DELL’UTRI, I TRUCCHI E LA RETE LIBANESE PER SALVARSI ANCORA
BOTTE DI FERRO…LA PROTEZIONE DELL’EX PRIMO MINISTRO HARIRI
Solo dopo quattro giorni di detenzione nella foresteria della Caserma di Polizia di Beirut, Marcello Dell’Utri per “ragioni umanitarie” è stato trasferito nell’ospedale privato convenzionato con lo Stato Al Hayat che in libanese vuol dire vita.
Sulla base del referto del cardiologo il procuratore generale ha decretato incompatibili con la detenzione le sue condizioni di salute che necessitano di monitoraggio continuo.
Nell’ospedale, dove Dell’Utri è piantonato, lo ha incontrato il collega Francesco Viviano (Repubblica ) che quando ha tentato di fotografarlo è stato fermato dalla polizia (insieme a Giuseppe Guastella del Corriere ).
“Era molto affaticato — ha raccontato Francesco Viviano — indossava una tuta marrone, aveva la barba lunga e le manette ai polsi”.
Quali sviluppi potrebbe avere la vicenda? Per capirlo è bene sapere chi è e quanto conta l’uomo che secondo il gemello dell’ex senatore gli avrebbe garantito protezione.
Il suo nome è Saad Hariri, figlio dell’ex Primo ministro libanese Rafiq assassinato, leader di “Movimento Futuro”, anche lui è stato premier negli anni in cui lo fu Berlusconi.
Hariri, che vive tra Parigi e l’Arabia Saudita, secondo Forbes è il 522° uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 1,4 miliardi di dollari, presidente della Commissione Esecutiva di Oger Telecom che gestisce le telecomunicazioni in Africa, della Omnia Holdings, siede nel cda della Oger International Entreprise de Travaux Internationaux. Hariri, come ci conferma uno dei rappresentanti del suo movimento a Roma, a fine marzo, proprio mentre Dell’Utri preparava la sua fuga in Libano, si è recato in visita privata nella capitale.
Ma su chi ha incontrato all’hotel Parco dei Principi bocche cucite.
Nel governo libanese Hariri ha i suoi uomini: il Primo Ministro Tamam Salam e il Ministro della Giustizia, Nuhad Al Masch Nuc, deputato del suo stesso partito, proprio quelli ai quali spetterà dire l’ultima parola sulla richiesta di estradizione di Dell’Utri dopo quella del Procuratore generale Samir Hammoud, che, come tutti i magistrati più alti in carica, è una nomina politica e risponde al Ministro della Giustizia.
Anche la scelta di Dell’Utri di farsi difendere da Nasser Al Khalil, musulmano sunnita come Saad Hariri, non suona casuale.
Se la richiesta di estradizione, come sancito dall’accordo bilaterale tra Italia e Libano del 1975, non dovesse arrivare entro 30 giorni, quindi entro il 12 maggio (Dell’Utri è stato arrestato il 12 aprile) ,scadrebbe la custodia cautelare provvisoria della durata di un mese e di conseguenza anche l’estradizione non potrebbe più essere richiesta. Intanto dal Libano arriva la richiesta che tutti gli atti a corredo per l’estradizione, migliaia di pagine della storia processuale, siano tradotti in arabo.
Il ministero della Giustizia italiana risponde di non aver ricevuto alcuna richiesta in tal senso, che il trattato Italia-Libano prevede invece la traduzione in francese e assicura che tutto perverrà , ben prima del termine di scadenza.
E aggiunge che se la Cassazione confermerà la sentenza di Appello, il Ministero sarà pronto ad inoltrare immediatamente la domanda di estradizione a fini esecutivi.
Ma tutto si gioca sul filo del rasoio. L’udienza è stata fissata per venerdì 12 maggio ma la sentenza potrebbe slittare a lunedì 12, quando scadrebbe l’arresto provvisorio.
E anche fosse di condanna e venisse emessa in tempo, i difensori potrebbero appellarsi al fatto che il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” in Libano non esiste, o potrebbero invocare l’art. 17 del trattato che esclude l’estradizione per i reati politici.
Insomma, i giochi sono aperti e le carte infinite. Il tempo e la disponibilità che sarebbe stata garantita da Saad Hariri, giocano a favore del braccio destro di Berlusconi che potrebbe tornare ad essere un libero cittadino in Libano dove avrebbe già potuto aver messo al sicuro ciò che gli servirebbe per vivere serenamente il tempo che verrà , in uno dei tanti conti cifrati di quello che, nonostante non faccia parte della black-list è, di fatto, un paradiso fiscale.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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