CONVENTION A CHICAGO, MICHELLE E BARACK OBAMA CON KAMALA HARRIS: “LA SPERANZA STA TORNANDO”
MICHELLE: “SE CI TROVIAMO DI FRONTE A UNA MONTAGNA NON CI ASPETTIAMO CHE CI SIA UNA SCALA MOBILE CHE CI PORTI IN CIMA”….”NESSUNO HA IL MONOPOLIO SU COSA SIGNIFICHI ESSERE AMERICANO”
«Quando gli altri si abbassano ad attaccarci, noi voliamo alto». È la frase più famosa di Michelle Obama, pronunciata alla convention di Philadelphia per la nomination alla Casa Bianca di un’altra donna, Hillary Clinton. Nel suo discorso alla convention di Chicago che ha incoronato ieri Kamala Harris, l’ex first lady ha mostrato chiaramente che è ora di cambiare strategia. Ha denunciato in modo netto e durissimo Donald Trump.
«Per anni Donald Trump ha fatto tutto ciò che era in suo potere per far sì che la gente avesse paura di noi», ha detto Michelle, riferendosi agli attacchi durante gli anni della presidenza di suo marito e alle bugie, già prima, sul suo certificato di nascita. Lo ha accusato di avere una «visione limitata e ristretta del mondo, che lo faceva sentire minacciato dall’esistenza di due persone che lavorano sodo, altamente istruite, di successo e che sono anche nere».
Lo ha criticato insomma per il suo razzismo pur senza usare questa parola: ha evocato le lamentele dell’ex presidente sugli immigrati che si prendono «i lavori dei neri», osservando che qualcuno dovrebbe dirgli che la sua stessa corsa per la Casa Bianca altro non è che il tentativo di impadronirsi di uno di quei lavori.
Perciò, Michelle ha sottolineato la necessità di essere vigili e di difendere il proprio voto. «Se mentono su di lei (Kamala Harris, ndr), e lo faranno, noi dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo superare ogni tentativo di sopprimerci». Michelle resta una delle figure più popolari nel partito democratico.
Mentre parlava, c’era chi tra il pubblico prendeva appunti, chi ripeteva le sue parole come in un sermone in una chiesa gospel. Ha presentato Kamala come una donna della classe media, come lo è la maggior parte degli americani che non hanno «il lusso di ricchezze accumulate per generazioni»: «Se ci troviamo di fronte a una montagna, non ci aspettiamo che ci sia una scala mobile che ci porti in cima» (un chiaro riferimento alla scala mobile della Trump Tower da cui il tycoon discese per candidarsi alla Casa Bianca).
Una frase in particolare è destinata a restare: «the affirmative action of generational wealth» (la cosiddetta «discriminazione costruttiva» che si basa sul «patrimonio generazionale di un singolo»): una critica aperta ai repubblicani che si sono scagliati contro il trattamento preferenziale delle minoranze nell’istruzione (e alla Corte suprema che lo ha rovesciato). «Non possiamo soffermarci sulle nostre ansie sul fatto che questo Paese possa o meno eleggere qualcuno come Kamala, dobbiamo invece fare tutto quello che possiamo in modo di realizzarlo», ha aggiunto. «Nessuno ha il monopolio su cosa significhi essere americano».
Un discorso profondamente personale ma anche profondamente politico, il più efficace finora in questa convention – anche più di quello di suo marito Barack, che pochi minuti dopo è salito sul palco definendosi «l’unica persona al mondo abbastanza stupida da parlare dopo Michelle Obama». Alla fine, marito e moglie hanno sferrato un doppio attacco a Trump dal palco della loro città, che li proiettò 16 anni fa verso la Casa Bianca. La loro presenza ha trasmesso un’energia straordinaria ai delegati nell’arena. Non stupisce che Kamala Harris abbia deciso nella «loro» serata di andare altrove, a sfidare Trump direttamente in Wisconsin, nell’arena dove lui tenne la sua convention. Notevole anche l’assenza di cartelli con i loro nomi («Doug», quando parlava il marito di Kamala, o «Jill» quando parlava la moglie di Biden) per evitare che la forza della loro personalità rischi di oscurare anche Harris.
Quando Michelle e Barack parlavano, ai delegati erano stati distribuiti cartelli che dicevano semplicemente: «Vote», «Votate». Michelle è restia spesso a fare comizi, ma il discorso di ieri ha dimostrato perché sia da tempo temutissima dai repubblicani come possibile candidata alla Casa Bianca (per quanto abbia spiegato più volte di non volerlo fare). Ha detto ieri che non sapeva se sarebbe stata in grado di farcela a parlare alla convention, perché è in lutto per la morte di sua madre, Marian Robinson, scomparsa la scorsa estate. Marian era una presenza costante alla Casa Bianca, dove si trasferì per stare con le bambine Malia e Sasha nel 2009. «L’ultima volta che sono venuta qui, nella mia città, è stato per ricordare mia madre, la donna che mi ha mostrato il significato del lavoro duro, dell’umiltà e della correttezza, la donna che mi ha insegnato i valori morali e il potere della mia voce».
Barack Obama, che ha avuto un ruolo significativo nel ritiro di Biden, ha iniziato invece il suo discorso rendendo omaggio all’uomo che s’è detto «orgoglioso di chiamare presidente, ma ancora più orgoglioso di chiamare amico». Però ha subito aggiunto: «Il passaggio della torcia è avvenuto». La nostalgia per il 2008 era palese nella sala: Barack l’ha evocata più volte con riferimenti ai «better angels» (la parte migliore che bisogna risvegliare negli americani, un richiamo a Lincoln) e con la frase «fired up and ready to go», entrambi slogan della sua prima campagna elettorale. La folla è impazzita quando Obama ha proclamato: «Yes She Can», riferendosi a Kamala Harris. Harris non ha ancora definito la sua posizione su molti temi, lui ha suggerito che «L’America non può essere poliziotto del mondo, ma può essere una forza per il bene».
Ma anche Barack ha visto come il suo compito principale quello di contrapporre all’America di Kamala Harris (e degli Obama) quella di Trump. La prima visione dell’America passa attraverso le donne che hanno cresciuto Michelle (Marian Robinson), Barack (la nonna bianca nata in Kansas) e Kamala (Shyamala Gopalan, che venne dall’India a 19 anni per studiare negli Stat Uniti). Donne provenienti da parti diverse del mondo, che indipendentemente dal colore della pelle avevano in comune i valori: «Sapevano cosa è vero e cosa conta: l’onestà e l’integrità, il lavoro duro», ha detto Barack. Ma ha aggiunto che servono nuove politiche per consentire a chi lavora sodo di avere una casa, l’assistenza sanitaria, le cose belle e necessarie nella vita. «E Kamala lo sa». «C’è qualcosa di magico nell’aria. Il potere contagioso della speranza»: così ha esordito Michelle.
(da Il Corriere della Sera)
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