COSA SUCCEDE SE A BERLUSCONI MANCANO I VOTI
GIANNI LETTA E IL PIANO B
Cosa succede se a Silvio Berlusconi mancano i voti per diventare presidente della Repubblica? Attualmente, a 85 anni suonati, il Cavaliere può contare sull’operazione Scoiattolo. Ovvero sullo scouting che i parlamentari a lui vicini come Vittorio Sgarbi stanno effettuando sui Grandi Elettori. I conti della serva dicono che gli mancano una sessantina di voti.
E c’è il fantasma dei 101 di Prodi da combattere. Perché, come ha spiegato ieri Open, ci saranno anche franchi tiratori nel centrodestra a mettere in pericolo il conto totale. Per questo alla fine il Cav potrebbe ritagliarsi un ruolo di king maker. Ma intanto il suo fedelissimo Gianni Letta è stato avvistato ieri a Palazzo Chigi per un colloquio con Antonio Funiciello, capo di gabinetto di Mario Draghi.
Se il Cavaliere fa flop
Tutti gli occhi sono puntati sulla quarta votazione. Con l’abbassamento del quorum per lui c’è l’occasione di vincere. Ma anche quella di registrare un flop. Basta che prenda qualche voto in più di quelli considerati sicuri perché provenienti dal centrodestra per mettere in pericolo la sua candidatura.
In quel caso, sostiene il Corriere della Sera, per Berlusconi sarà il momento dell’addio: «Sappiate che se mi renderò conto che i voti non ci sono, sono pronto al passo indietro». Ma intanto, sostiene il quotidiano, tra gli alleati serpeggia un po’ di paura.
Matteo Salvini sente da giorni i suoi che gli disegnano scenari preoccupanti: «Il kingmaker diventa il Cavaliere», oppure «dopo una candidatura di bandiera, mezzo Parlamento se ne uscirà con il nome di Draghi. E noi come potremmo fare a dire di no?».
Ma c’è uno scenario ancora peggiore: «Berlusconi andrà avanti diritto a esplorare le sue possibilità. Poi, quando si renderà conto che i numeri non ci sono, via libera a Giuliano Amato». E addio presidente di centrodestra.
Ma la verità è che la coalizione un vero e proprio piano B non ce l’ha. Giorgia Meloni teme che alla fine si resti tutti con un nome solo da votare. Ovvero quello di Mario Draghi. Intanto Giovanni Toti mette in guardia tutti: «Se il centrodestra dovesse fallire sul Cavaliere, poi avrebbe difficoltà a far dialogare gli altri».
Così come Osvaldo Napoli: «Le elezioni vanno costruite con il dialogo, non con il pallottoliere». Ma Silvio per ora non vuole dare retta a nessuno. È convinto che sarebbe folle scoprire ora le carte. Soltanto in presenza di un chiaro segnale di sconfitta cambierà cavallo. Perché solo allora, come dicono i suoi, deciderà e «non è un pazzo, non andrà allo sbaraglio».
Il lodo Letta
ntanto ieri le agenzie di stampa hanno raccontato che Gianni Letta si è presentato a Palazzo Chigi. E, scrive La Stampa, lo ha fatto all’insaputa di Berlusconi. «Che vuol dire che è andato a Palazzo Chigi stamattina? Prima del vertice?», avrebbe chiesto Silvio ai suoi secondo la ricostruzione di Ilario Lombardo.
Funiciello ha la delega di Draghi a trattare con i partiti. Lo ha fatto in occasione delle nomine in Rai. Per questo gli uomini di Berlusconi si chiedono quale sia il tavolo su cui sta giocando Letta. Magari, sostengono, sta accarezzando l’idea di andarci lui al Quirinale al posto di Silvio. Il che costituirebbe il colpo di scena finale di un Romanzo Quirinale di prima categoria.
C’è chi, con meno fantasia, costruisce però un altro scenario. Secondo il quale Gianni starebbe lavorando per il nipote Enrico. Il quale ha capito che per il Partito Democratico esultare per il risultato del Quirinale sarà difficile visto che il centrodestra ha i voti. A meno che alla fine non riesca a portare al Colle Draghi. Oppure non si tiri fuori un nome dal cilindro all’ultimo. Magari una donna.
(da Huffingtonpost)
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