D’ALEMA CONTRO RENZI: “NON POSSIAMO FARE LE REGOLE PER LUI”
“CHIEDE DI DEROGARE SOLO QUANDO BISOGNA FARLO PER LUI”… TENSIONE NEL PD, CON I RENZIANI ALLE CORDE
Il fuoco di sbarramento contro Renzi questa volta parte da D’Alema.
È l’ex premier a ricordare al sindaco fiorentino che proprio lui ha approfittato della fine dell’automatismo per cui nel Pd il segretario è anche il candidato premier.
«Lo Statuto del partito lo abbiamo derogato per Renzi, quando bisogna derogare per Renzi bisogna derogare, quando non bisogna derogare per Renzi non bisogna derogare, mica possiamo sempre usare le regole per Renzi…».
Avverte D’Alema che non è tempo di eleggere il premier, mentre il partito avrà bisogno di un successore di Epifani alla segreteria.
«Non conosco nessun partito – ironizza – che faccia le primarie per il candidato premier quando non ci sono le elezioni »
E sulla questione, torna la sintonia tra D’Alema e Bersani.
L’ex segretario bacchetta a sua volta il “rottamatore”: «Vuole la regola con cui non poteva concorrere».
Renzi in realtà cercherà una mediazione. I renziani nella prossima riunione del comitato per le regole proporranno che lo Statuto resti invariato (il segretario quindi è il candidato premier)prevedendo però la deroga che sarà comunque il neo segretario a decidere, come già fece Bersani consentendo a Renzi di sfidarlo.
Il sindaco “rottamatore” è in corsa di fatto per la segreteria, anche se non ha ancora sciolto la riserva.
E a proposito della sua affermazione alla Faz precisa e minimizza: «Ho rilasciato un’intervista al quotidiano tedesco che parlava di Europa e di lavoro, e sui giornali italiani sono finite due righe sulle primarie italiane e sulla norma statutaria del Pd che dice che chi vince il congresso è il candidato leader. È una norma statutaria oggi prevista, domani chissà ».
Giornata di tensione per Renzi.
Che denuncia «il duro attacco politico avuto dal cardinale Betori ».
Nell’omelia l’arcivescovo di Firenze aveva parlato della «voglia improvvida di trasgressione », a proposito dello scandalo escort a Palazzo Vecchio.
Il sindaco se ne è risentito: «È giusto descrivere Firenze come una città in cui la mission è trasgredire, che vive in una sorta di squallore? … io difendo la dignità di decine di migliaia di fiorentini perbene che non possono essere descritti come partecipanti a un’orgia».
Se a Firenze il clima politico è rovente, non è da meno a Roma, nel Pd.
Dai bersaniani a Cuperlo, candidato leader (che oggi presenta il suo manifesto) della sinistra del partito, al segretario Epifani, tutti puntano a distinguere leadership (del partito) da premiership.
I renziani cercheranno di evitare il muro contro muro nel “comitatone” per il congresso.
Sono convinti d’altra parte che spetta poi all’Assemblea nazionale decidere, e si vedrà lì quale linea avrà la maggioranza.
«No a un segretario- burocrate», afferma Lorenzo Guerini, renziano, nel comitato.
«No a un segretario di serie B», rincara un altro renziano, Davide Faraone. Di certo una leadership (senza premiership) è meno insidiosa per il governo Letta.
«Chi guida il partito deve farlo a tempo pieno», afferma Enrico Rossi, il “governatore” della Toscana, bersaniano.
Uno stop al dibattito sulle regole viene da un altro candidato alla segreteria, Gianni Pittella, europarlamentare, che concorda con Renzi: «Non si capisce perchè le regole debbano essere cambiate ogni sei mesi».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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