DI MAIO E SALVINI, I LIBERALI PASSEPARTOUT
GLI EX DIOSCURI DEL POPULISMO-SOVRANISMO SI PROFESSANO SEDICENTI LIBERALI, MA NON SANNO QUELLO CHE DICONO
“Siamo liberali”. Queste due paroline ormai per l’attuale classe politica sono l’equivalente del vestito buono per lo zotico di campagna che vuole entrare in società .
Una scorciatoia lessicale per chi si vuole accreditare nel consesso civile e istituzionale, un passepartout per rassicurare e accreditarsi, un modo per dire al mondo: “non siamo più gli strambi, mattacchioni, eccentrici e inaffidabili di una volta ma siamo cresciuti e siamo pronti a rappresentare il ventre molle e moderato della società italiana”.
L’ultimo in ordine di apparizione ad aver pronunciato quelle due paroline magiche è oggi Luigi Di Maio, ex capo politico M5s e ministro ininterrottamente negli ultimi tre governi, in un’intervista a Repubblica: “Il Movimento è ora una forza moderata e liberale”.
Prima di lui ci era arrivato però il suo amico-nemico Matteo Salvini che lo scorso ottobre al Corriere della Sera si diceva sinceramente votato “a una rivoluzione liberale”, folgorato dalle idee del suo consigliere dell’epoca, lui sì liberale per davvero, Marcello Pera.
Mai come in questo caso quelle due paroline finiscono per scindere significante e significato. Laddove essere liberali non s’intende più come collocazione e affiliazione a una precisa dottrina politica ma diventa semplicemente un sinonimo di centrista, moderato o comunque non-estremista.
Perchè se si vanno prendere le parole d’ordine, i temi portanti e financo la visione del mondo di Di Maio e Salvini, di M5s e Lega, c’è tutto tranne che un approccio liberale.
Anche adesso che i due si ritrovano di nuovo nello stesso governo guidato da Draghi (lui certamente più liberale di entrambi).
Basta prendere tre grandi temi – la politica economica, la giustizia e la sicurezza – per rivelare l’inganno o quanto meno l’equivoco.
I 5 stelle in economia sono tutt’altro che liberali: propugnano e attuano una massiccia e invasiva presenza dello stato nella vita economica, sia delle imprese che dei cittadini.
Così come Di Maio&Co. – per usare un eufemismo – sono tutt’altro che garantisti nell’approccio alla politica della giustizia: qui basta citare la riforma Bonafede della prescrizione. Così come la Lega ha sempre teorizzato e attuato una politica securitaria di stampo law&order, molto lontana dalle garanzie e dalla tutela dei diritti civili: riforma della legittima difesa e decreti Sicurezza, per rammentarne solo un paio.
E però sono tutti liberali, vogliono tutti una rivoluzione liberale, parlano tutti al popolo liberale. Con quest’ultimo che sembra sempre più come l’Araba fenice di Mozart: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!
Sicuramente non lo sanno loro due, Di Maio e Salvini, gli ex dioscuri del populismo-sovranismo autoconvertitisi al liberalismo.
(da agenzie)
Leave a Reply