CONSULTA, RENZI PUNTA AL 3 – 0 MA NON CI RIUSCIRA’
NUOVO VOTO SU BARBERA, PITRUZZELLA E SISTO…MA I NUMERI NON CI SONO
Già si intravede una nube di fumo nero sull’ennesima votazione — la numero 29 — per la nomina di tre giudici della Consulta, prevista per domani: “Proviamo a far passare Barbera — dice una fonte del Pd alle prese con l’organizzazione del voto — almeno ne eleggiamo uno, ma è complicato. Su Sisto e Pitruzzella è ancora più difficile invece ma ci proviamo”.
Eppure Matteo Renzi ha diramato l’ordine che non si cambia schema, magari aprendo la trattativa coi Cinque Stelle, i quali sarebbero disposti a scongelare i loro 130 voti. Danilo Toninelli, colui che si occupa della trattativa per l’M5S, ha fatto sapere a qualche ambasciatore del Pd che loro voterebbero, oltre al professor Modugno (il loro candidato) anche il costituzionalista Massimo Luciani e il professor Guzzetta (al posto di Barbera e Sisto), ma il premier ha fatto rispondere che non se ne parla nemmeno.
Perchè la verità è che la vera posta in gioco non è solo la sostituzione dei giudici mancanti, ma è tutta politica.
E riguarda il “verdetto” che la Corte dovrà emettere quando dovrà dare il parere preventivo sull’Italicum.
Non è un dettaglio, è un obbligo: nella riforma costituzionale è scritto, nero su bianco, che prima di entrare in vigore la nuova legge elettorale sarà sottoposta al vaglio della Consulta che dovrà dire se la nuova legge è costituzionale o meno.
Ecco il passaggio, all’articolo 13 del ddl Boschi che modifica l’articolo 73 e 34 della Costituzione:
Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale su ricorso motivato presentato da almeno un terzo dei componenti di una Camera, recante l’indicazione degli specifici profili di incostituzionalità . La Corte si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata.
Detta in modo grezzo, per Renzi, che considera l’Italicum la pistola perfetta per le elezioni, la corte ha la funzione di chi concede il porto d’armi.
Si capisce dunque perchè, ancora oggi, il capogruppo del Pd Ettore Rosato dice all’HuffPost: “I nostri candidati restano Barbera, Pitruzzella e Sisto. Partiamo da un consenso parlamentare ampio, auspichiamo una fumata bianca”.
Il premier vorrebbe vincere tre a zero, provando a portare alla Corte tre giudici costituzionali che siano ai suoi occhi in primo luogo avvocati difensori dell’Italicum.
I tre candidati, stando ai sondaggi di palazzo Chigi, darebbero garanzie assolute in tal senso, tali da far guardare con ottimismo alla Corte costituzionale, dove — al momento — in materia di verdetto sull’Italicum non ci sono garanzie. Dice un giudice costituzionale all’HuffPost: “Sull’Italicum può succedere di tutto. Nessun pronunciamento è scontato”.
E dà garanzie assolute (al premier) Augusto Barbera, l’unico che ha concrete chance di passare visto che Paolo Sisto ha una fronda dentro Forza Italia e Pitruzzella viene vissuto con imbarazzo da parecchi, in quanto tra quattro giorni a Catania il Gip deciderà se rinviarlo o meno a giudizio.
Nè hanno aiutato, nella sua corsa verso la Consulta, nè l’attivismo del suo sponsor Renato Schifani, nè i suoi rapporti politico-professionali con Totò Cuffaro anni fa.
Almeno, è il ragionamento di Renzi, se passa Barbera si mette la Corte nelle condizioni di funzionare.
Perchè questo è l’aspetto ancor più inquietante della vicenda, considerando anche che stiamo parlando di un organo di garanzie, peraltro in tempo di guerra.
Su 15 componenti, attualmente ce ne sono 12, sulla carta. Nei fatti ce ne sono 11, visto che, come noto agli addetti ai lavori, un giudice per problemi di salute sono più le volte che non partecipa che quelle che partecipa.
Dunque, basta un’influenza e la corte è paralizzata visto che, se non sono presenti almeno in 11 giudici, la corte non si può riunire.
Proprio questo rischio paralisi è stato evocato dal presidente del Senato Piero Grasso nella conversazione con Liana Milella di due giorni fa. Questo il passaggio delicato: “Essendo la Corte al limite del numero legale per poter funzionare, basta un qualsiasi imprevisto o malanno di due giudici per bloccare un imprescindibile organo costituzionale”.
Un rischio che il premier ha ben presente. Ma che, nelle sue priorità , non è inferiore a quello di bloccare l’Italicum.
Se passasse un solo giudice sarebbe una piccola riduzione di entrambi i rischi.
(da “Huffingtonpost”)
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