C’È DEL MARCIO IN UNIVERSITÀ: PATTI TRA BARONI, COMMISSIONI CONTROLLATE, CANDIDATI FAVORITI E QUELLI OSTACOLATI
INDAGATI 191 TRA RICERCATORI, PROFESSORI, DIRETTORI DI DIPARTIMENTO, PRORETTORI E RETTORI CON LE ACCUSE DI TRUFFA, ABUSO E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE E PER AVER PILOTATO 57 BANDI DI CONCORSO PUBBLICI
Il momento è difficile per l’università italiana, violata nella sua convinta autonomia da inchieste penali che fanno emergere, una dopo l’altra, la questione più difficile e mai risolta: il concorso pubblico, porta d’accesso ai dipartimenti, inizio di carriera per un laureato.
Il concorso d’ateneo è sempre più discusso, e fragile. Negli ultimi tre anni, a partire da “Università bandita” allestita a Catania, nove procure hanno organizzato indagini strutturali che hanno messo in evidenza al Sud (Università Mediterranea di Reggio Calabria), nelle isole (Università di Palermo e Sassari), al Nord (Statale di Milano, Torino e Genova), nelle province del Centro (la Stranieri di Perugia) e nelle sue città (Università di Firenze) accordi trasversali sulle singole discipline, in particolare a Giurisprudenza e Medicina, patti tra baroni, commissioni controllate, candidati favoriti, candidati ostacolati.
Gli ultimi tre anni dicono che l’accordo accademico, sì, ha le stimmate del sistema. I numeri sono di peso: 191 tra ricercatori a tempo indeterminato e precari, professori associati e ordinari, direttori di dipartimento, prorettori e rettori sono stati indagati nelle ultime due stagioni per titoli di reato gravi: la truffa, l’abuso, a Reggio Calabria e Firenze si contesta l’associazione a delinquere. E per aver pilotato 57 bandi di concorso pubblici.
Con l’inchiesta madre, Catania appunto, si aggiungono 55 docenti a processo, un prorettore che ha patteggiato la condanna e altri 27 bandi accertati come guasti. Il Tribunale di Torino ha infine condannato con rito abbreviato un primario di Chirurgia estetica e la candidata al posto di professore associato, due commissari di concorso sono in attesa di giudizio.
Mai nella storia dell’accademia italiana si era aperto un fuoco giudiziario così scandito nei confronti di un’istituzione decisiva per lo sviluppo del Paese: l’università. Il raffreddamento delle immatricolazioni degli studenti nel 2021-2022 dopo otto anni di crescita e il calo dei laureati accertato da Eurostat per la prima volta dopo vent’anni sono il segnale che una parte consistente del mondo accademico non vuole cogliere.
Il via libera dei vertici
Secondo le accuse, e secondo tutti coloro che a questo sistema si sono opposti, l’organizzazione concorsuale indebita parte spesso dai vertici accademici. Non a caso, sono stati rinviati a giudizio gli ultimi due rettori dell’Università di Catania e nelle successive inchieste ne sono stati coinvolti altri sette.
Iniziatore di questa svestizione del carisma di chi guida un ateneo è stato il professor Giuseppe Novelli, genetista condannato a un anno e otto mesi per tentata concussione e istigazione alla corruzione compiute nella sua veste di guida di Roma Tor Vergata.
Il sistema si legge con chiarezza seguendo l’ultima indagine. La procura di Genova ha messo in relazione i due riferimenti interni di Giurisprudenza con venti professori (locali e no) pronti a scambiare vittorie nei concorsi.
La prorettrice Lara Trucco e il prof emerito Pasquale Costanzo promettevano e ottenevano posti da colleghi della Sapienza di Roma, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, della stessa privata e borghese Bocconi. Tra gli indagati, qui, ci sono Daniele Granara, avvocato dei medici No Vax del Paese, e Camilla Bianchi, garante per l’Infanzia della Regione Toscana.
Alla Mediterranea di Reggio Calabria, dove «emerge un quadro desolante» su tre dipartimenti, la figlia dell’ex vicepresidente del Consiglio regionale, del Pd, partecipava alla distribuzione di cattedre, assegni di ricerca e posti in corsi di specializzazione su indicazione del rettorato.
E il “Magnifico” Santo Marcello Zimbone ha barattato in proprio un dottorato con la promozione dei pargoli al liceo: ha offerto il posto alla figlia del professore che avrebbe voluto bocciarli.
Ancora, la figlia dell’ex rettrice dell’Università della Basilicata, Aurelia Sole, in corsa a Reggio Calabria per un dottorato con un curriculum «che fa raccapriccio», era utile per alimentare un contro-concorso per dottorandi a Potenza. La logica dello scambio.
Il buon pastore di Firenze
«Occorre fare sistema», dicono i docenti del cerchio Dei, rettore indagato e interdetto all’Università di Firenze, «dobbiamo essere pastori del gregge». Qui un primario nauseato dal successo senza merito ha dato luce agli accordi segreti in sala operatoria, così come un ricercatore inglese, Philip Laroma, aveva consentito di scoperchiare nel 2017 le trame a Giurisprudenza: «Non è che tu non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando».
D’altro canto, la scalcinata Università per stranieri di Perugia, dove il procuratore Raffaele Cantone contesta cinque bandi di concorso, ha offerto una patente B1 in Lingua italiana al calciatore uruguaiano Luis Suarez, capace di definire l’anguria “la cocomera”.
Il rettore di Palermo insediato la scorsa estate, Massimo Midiri, ha compreso perfettamente che il logorio delle inchieste penali, a cui si aggiunge un quotidiano stillicidio di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, sta corrodendo l’immagine e l’anima dell’università italiana e ha deciso di cambiare le regole dei concorsi: nessun membro interno in commissione.
«Si percepisce che tra i giovani c’è sfiducia nell’istituzione», spiega Midiri. Nel suo ateneo undici medici sono sotto inchiesta per falso e turbata libertà del procedimento. Nel primo interrogatorio dei carabinieri del Nas, il denunciante principe spiegò: «Il professore Gaspare Gulotta decide prima chi debba diventare ordinario, sceglie fra i suoi fedelissimi».
La gip di Palermo ha scritto: «Il reparto diretto da Gulotta si profila come un salotto privato nel quale vengono discussi i giochi di potere del professore, che spadroneggia impunito». Una telecamera nascosta ha dato un corpo a queste indicazioni.
“Perdenti più titolati”
Sono undici gli indagati a Sassari. Alla Statale di Milano, il bisogno di far fare carriera agli allievi ha portato sotto inchiesta un volto televisivo di questi due anni di pandemia, il virologo Massimo Galli.
Ecco, in un lavoro inviato alla rivista Lancet dal professore associato Pasquale Gallina e dall’associato in pensione Berardino Porfirio si avanza la tesi che un ricercatore che non ha mai avuto posizioni accademiche in università vanti un H-index – indicatore che misura l’impatto scientifico di un autore – migliore rispetto ai 186 docenti fiorentini presi in esame.
Dice il procuratore Cantone, già presidente dell’Autorità anticorruzione: «A mettersi contro il sistema si rischia. Negli atenei ci sono un deficit etico e un’abitudine a tollerare l’andazzo, a considerarlo parte del sistema. Anche le persone con più capacità, per sopravvivere, devono sottoporsi a pratiche umilianti».
(da la Repubblica)
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