EUROPEE, PIU’ FACILE CANDIDARSI IN ALTRI PAESI UE, MA BERLUSCONI NON POTRA’ AVVANTAGGIARSENE
TOCCHERA’ A UN REFERENTE ISTITUZIONALE FORNIRE INFORMAZIONI SULLA LORO CANDIDABILITA’… IL CAVALIERE PUO’ SPERARE SOLO NEI RICORSI PRESENTATI IN SEDE UE
Le commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato hanno dato parere favorevole allo schema di decreto legislativo (n.49) approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 novembre, facendo avanzare in modo spedito l’adeguamento alle nuove norme per la candidatura all’Europarlamento di propri cittadini residenti nei Paesi membri così come di cittadini di Paesi partner che volessero candidarsi in Italia.
Il provvedimento, che consentirà all’Italia di conformarsi entro il 28 gennaio 2014 alla direttiva Ue n.1 del 2013, riguarda i requisiti per la candidabilità al Parlamento europeo e fissa nuove regole per rendere più celeri le comunicazioni tra Stati in merito agli aspiranti euro-onorevoli.
Ai quali toccherà dichiarare di non essere decaduti dal diritto di elettorato passivo nel loro Paese di origine, con un referente nominato dal ministro dell’Interno chiamato a garantire, su richiesta dello Stato di residenza in cui il candidato vorrebbe correre alle elezioni, la conformità delle dichiarazioni presentate.
Attualmente la procedura è più complicata, per la difficoltà degli interessati a farsi rilasciare una dichiarazione sul pieno godimento del diritto di elettorato passivo dalle autorità statali.
L’iter della riforma si era a un certo punto intrecciato mediaticamente con la vicenda della decadenza dal Senato di Silvio Berlusconi.
Il Cavaliere aveva accarezzato, secondo diverse ricostruzioni, la possibilità di farsi candidare da un partito amico in un Paese membro dell’Unione.
Era la cosiddetta “opzione lettone”, ispirata dal precedente del giornalista Giulietto Chiesa, che si candidò alle europee del 2009 proprio nel Paese baltico con il movimento ‘Per i diritti umani in una Lettonia unita’. ma Chiesa non aveva, a differenza del Cavaliere, guai giudiziari pregressi.
La condanna definitiva in Cassazione per frode fiscale sui diritti tv Mediaset non lasciava, in realtà , margini a Berlusconi.
Il Cavaliere, decaduto dopo il voto al Senato, è soggetto a restrizioni sulla libertà di movimento. La legge Severino ne certifica l’incandidabilità , anche sopravvenuta, anche per l’Europarlamento, stabilendo che chi riceve una condanna superiore a due anni di reclusione non può candidarsi o, se è già stato eletto, deve lasciare il Parlamento e sia incandidabile per sei anni.
Per Berlusconi, inoltre, è stata disposta una pena accessoria che dispone due anni di interdizione dai pubblici uffici.
La sua unica possibilità di ribaltare lo scenario è di vedersi accolti i ricorsi presentati in sede europea. Eventualità a cui andrebbe quindi ricollegato l’auspicio espresso dal Cavaliere venerdì ai coordinatori regionali di Fi, di candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni.
Vicenda dell’ex premier a parte, l’Italia si mette in linea con la normativa varata dal Consiglio dell’Ue e ovvia alle difficoltà incontrate dal candidato in uno Stato diverso, e di cui non è cittadino, da quello di origine.
Se attualmente sta all’interessato produrre un attestato rilasciato dalle autorità dello Stato d’origine che dimostri la sua eleggibilità , la direttiva del 2013, ripresa dal decreto legislativo, sostituisce la certificazione dello Stato di origine con una semplice dichiarazione del candidato, affidando allo Stato di residenza la verifica sull’eleggibilità nel Paese di origine.
La perdita del diritto a candidarsi consegue a “una decisione giudiziaria individuale o di una decisione amministrativa, purchè quest’ultima possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale”.
E’ lo Stato di residenza che deve verificare l’eleggibilità nello Stato di origine, eliminando l’obbligo, del cittadino dell’Unione che intende candidarsi, di presentare un attestato ad hoc rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di origine.
Viene fissata una precisa procedura per la verifica dell’eleggibilità : c’è una notifica dello Stato di residenza a quello di origine, chiamato a fornire le informazioni necessarie entro 5 giorni o, ove richiesto, in un tempo più breve. In caso di mancata ricezione delle informazioni, la candidature è ammessa.
Se invece le informazioni, anche se trasmesse oltre il termine, invalidano la dichiarazione del candidato, lo Stato di residenza prende le misure opportune per impedire la presentazione della candidatura o, ove ciò non sia più possibile, per impedire l’elezione o l’esercizio del mandato.
Altra novità è rappresentata dalla creazione di un organo specifico: gli Stati membri devono designare un referente incaricato di ricevere e trasmettere le informazioni. Alla Commissione europea il compito di redigere un elenco dei referenti da tenere a disposizione degli Stati membri.
Per l’Italia, la competenza a designare questo referente spetta al ministro dell’Interno.
Ulteriore innovazione, l’abbreviazione dei termini per le forme di pubblicità per il manifesto riproducente i contrassegni delle liste e i candidati ammessi: devono intervenire entro l’ottavo giorno antecedente la data delle elezioni e non più, come attualmente, entro quindici giorni dalla data del voto.
Nello specifico, la dichiarazione formale richiesta al momento della candidatura al cittadino dell’Unione Europea che intenda candidarsi in Italia alle elezioni del Parlamento europeo, deve contenere l’indicazione di data e luogo di nascita e dell’ultimo indirizzo nello Stato di origine e l’indicazione di “non essere decaduto dal diritto di eleggibilità nello Stato membro d’origine per effetto di una decisione giudiziaria individuale o di una decisione amministrativa, che possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale”.
Su questo versante, la prima commissione della Camera, dando parere favorevole al decreto, suggerisce all’esecutivo l’opportunità di approfondire “l’effettiva possibilità per i comuni di procedere alla verifica della eventuale condizione di incandidabilità prevista dal decreto legislativo n.8194-235 del 2012 (legge Severino, ndr) entro il termine previsto” (24 ore) “dato che l’incandidabilità , diversamente dalle altre ipotesi di ineleggibilità in senso stretto, non comporta infatti la cancellazione dalle liste elettorali e potrebbe pertanto non essere nota al comune”.
(da “La Repubblica”)
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