COME NASCE IL “SISTEMA DI MAIO”: LA COSTRUZIONE DI UNA LEADERSHIP E LA DISSOLUZIONE DEL MOVIMENTO DELLE ORIGINI
IN “SUPERNOVA” I DUE EX DELLA CASALEGGIO RACCONTANO I RETROSCENA DELL’ASCESA DEL CANDIDATO PREMIER IN PECTORE
Un clima da cupio dissolvi, da fine impero, da caduta degli dei (cinematograficamente parlando).
La metafora sceglietela voi. Ma su un punto “Supernova” è chiaro. Ed è quello del raccontare la metamorfosi degli “splendidi ragazzi” di Beppe Grillo in un coacervo di invidie, ricattucci, pressioni meschine.
Complice lo sbarco in Parlamento, il contatto epidermico con il potere, l’inebriamento di trenta secondi sotto il faro di una telecamera. Un mondo che è passato dall’orizzonte tangente l’infinito del web a, per usare le parole dei due autori – Nicola Biondo e Marco Canestrari – una ridotta dove “tutto resta negli spifferi delle finestre di Montecitorio, in un brutto alone di omertà , che poco ha a che fare con l’onestà “.
Parole che si imprimono del peso specifico del piombo, un libro – acquistabile online dall’8 settembre – di cui tutti mormorano nei corridoi della Camera, e che spaventa molto la dirigenza 5 stelle.
Perchè Canestrari&Biondo non è un duo qualsiasi. Il primo ha lavorato per quattro anni in Casaleggio&Associati. Conosce i segreti dell’eterea macchina da guerra messa a punto da Gianroberto, ha collaborato attivamente alla vita del sacro blog.
Il secondo è stato il deus ex machina del gruppo parlamentare stellato alla Camera per quasi due anni.
Giacca stazzonata, una sigaretta di tabacco di traverso tra le labbra, nel cortile di Montecitorio era il banco nel dare le carte di quello che si poteva o non poteva sapere. Il sorriso sulla bocca e il ciarliero gesticolare, o gli occhi seri e il mormorare nelle orecchie di un deputato, erano il termometro di quello che bolliva in pentola.
Quando Alessandro Di Battista non era ancora Alessandro Di Battista, ma soprattutto Luigi DI Maio non era ancora il candidato premier in pectore Di Maio.
Ecco, Di Maio. C’è un capitolo in Supernova, che fa letteralmente a pezzi il vicepresidente della Camera.
Tutto costruito su quello che gli autori definiscono “un insider, una fonte parlamentare di alto livello, oggi al vertice della leadeship”. E che si dipana nei mesi in cui l’uno vale uno è diventato, a furia di strappi, carezze e scossoni, tutti per Di Maio, Di Maio per tutti.
Quando nasce il Direttorio, raccontano i due autori, “prende corpo nel gruppo una strategia precisa: quella di trasferire a Roma il baricentro dell’azione. A mettere in campo questa strategia è Luigi Di Maio e un piccolo gruppo a lui legato.
Il primo step è influenzare Casaleggio, convincerlo, anche a causa delle sue pessime condizioni di salute, che bisogna delegare”.
È così che Gianroberto “inizia a comunicare solo con Di Maio”, racconta l’insider, e che “qualunque informazione viene filtrata da lui”.
Presidente del gruppo e tesorire si vedono quindi sostanzialmente tagliati fuori dal rapporto con Milano. Tutto viene delegato a riunioni con il Direttorio, spesso infruttuose. È allora che prende il via la consuetudine di inviare “letterine” da parte dei “capi fondatori, che fanno subito capire chi comanda”.
“Tutto si svolge nel silenzio – sottolineano Biondo e Canestrari, uno dei due fonte diretta di quel periodo – in un cupo delirio omertoso, come ogni delitto politico che si rispetti”.
Un clima che rischia di sfuggire dalle mani di un controllo selettivo che ha poco a che fare con la sterminata immensità del web. Fino al punto di rottura.
La fonte degli autori parla di una specifica mail dei due fondatori. La riportiamo integralmente:
“Cambio regole
– rotazione capigruppo;
– utilizzo soldi (dei gruppi parlamentari, nda);
– allentamento dei due mandati”
È lì che cambia tutto. Il flusso informativo che scende da monte a valle favorito dalla rotazione trimestrale dei capi delegazione parlamentare inizia a inaridirsi.
