DALL’AFFLUENZA AL TASSO DI INFEDELTA’, I NUMERI CHE AGITANO LA CORSA DEL SINDACO
LA SOGLIA DEI VOTANTI ALLE PRIMARIE PD SI ABBASSA ANCORA: ORA SIAMO A 1,8 MILIONI
Una previsione che è quasi un sillogismo, un-due-tre e via: Matteo Renzi ha vinto tra gli iscritti; il sindaco è più forte tra i non tesserati; la sua vittoria finale sarà maggiore che nei circoli.
Queste le proiezioni che circolano mentre si avvicinano le primarie dell’8 dicembre. Troppo semplice, si dirà : nessun bookmaker pagherebbe troppo il successo del sindaco.
Più fruttuoso allora puntare a indovinare il risultato: capire in che misura e come. Sull’exploit del favorito, infatti, incombono diverse questioni.
La prima è l’affluenza: indice di buona salute del Pd e misura di legittimazione del segretario.
«Se vota meno di un milione e mezzo di persone è una sconfitta. Se votano 2 milioni è un bel risultato», continua a dire Renzi. È atteso un calo.
Il trend è in costante discesa: «Dai 4,3 milioni nel 2005 alle primarie vinte da Prodi si è arrivati ai 3,6 milioni di Veltroni e ai 3,1 milioni di Bersani nel 2009 e 2012», dice Fulvio Venturino, dell’ateneo di Cagliari, coordinatore con Luciano Fasano, dell’Università di Milano, di Candidate & Leader Selection (gruppo di studio della Società italiana di Scienza politica che da diversi anni effettua analisi e rilevazioni sulle primarie).
E la discesa continuerà , l’elenco dei motivi è lungo: «Sono primarie di partito; si viene dal caos tessere e il Pd non ha dato grande immagine di sè; non siamo in campagna elettorale come nel 2012».
E, cattivo presagio, i dati in picchiata arrivano anche dalla prima linea dei militanti: 300 mila voti nei circoli contro il mezzo milione del 2009.
La previsione è quindi che ai gazebo si presentino intorno ai 2 milioni o meno (1,8 milioni).
Poi, al di là dell’affluenza , vincere non basta: bisognerà superare la metà delle preferenze.
Altrimenti i primi due candidati andranno al ballottaggio nell’assemblea nazionale: qui siedono i 1.000 delegati eletti l’8 dicembre (in misura proporzionale ai voti dei tre candidati), 100 tra senatori, deputati ed europarlamentari, i 20 della commissione congresso e i segretari regionali.
Il quorum sarebbe quindi a 571 e sono possibili accordi tra secondo e terzo classificato.
Ma, per le proiezioni di C&LS, il sindaco supererà la soglia: prenderà tra il 58%, nel peggiore dei casi, e il 68%. «In tutte le scorse primarie la proporzione tra iscritti e non iscritti è sempre stata la stessa: un tesserato ogni 4 elettori delle primarie, i “selettori”», indica Venturino.
Ipotizzando 1,8 milioni ai gazebo, quindi, gli iscritti saranno 450 mila: «Renzi può contare sulla metà di questi, in base al risultato del voto dei circoli (45,3%, più l’endorsement di Pittella)».
Un anno fa Renzi fu sconfitto da Bersani: 36% a 45% al primo turno.
Ma se tra gli iscritti fu una batosta (20% contro 74%), tra i non iscritti la spuntò il sindaco (41% contro 38%).
«E oggi non affronta il leader del Pd ma personaggi meno noti, e con un partito che, anche per opportunismo, ha in parte cominciato ad appoggiarlo. Tra i non iscritti prevediamo che raggiunga il 75%». Più di un milione di elettori che, con oltre 200 mila preferenze tra gli iscritti, lo farebbero balzare al 68%.
«Ma, anche con una performance bassa tra i non iscritti come il 60%, il risultato finale non va sotto il 58%».
I nodi, però, non sono ancora sciolti del tutto. Perchè alle primarie, a differenza delle Politiche, conta anche chi ha perso. Si vota il segretario, certo, non il candidato premier: questa sarà battaglia del dopo congresso.
Intanto ci si può chiedere: i sostenitori degli sconfitti, voterebbero il vincitore in caso di elezioni? Il tasso di «infedeltà » è in aumento: sempre più «quote consistenti di supporter dei candidati sconfitti tenderebbero successivamente a rifugiarsi nell’astensionismo o nella defezione (il voto per uno schieramento concorrente)», nota Fasano (ricerca condotta con Mariano Cavataio).
E questo «anche tra iscritti e veterani», tradizionalmente fedelissimi.
Gli «infedeli» erano, tra i non iscritti, il 6,1% nel 2007, sono lievitati al 11,3% nel 2013 (il 55,4 è certo di votare comunque il vincitore).
Tra gli iscritti: si passa dal 2,6% al 5,7%.
La conquista di partito ed elettori dovrà andare in scena anche dopo le primarie.
Renato Benedetto
(da “il Corriere della Sera“)
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