazione del caso è stata farraginosa.
Quando l’aereo dei servizi segreti era in volo verso la Libia, ancora si diceva che il ministero della Giustizia stesse valutando. A fare chiarezza arrivano fonti attendibili degli 007, che forse hanno “peccato” di eccessiva «trasparenza». In gioco c’erano «interessi di Stato».
«Se non fosse stato riportato a casa Almasri, sarebbero stati messi a rischio gli interessi degli italiani, compresi quelli dell’Eni.
La questione dei clandestini?
Non c’entra nulla».
Almasri viene arrestato, la procura generale libica invia una nota verbale «al ministro degli Esteri e alla procura generale di Roma». Chiede la scarcerazione del generale, già sottoposto a una loro indagine. I servizi italiani avrebbero potuto portarlo a Cipro o a Malta, «ma avrebbe voluto dire coinvolgere un altro Stato». A decidere cosa fare in Italia è stato il sottosegretario di Palazzo Chigi Mantovano, che ha ovviamente informato la premier. Dall’intelligence ribadiscono: «C’era in gioco la sicurezza dello Stato».
(da La Stampa”)
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