La gestione francescana e a costo zero delle attività politiche inizia a incrinarsi.
Una classe dirigente inizia a coltivare il desiderio di perpetrarsi, a concepirsi non più come meteora politica ma a vedersi in un orizzonte a lungo termine.
Su tutti, Luigi Di Maio, ormai catena di trasmissione principale se non univoca del triangolo Milano-Genova-Roma. Così “la comunicazione del Movimento (di cui Biondo è stato uno dei principali artefici n.d.r.), prima esclusivamente pensata per Grillo, ha subito un taglio sartoriale sull’immagine di Di Maio”:
“È la carica politica di più alto grado all’interno del Movimento: gli consente di avere uno staff e una segreteria, la possibilità di muoversi in un contesto istituzionale che ad altri è precluso. È l’unico del Movimento a partecipare di diritto alla conferenza dei capigruppo dove si decide il programma dei lavori alla Camera, cosa che gli consente di avere un potere di interdizione e controllo del suo gruppo parlamentare”
Una leadership la cui nascita viene collocata “alla fine dell’inverno del 2014 quando si rende disponibile ad un tour personale nelle piazze e nei MeetUp”, e che “si solidifica nel giugno seguente quando convince Grillo e Casaleggio ad incontrare Renzi, in parallelo con il passaggio di consegne tra Gianroberto e il figlio Davide”.
Il Movimento del suo debutto al gran ballo del Palazzo, quello preso in giro per le assemblee in cui si decideva se fare o meno un’assemblea, delle votazioni per decidere se votare oppure no, si dissolve nel giro di qualche mese.
“Le conseguenze di questa investitura sono state plurime – si legge in Supernova – È stata dichiarata la morte dell’assemblea dei parlamentari, ha dato il via alla nascita di una corrente – una corte dice qualcuno – che ha sostituito i vecchi cerchi magici voluti da Casaleggio, ha appaltato alla sua visione del mondo l’intera comunicazione del Movimento – mentre altri, compreso Di Battista hanno una comunicazione da politica spettacolo senza capacità di impulso strategico”.
Assemblea svuotata, dunque, per fare posto a un sistema correntizio che fa perno su Di Maio e sul fu Direttorio. Per convincere i peones a saldarsi attorno al leader designato, questa struttura inizia a distribuire “parti, ruoli, post sul blog, citazioni pubbliche”.
Un vero e proprio sistema di potere, in cui alla base della piramide ci sono i deputati fedeli al vicepresidente della Camera, blanditi attraverso il passaggio su corsie preferenziali di un emendamento o una proposta di legge e la visibilità concessa da una telecamera.
E sulla sommità una cerchia selezionata di collaboratori che ne cura l’agenda e ne organizza “incontri – quasi tutti privati – con diplomatici, imprenditori, lobbisti, amministratori delegati, direttori di giornali.
Anche qui un tour personale, leaderistico, in cui mai l’aspirante inquilino di Palazzo Chigi ha pensato di coinvolgere altri colleghi e sui quali poche e scarne sono le informazioni in nome della trasparenza”.
La chiosa di tutto questo iter è da distopia orwelliana:
L’investitura nei fatti data a Luigi Di Maio è la seconda tappa del processo di verticalizzazione che il Movimento subisce da parte dei suoi fondatori: la prima ha visto la compressione autoritaria dei diritti degli iscritti, questa più recente scardina del tutto i principi fondativi, struttura definitivamente un partito padronale, che decide la leadership parlamentare e costruisce intorno ad essa un muro di protezione, relazioni, alleanze. Se nel Movimento la parola di Casaleggio, e la voce di Grillo, fanno e disfanno linee politiche e carriere, nel gruppo parlamentare questo compito è nelle mani di Luigi Di Maio.
Il finale di questa storia è tutto da scrivere. Dipenderà soprattutto dalla vittoria del Movimento 5 stelle alle prossime elezioni.
Allora Di Maio dovrà formare un governo e dovrà governare. Se ci riuscisse, si svincolerebbe definitivamente dall’ombrello di Roma e Genova.
E il Movimento 5 stelle avrebbe definitivamente chiuso il cerchio della propria trasformazione.
O, per dirla con Biondo e Canestrari: “A quel punto il Movimento non sarà altro che lui”.
(da “Huffingtonpost”)
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