ECCO IL DECRETO: GLI 80 EURO CI SONO SOLTANTO PER IL 2014
IL GOVERNO CREA UN FONDO CHE SARà€ USATO PER RENDERE STRUTTURALE IL TAGLIO DELL’IRPEF, MA PER ORA NON HA LE RISORSE NECESSARIE DAL 2015 IN POI
I maligni, a cominciare da Renato Brunetta di Forza Italia, cominciavano a pensare che ci fosse qualche problema serio: è passata quasi una settimana dal Consiglio dei ministri in cui il premier Matteo Renzi ha deciso il bonus fiscale da 80 euro in busta paga e ancora il decreto legge non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
E così ecco che ieri è stata fatta filtrare l’ultima bozza dettagliata del provvedimento che oggi dovrebbe essere firmato dal capo dello Stato ed entrare in vigore (basta un piccolo ritardo ulteriore e si rischia che i soldi non arrivino nelle buste paga di maggio).
Nelle mille riscritture di queste settimane, l’unica certezza è rimasta che i soldi ci sono soltanto per il 2014: i lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 24 mila euro riceveranno 80 euro al mese, 640 in tutto, un bonus che decresce fino ad arrivare a zero per chi supera i 26 mila euro.
Agli incapienti — quelli che stanno sotto gli 8 mila euro e non pagano tasse — ai pensionati e agli autonomi vanno solo le promesse di interventi futuri.
“Non si tratta tecnicamente di detrazione Irpef, ma di un bonus di 80 euro. A regime sarà intervento sui contributi sociali”, ha detto ieri Renzi, chiarendo, ma non del tutto, il meccanismo di erogazione.
In pratica: nel 2014 il datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta restituisce al dipendente parte delle tasse che gli ha trattenuto per conto dello Stato che a sua volta compenserà all’impresa scontando il bonus dalle imposte dovute o, se necessario, anche dai contributi previdenziali.
Dal 2015 invece il meccanismo dovrebbe basarsi soltanto sui contributi, per evitare fastidiosi effetti collaterali con le aliquote marginali: il datore di lavoro darà i soldi al dipendente, li recupererà dai versamenti all’Inps e l’istituto di previdenza, a sua volta, se li farà restituire dallo Stato.
Proprio per garantire che questo meccanismo funzioni, la versione finale del decreto prevede la creazione di un apposito fondo da cui arriveranno le risorse necessarie (in modo da non dover cercare ogni volta le coperture tra le pieghe del bilancio).
Il fondo deve avere circa 10 miliardi all’anno, al momento ha soltanto una parte di questi soldi per i prossimi: 2,7 miliardi per il 2015, 4,7 per il 2016, 4,1 per il 2017 e 2,0 dal 2018 in poi.
Questo è il meccanismo e le coperture, almeno quelle che per il momento ci sono, da dove arrivano?
La novità dell’ultima ora è che i ministeri dovranno contribuire anche più del previsto, 240 milioni di euro di risparmi sugli acquisti contro i 200 delle prime bozze.
Sono misure dall’impatto quasi simbolico, ma è previsto anche un taglio alle consulenze e al ricorso ai contratti co.co.co. per la Pubblica amministrazione (e chissà come saranno redistribuite quelle mansioni, visto che c’è anch e il blocco del turnover), mentre per limitare a 5 le auto blu di ogni ministero servirà un ulteriore provvedimento, un decreto di Palazzo Chigi.
Poi ci sarà da luglio l’aumento della tassa sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento che riguarderà , e non era scontato, anche gli interessi maturati sul conto corrente e sui libretti di risparmio postali.
La Rai dovrà trovare 150 milioni di euro, nel primo anno vendendo le torri di Raiway. Ben 2 miliardi derivano dalla lotta all’evasione.
O meglio: dal far pagare sanzioni più elevate agli evasori che verranno scoperti.
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, da Madrid, dice che il bonus da 80 euro “avrà ripercussioni positive sul Pil in quanto le famiglie potranno spendere di più e le imprese saranno stimolate a investire e, di conseguenza, a creare maggiore lavoro” e si spinge a ipotizzare che questo possa far crescere il Pil dell’Italia anche più dello 0,8 indicato nelle previsioni ufficiali.
Peccato che il Documento di economia e finanza del Tesoro (Def) indica l’impatto sul Pil delle misure: bonus e tagli praticamente si compensano, il risultato netto è zero. Ma il saldo dovrebbe essere positivo per il Partito democratico di Renzi alle elezioni europee del 25 maggio.
Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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