CONGRESSO SUBITO E CAMBIO DEL NOME TOGLIENDO QUELLO DI SALVINI: COSI’ NELLA LEGA VOLEVANO SFILARE IL PARTITO AL CAPITONE
“ERAVAMO PRONTI, ATTENDEVAMO SOLO UN SEGNALE”… LA RIVOLTA DOVEVA SCATTARE IN REGIONE LOMBARDIA, POI RINVIATA PER NON DANNEGGIARE FONTANA
Un congresso straordinario per cambiare nome alla “Lega per Salvini premier”. Trasformandola semplicemente in Lega. Per dare un segnale a Matteo Salvini. E preparare la sua successione all’interno del Carroccio. Questo, secondo la Repubblica, era il piano di alcuni “congiurati” che hanno stoppato tutto per garantire la ricandidatura di Attilio Fontana in Regione Lombardia.
Il piano contro il Capitano, illustrato oggi da Matteo Pucciarelli, parte dal consiglio regionale della Lombardia. La fronda interna era pronta anche a uscire dal partito.
La prima mossa però doveva essere un congresso straordinario per cambiare il nome della Lega per Salvini premier. Trasformandolo semplicemente in “Lega”.
«Attendevamo tutti il segnale, eravamo pronti – confida uno dei congiurati, naturalmente in anonimato, al quotidiano – poi c’è stato lo stop. In questo momento era e rimane troppo importante garantire la ricandidatura di Attilio Fontana».
Il quale fa parte dell’asse dei governatori del Nord insieme a Massimiliano Fedriga e Luca Zaia. Ed è, insieme a Giancarlo Giorgetti, il contropotere che si oppone alla svolta “nazionale” del 2018.
Secondo il racconto la seconda opzione dei congiurati era quella di lasciare il partito. Con un’operazione simile a quella condotta da Luigi Di Maio. Anche per non rischiare alle prossime elezioni. Visto che per il combinato disposto del taglio dei parlamentari e della fuga degli elettori dal Carroccio Salviniano, molti rischiano il posto.
«La malattia esiste e il leader non può più fare finta di nulla, ora dobbiamo fare pulizia delle mezze figure, è finito il momento degli amici al bar, servono merito e competenza», avrebbe sussurrato un altro deputato.
E i numeri delle elezioni comunali gli danno ragione: un solo consigliere eletto a Monza (erano 7), tre a Lodi (idem), due a Sesto San Giovanni. Nonostante la vittoria nella ex Stalingrado d’Italia.
(da agenzie)
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