DEGRADO, ILLEGALITA’ E CONFLITTO SOCIALE: NON C’E’ SVILUPPO SENZA IL RILANCIO DELLE PERIFERIE
DA SCAMPIA A NAPOLI ALLE DIGHE A GENOVA FINO AL CORDIALE DI ROMA: IL RAPPORTO DELLA COMMISSIONE SULLE PERIFERIE
Lo Zen a Palermo, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, le Dighe a Genova.
Quartieri simbolo di quelle periferie nelle quali, da Nord a Sud, oggi, vive e lavora gran parte degli abitanti del nostro Paese.
Luoghi ai margini, da “rigenerare”, come da anni si fa in Europa.
Secondo la Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, serve un grande progetto nazionale.
Si tratta di luoghi diversi per conformazione fisica e condizioni sociali, “ma egualmente interessati da fenomeni di degrado, marginalità , disagio sociale, insicurezza, da una minore dotazione di servizi”, la cui condizione “desta particolare allarme sociale” sul fronte “della sicurezza, dell’ordine pubblico, dell’integrazione della popolazione straniera”.
Nelle periferie si concentrano “diversi fenomeni di illegalità , a partire dall’insediamento dei clan della criminalità organizzata”, “discariche, roghi di materiali tossici fino allo smaltimento illegale di rifiuti”, e oggi proprio le periferie rischiano di trasformarsi nel teatro delle guerre tra poveri, “di alimentare il conflitto sociale tra ceti deboli, fra italiani impoveriti e migranti senza collocazione”.
La Commissione, presieduta da Andrea Causin, deputato di Forza Italia, lancia l’allarme attraverso una relazione frutto di un anno di lavoro – dal 25 novembre 2016 al 14 dicembre 2017 – nella quale ha chiuso gli studi sul tema, gli esiti dei sopralluoghi nelle più note e popolose periferie del Paese e le proposte per intervenire su queste aree “come una vera e propria strategia nazionale”.
A partire dalla “questione abitativa che – scrive la Commissione – potrà essere risolta dando maggiore impulso alle politiche residenziali pubbliche”.
Dai dati di Federcasa, risulta che oggi sono 650mila le famiglie in possesso dei requisiti che hanno presentato domanda per un alloggio pubblico.
Di contro, 49mila abitazioni dell’edilizia residenziale pubblica – pari al 6,4 per cento dell’intero patrimonio – risultano occupate abusivamente.
E l’occupazione degli immobili “può servire da copertura ad attività criminali come lo spaccio di stupefacenti o la ricettazione” si legge nel dossier presentato anche oggi dal vicepresidente, il deputato dem Roberto Morassut, insieme al suo libro “Le borgate e il dopoguerra” con gli ex sindaci di Roma, Walter Veltroni e Francesco Rutelli.
Il presupposto da cui si parte è che il rilancio delle periferie può imprimere grande impulso allo sviluppo delle città e, insieme all’auspicio che il prossimo Parlamento mantenga alta l’attenzione sul tema istituendo in via permanente una Bicamerale per le città e le periferie, la Commissione che ha lavorato per un anno, passando il testimone, indica alcune possibili strade da percorrere per affrontare la questione. Quattordici le città metropolitane (Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari), messe sotto la lente. Roma detiene il primato delle periferie più popolate, seguita da Torino, Milano e Napoli.
In totale, nelle grandi città italiane quindici milioni di persone abitano in aree periferiche “tradizionalmente intese”, caratterizzate anche da “famiglie disagiate e vulnerabili e giovani generazioni fuori dai circuiti attivi e occupazionali”. Ma – prosegue il report – se a questi su aggiungono i residenti in zone urbane a vario titolo in difficoltà , la popolazione interessata a interventi significativi in questo campo costituisce la maggior parte degli italiani”.
Di qui la necessità di “mettere in cantiere un grande progetto nazionale” ispirato ai principi dell’Agenda urbana europea, sottoscritti anche dall’Italia, con il patto di Amsterdam, il 30 maggio 2016, tra i quali la tutela della qualità della vita, della salute e della sicurezza dei cittadini, l’inclusione sociale, il sostegno all’accesso alla casa e all’abitare dignitoso e sicuro, lo sviluppo di reti per la mobilità sostenibile.
Sul fronte delle occupazioni abusive, “la strategia da adottare è l’intervento immediato entro le quarantotto ore per evitare che il protrarsi dell’occupazione possa creare situazioni ingestibili”, scrive la Commissione.
Mentre per spegnere i roghi tossici ed eliminare “il pericoloso fenomeno particolarmente presente a Roma, Napoli, Torino e in parte anche a Milano”, l’indicazione è attivare “un più stringente controllo anche con l’esercito è la video sorveglianza) dei campi e dei luoghi in cui vengono appiccati.
“Oggi le periferie rappresentano l’effettiva natura delle grandi città – si precisa nel dossier – soggette a fenomeni dirompenti come la longevità , la crisi del ceto medio urbano, il multiculturalismo, il disagio giovanile”.
Secondo le stime Eurostat, l’83 per cento degli abitanti residenti nelle città metropolitane vive in periferia: nei territorio densamente urbanizzati del nostro Paese – è un altro dato contenuto nella relazione della bicamerale di inchiesta – oltre 17,4 milioni di residenti vive al di fuori dei centri storici e delle aree centrali”.
