DIVISI ALLA VETRATA: AL QUIRINALE DUE LINEE OPPOSTE TRA LEGA E FORZA ITALIA
BERLUSCONI VUOLE UN GOVERNO “DI ALTO PROFILO” E SENZA CINQUESTELLE… SALVINI VUOLE ALLARGARE AI GRILLINI
Divisi alla Vetrata. Uscendo dallo studio di Sergio Mattarella dopo i colloqui previsti dalle consultazioni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi enunciano soluzioni divergenti sull’atteggiamento da tenere nei negoziati per la formazione del governo.
Il leader di Forza Italia risponde al veto di Luigi Di Maio sulla sua persona con un altro veto.
Dice no all’alleanza del centrodestra con i 5 Stelle, e si dice disposto a sostenere un governo con una “presenza di alto profilo”, in grado di rassicurare l’Unione europea. Un’apertura dunque a nomi suggeriti dal capo dello Stato, in gergo giornalistico al “governo del Presidente”.
Per Salvini, l’intero centrodestra deve invece “coinvolgere i 5 Stelle” nella maggioranza, per dare luogo a un esecutivo stabile, capace di durare per tutta la legislatura. Se così non sarà , meglio tornare alle urne.
Tra le righe, c’è un messaggio rivolto al capo politico del Movimento, atteso al Colle questo pomeriggio. Il senso è questo: rompere con Berlusconi si può, ma a condizione di creare un esecutivo capace di consolidare nel tempo la centralità di 5 Stelle e Lega. Se la prospettiva sono le elezioni a ottobre, tagliare i ponti con Forza Italia non può essere un’opzione.
Sono da poco passate le 11 e 30 quando il leader di Forza Italia, al termine dell’appuntamento con il capo dello Stato, scandisce che l’Europa “non perdonerebbe certo populismi, dilettantismi e improvvisazioni” al potere.
Tradotto: mai un governo con il Movimento. Si dice non disposto a sostenere un esecutivo “in cui prevalgano invidia odio sociale pauperismo giustizialismo”, malgrado alle urne abbia prevalso un voto fondato su “dispetto, protesta, malcontento”.
Con accanto le due nuove presidenti dei gruppi parlamentari, Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, il leader evoca una “spirale recessiva, fatta di disoccupazione, tasse, fallimenti a catena a partire dal settore bancaria”, qualora a Palazzo Chigi si insediasse un premier sostenuto da forze populiste.
Tutt’altra musica, come si diceva, suona all’esterno dello studio del Presidente della Repubblica circa un’ora dopo, quando a parlare è Salvini.
Il numero uno del Carroccio è accompagnato dai capigruppo al Senato e alla Camera, Gian Marco Centinaio e Giancarlo Giorgetti: “Faremo di tutto per dare un governo che duri cinque anni ovviamente partendo dal centrodestra, coinvolgendo il Movimento 5 Stelle, senza altre soluzioni temporanee e improvvisate”.
Salvini contraddice l’alleato, e lo fa nella sua veste di leader della coalizione. Il segretario leghista ripete di voler partire dai programmi e di non essere interessato alle poltrone. Non è disposto a far nascere un esecutivo a tempo, o ad andare in parlamento “senza numeri certi”.
Significherebbe bruciarsi, e questo vuole evitarlo a ogni costo. Se la prende con i “personalismi” e le “impuntature” che impediscono la nascita del governo, e promette di essere al lavoro per “smussare degli angoli che altri per il momento almeno a parole non intendono smussare”, come accaduto per l’elezione dei presidenti delle due Camere.
Salvini non rinuncia però a sfoderare l’arma del voto anticipato. Senza margini per un accordo, allora “l’unica soluzione, che non auguriamo ma che non escludiamo, è quella delle elezioni”, dice il segretario leghista.
Su una cosa, almeno a parole, gli alleati sono d’accordo: bisognerà partire dal sostegno alle ambizioni da premier di Salvini. Il capo della Lega si è calato nel ruolo: “Ci sono scadenze internazionali che spero di rappresentare da protagonista come premier di questo Paese, difendendo l’interesse nazionale italiano”.
Il capo della Lega mostra un atteggiamento accomodante (“molti dicono dei no, noi abbiamo offerto dei sì al Presidente della Repubblica”), e promette che continuerà a dialogare con gli altri partiti, dalla prossima settimana “formalmente”. L’incontro con Di Maio, dice il segretario leghista ai cronisti, “non c’è ancora stato”. Quando ci sarà , Salvini potrà tastare la disponibilità dei grillini a stringere un patto di ferro, che duri tutta la legislatura. E che permetta ai leghisti di abbandonare Berlusconi senza troppi rimpianti.
(da “Huffingtonpost”)
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