CORONAVIRUS, IL PROCURATORE PATRONAGGIO: “DEPENALIZZARE LE SANZIONI E’ STATO UN ERRORE, CI VOLEVA PIU’ CORAGGIO”
“OCCORREVA PREVEDERE L’ARRESTO IN FLAGRANZA DI REATO PER CHI METTE A RISCHIO LA SALUTE PUBBLICA E IL SEQUESTRO DEL MEZZO”
Le sanzioni per chi viola le limitazioni agli spostamenti stabilite dal governo non sono sufficienti. Ci voleva più coraggio e consentire, come il nostro ordinamento giudiziario già prevede per reati ben meno gravi, la possibilità dell’arresto in flagranza di reato per chi viola gli obblighi della quarantena ed è dunque accusato di delitto colposo contro la salute pubblica.
E’ l’analisi del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio che apre un dibattito sull’adeguatezza delle sanzioni decise nel decreto legge del 25 marzo.
“A fronte del susseguirsi di decreti e circolari in tema di contenimento dell’epidemia da Convid-19, una vera e propria sovrapposizione di “grida manzoniane” – dice Patronaggio -, il cittadino, ma anche l’operatore professionalmente più qualificato, si trovano sempre più spesso disorientati.
“In ultimo, il DPCM del 25 marzo, che ha depenalizzato, di fatto, l’inosservanza al divieto di uscire da casa, induce grandi perplessità . Se è vero, come è vero, che in un sistema giuridico la sanzione penale è quelle più grave e maggiormente afflittiva (si pensi, senza alcuna condivisione, che in Cina i contravventori al divieto di uscire di casa venivano arrestati e deportati in luoghi lontani dai centri abitati), non si comprende come a fronte di un fenomeno così grave e diffuso, si sia scelta la strada della sanzione amministrativa, non prevedendo, fra le altre cose, il sequestro dell’automezzo del contravventore”.
“Il legislatore – è l’analisi del procuratore di Agrigento – avrà pensato, nella sua discrezionalità , che qui non si vuole mettere in discussione alcuna ma che non può andare esente da ragionate e misurate critiche, che la sanzione amministrativa pecuniaria di importo elevato fosse un deterrente maggiore della sanzione penale prevista dall’art. 650 c.p., o a maggior veduta, dall’art. 260 del T.U. delle Leggi Sanitarie. Invero, in tale ragionamento vi è una errore di prospettiva, non essendosi riflettuto sulla circostanza che “quello che è uscito dalla porta ritornerà dalla finestra”: Si pensi infatti che non solo le Prefetture, organo deputato alla inflizione della sanzione amministrativa, saranno ingolfate ma lo sarà inevitabilmente (e probabilmente inutilmente) anche il sistema giustizia perchè numerosissimi saranno i ricorsi al giudice di pace avverso la sanzione amministrativa erogata”.
Sequestro di auto e moto e arresto in flagranza, secondo il magistrato, sarebbero stati invece opportuni.
“Non avere previsto il sequestro del mezzo da affidare in custodia allo stesso contravventore – sostiene il magistrato – è stato un errore di valutazione, se solo si pensi che la violazione del sequestro amministrativo sfocerebbe inevitabilmente nel reato di cui all’art. 334 c.p. . La strada da percorrere era forse quella coraggiosa, e forse impopolare, della introduzione di una nuova fattispecie penale, punita con la pena della reclusione (si sarebbe così alzato il livello della prescrizione incombente fin dal loro nascere sui previsti reati contravvenzionali ) con la possibilità di arresto facoltativo da parte della polizia giudiziaria, da scontare agli arresti domiciliari (art. 381 c.p.p.). Le garanzie per il cittadino-indagato sarebbero state affidate alla stessa polizia giudiziaria, in prima battuta, e al P.M. in fase immediatamente successiva, che avrebbero valutato la gravità della infrazione in relazione alla pericolosità dell’indagato desunta dalla sua personalità e dalle circostanze del fatto, ordinandone l’immediata liberazione in tutti i casi di errata o infedele applicazione della norma” .
“Il ricorso all’arresto facoltativo in flagranza di reato, da scontare agli arresti domiciliari (del resto oggi tutti i cittadini ligi alla legge lo sono di fatto), non deve scandalizzare se solo si rifletta sul fatto che appare ben più grave mettere in pericolo la salute dei propri concittadini che rubare al supermercato, truffare qualcuno attraverso una falsa inserzione pubblicitaria o appropriarsi dei beni di un socio – osserva il procuratore di Agrigento – E’ possibile che dietro le scelte del legislatore vi sia una latente sfiducia nella magistratura inquirente e una complessiva inaffidabilità del sistema repressivo penale, dove sempre più spesso le pene inflitte non vengono espiate dando luogo a quella elusione della effettività della sanzione penale di cui si è molto discusso nel corso di questa legislatura.
La magistratura e la società tutta, devono prendere spunto da questa grave vicenda emergenziale per affrontare un nodo irrisolto della odierna vita politico-sociale: il sistema giustizia è in grado di affrontare gravi problemi di sicurezza nazionale?
Ieri l’altro il terrorismo e la mafia, e ancora ieri la corruzione ed oggi il contenimento dell’epidemia, ovvero si deve continuare a procedere senza progettualità e senza convergenze di energie e di saperi, lasciando il contrasto a gravi fenomeni criminali a politiche talvolta incerte e contraddittorie? Arrestare l’epidemia è un obbligo che oggi non può essere eluso: ognuno con i suoi strumenti e i suoi mezzi, con estrema fermezza ma sempre nel rispetto delle garanzie e delle libertà democratiche”.
(da “La Repubblica”)
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