Abitare in sicurezza, trasformare il degrado in decoro: questi gli indirizzi ai quali, secondo la Commisione, il nuovo Parlamento e il nuovo Governo dovranno orientare il proprio intervento sulle periferie, definite “le aree di un ‘nuovo confine’ con cui misurare l’efficacia della politica pubblica”.
Individuando “un punto di riferimento dell’amministrazione centrale cui imputare la guida del processo di intervento”, con “il compito di coordinare la politica per le città e definire l’Agenda urbana nazionale” si legge ancora nella relazione. “È convinzione della Commissione che solo un punto centrale di coordinamento delle politiche, dotato di poteri, struttura amministrativa e risorse, possa efficacemente affrontare il tema delle periferie, della sicurezza e della rigenerazione urbana”.
Ma, pare di capire leggendo il dossier, i commissari, di convinzione, ne hanno anche un’altra: è necessario aggiornare le strategie di azione.
“In Italia gli strumenti tradizionali per la costruzione della città pubblica – il piano regolatore generale secondo la legge n. 1150 del 1942, l’espropriazione per pubblica utilità , gli oneri di urbanizzazione – che pure hanno svolto un ruolo importante di promozione e miglioramento delle città , oggi sono insufficienti”.
E quindi occorre “una riforma legislativa per il governo del territorio, che chiuda l’epoca dell’espansione urbana” e inaugura quella “della trasformazione e della rigenerazione”.
Tra gli strumenti indicati figurano il contributo straordinario per il prelievo e la ridistribuzione della rendita fondiaria urbana, gli incentivi per il rinnovo edilizio, la cessione compensativa delle aree per il verde. Una riforma vera e propria, quella auspicata dalla Commissione, “che deve toccare anche aspetti di riforma della fiscalità generale, fornendo un quadro di indirizzi di riferimento per gli enti regionali”.
Ancora, per contribuire a risolvere la grande questione dell’abusivismo edilizio – che si registra da Nord a Sud e non solo nelle periferie – vengono indicate una serie di misure, tra le quali l’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi da demolire e l’adozione di un metodo ben strutturato per gestire le eventuali emergenze abitative e sociali delle famiglie che dimostrino di non avere altro immobile in cui abitare.
Per la Commissione è “urgente” che il Parlamento e il Governo che verranno ridefiniscano un programma per l’edilizia residenziale pubblica e sociale, “prevedendo – per cominciare – nuovi e regolari finanziamenti” e, tra le altre cose, che si definiscano una “nuova legge quadro” per fornire riferimenti certi e omogenei da Nord a Sud alle Aziende casa e una nuova fattispecie di reato “nei casi in cui dietro le occupazioni e le gestioni abusive di più immobili ci siano organizzazioni criminali”, come, fanno notare i commissari, “è emerso in molte situazioni” affrontate.
Per rispondere alla richiesta di un maggiore e più capillare controllo del territorio, che continua a levarsi dalle aree più lontane dei centri urbani, la Commissione, precisando che “è fondamentale” la presenza più massiccia delle forze dell’ordine, propone l’attivazione dei “patti di sicurezza”, accordi di collaborazione e solidarietà tra enti locali e Stato.
Poi ci sono i campi Rom e coloro che nella relazione vengono definiti “invisibili”, ossia i clandestini che non ottengono lo status di rifugiato, circa il 10 per cento dei sei milioni dei residenti regolari.
Per entrambi i fenomeni – “che in alcune periferie assumono carattere di urgenza e pericolosità allarmante”, si legge nel report – la Commissione ritiene necessario “porre alla base di ogni politica di sostegno e integrazione il ripristino della legalità “.
“La presenza di Rom e sinti abitanti nei campi e in situazioni di precarietà (per metà italiani, non più “nomadi”, per metà minori) – prosegue il dossier – è potenziale fonte di conflitto sociale nelle periferie”: di qui l’indicazione ad attuare “La strategia nazionale di inclusione” di Rom, sinti e Camminanti (2012-2020) approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio di sei anni fa.
Più in generale, per rigenerare le periferie, la Commissione invita a puntare sul rafforzamento della scuola, l’ampliamento dei servizi educativi per l’infanzia e sul coinvolgimento dell’associazionismo diffuso, particolarmente nelle aree più lontane dal centro delle città .
Con l’obiettivo di stringere quello che viene definito “un patto sociale e civico”, in virtù del quale “favorire, nella concessione a prezzi agevolato o in uso gratuito di immobili, le associazioni di volontariato, in particolare quelle che partecipano ai progetti di rigenerazione delle aree periferiche e degradate”.
“Rigenerazione”, già . La strategia arriva dall’Europa ed è all’Europa che la Commissione di inchiesta invita a guardare il Parlamento e il Governo che si insedieranno dopo il voto del 4 marzo. Avvertendo: “L’insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali, ha lasciato pericolosi vuoti soggetti al degrado ambientale, all’insediamento criminale, all’abusivismo e ai ricorrenti fenomeni di illegalità “.
(da “Huffingtonpost”)
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