CONTE E DI MAIO PUNTANO SUI RESPONSABILI, IL PD, LACERATO, FRENA
I FEDELISSIMI DEL PREMIER SETACCIANO IL SENATO… NEL PD LE QUINTE COLONNE DI RENZI VOGLIONO EVITARE LA CONTA IN AULA
“Sono convintissimo che se Conte andasse di fronte al Parlamento gli potrebbe anche andare bene”. Romano Prodi, che di situazioni simili ha una certa esperienza, vaticina una strada che potrebbe portare Giuseppe Conte a rimanere in sella, in un’equazione che non prevede una maggioranza di cui faccia ancora parte Italia viva.
Un consiglio non richiesto, che tuttavia va esattamente nella direzione che in questo momento ha in testa il premier.
Il rapporto con i renziani è lacerato a tal punto che al momento una ricucitura non è una strada percorribile per il presidente del Consiglio. Che ai suoi interlocutori ha spiegato e rispiegato di aver provato e riprovato a tendere la mano a Matteo Renzi, anche ieri, dopo essere sceso dal Quirinale, ma di aver incassato solamente critiche personali e inaccettabili.
Per questo l’unica strada al momento considerata percorribile è quella di un nuovo gruppo organico che al Senato e alla Camera sostituisca la pattuglia di Iv.
Una linea sulla quale, nonostante le perplessità malcelate degli ultimi giorni, si sta ricompattando anche il Movimento 5 stelle.
È Luigi Di Maio a uscire allo scoperto: “Mi appello a tutti i costruttori europei che in Parlamento nutrono la volontà di dare all’Italia la sua opportunità di ripresa e riscatto. Insieme possiamo mantenere la via”. Traduzione: serve un gruppo omogeneo e non una pattuglia raccogliticcia di voti estemporanei, per dare solidità alla nuova maggioranza e a rispondere alle perplessità del Quirinale. Ma non è un dettaglio che la radicalizzazione della crisi ha portato quel pezzo di 5 stelle che già mal tolleravano la coabitazione con Renzi a irrobustire le proprie posizioni: “Renzi è peggio di Salvini”, picchia duro Alessandro Di Battista, mentre l’ex ministra Barbara Lezzi avverte: “A un nuovo governo con i renziani non darò la fiducia”.
Nel Pd gli umori non sono univoci. La cesura che ieri l’ex segretario ha condotto fino in fondo ha lasciato una ferita. Fonti del partito spiegano che i responsabili non ci sono, che l’ipotesi di un voto a giugno oggi è assai concreta. Insieme al pezzo di partito che in reazione si è saldato intorno a Conte ce n’è un altro che sin da subito scinderebbe il destino del governo e quello del Nazareno dal presidente ancora in carica. “Oggi l’interesse nazionale coincide con la ricostruzione e il rilancio della maggioranza politica che ha governato l’Italia dall’agosto del 2019”, dice il portavoce di Area riformista, la corrente guidata da Lorenzo Guerini e da Luca Lotti. E chiede di “evitare duelli rusticani e ripartire dal Quirinale”, in uno schema che prevederebbe una ricomposizione non necessariamente intorno al nome di Conte.
Perchè il tempo diventa un fattore cruciale nella soluzione della crisi.
Dal tempo passa il buon esito o meno dell’”operazione costruttori”. Mettere insieme in un unico gruppo quelli che potrebbero essere centristi attualmente senza una collocazione precisa, transfughi del centrodestra e ex 5 stelle non è un’operazione complessa.
La girandola di contatti è vorticosa. Da Palazzo segnalano l’attivismo di Mario Turco, sottosegretario a Palazzo Chigi, senatore 5 stelle con un legame fortissimo con Conte, ma sarebbe in campo anche Alessandro Goracci, il capo di gabinetto di Conte, per tentare di trovare una quadra.
Al Senato segnalano l’attivismo di Federico D’Incà e del capogruppo Ettore Licheri, mentre nel Pd è Goffredo Bettini a tessere la tela, soprattutto con Forza Italia, terreno minato per i 5 stelle, tenendo aperto un canale di comunicazione con Gianni Letta.
Il punto è che l’operazione costruttori sarà comunque complicato metterla su in una settimana, figuriamoci in una manciata di ore.
Per concedersi un margine di trattativa un minimo più ampio, sia sul versante responsabili sia su quello al momento improbabile di ricomposizione, la maggioranza punta allo shodown non prima del voto sullo scostamento di bilancio, previsto a Montecitorio per il 20 e che il Senato fisserà non prima del 19.
Chiosa un senatore 5 stelle. “Se Renzi ci ha portato via cinquanta parlamentari non escludo che Conte possa trovare una dozzina di senatori che, pur nel centrodestra, non vogliano consegnare l’Italia nelle mani della destra sovranista”. La partita è aperta.
(da “Huffingtonpost”)
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