FITTO, D’ALEMA E GLI EX DC SI PESANO A CENA
NEL PD SONO 50 GLI ANTI-PREMIER
Ieri sera la cena di Raffaele Fitto con i suoi parlamentari.
Lunedì a porte chiuse Massimo D’Alema riunisce i fedelissimi alla fondazione Italianieuropei.
Gli ex democristiani del Pd si sono già contati martedì sera vicino al Pantheon con qualche ora di anticipo sulle dimissioni di Giorgio Napolitano. Erano 57. «Ma ne mancavano 4 o 5», aggiunge Beppe Fioroni.
Come dire: non facciamo nomi ma siamo una sessantina abbondante, Renzi dovrà fare i conti anche con noi.
È un calendario dell’avvento molto particolare. La data finale non è quella di Natale ma il giorno della prima seduta per l’elezione del capo dello Stato, il 29 gennaio.
È il calendario delle cene, degli incontri segreti, delle riunioni di corrente.
Per contare di più al momento della scelta, per sedersi al tavolo di chi decide un protagonista assoluto della politica. Per ben 7 anni.
Luca Lotti, per aggiornare il pallottoliere dei grandi elettori ed evitare i rischi del voto segreto, deve monitorare anche questi appuntamenti.
Sapere chi c’era e chi non c’era, quanti erano i partecipanti e quanti i curiosi, quale indirizzo è stato deciso.
Per fare il punto, due giorni fa, Lotti ha organizzato a sua volta una cena.
Numeri piccoli: erano lui, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e il braccio destro di Franceschini Ettore Rosato.
La corrente del ministro della Cultura (che da qualche giorno nella sede del dicastero organizza incontri con vista Quirinale) vanta un buon numero di parlamentari, conosce bene i meccanismi che regolano i gruppi del Pd e gli equilibri per piazzare il nome giusto.
Renzi ha affidato a questo terzetto un mandato preciso: lavorare sull’ascolto dei grandi elettori, «stavolta non si scherza, non possiamo sbagliare».
Lotti ha tirato fuori la sua lista, l’hanno guardata assieme. La conclusione: si calcolano 50 dem sicuramente pronti ad andare contro il governo e contro il premier, 20 in bilico ma recuperabili.
La verità però è che neanche le correnti scoprono le carte sui candidati. Esattamente come fa Renzi. Lasciano che trapeli il peso delle rispettive truppe, ma non avanzano proposte.
«Non ci impicchiamo per avere un cattolico », dice per esempio Fioroni. «Basta che sia autorevole». E condiviso dal gruppetto degli ex Popolari, questo il sottinteso. Loro spingono per un cattolico come Sergio Mattarella. Senza dirlo però.
Tra i renziani pesa anche l’incognita dell’atteggiamento che terranno i bersaniani. Tolti i “turchi”, che si sono riuniti martedì sera al ristorante davanti al teatro Quirino (con il ministro Orlando) e di nuovo ieri sera, i seguaci dell’ex segretario Pd si vedranno oggi in vista della direzione.
Cesare Damiano, esponente dell’ala più dialogante, invita il premier a non forzare: «Se si dimostra flessibilità su alcuni temi, come i capilista bloccati nella legge elettorale, qual- che ritocco alla riforma costituzionale, alcune cose ancora aperte sul Jobs Act – riflette Damiano in Transatlantico – allora anche sul Quirinale Renzi potrà correre su un tappeto rosso. Se invece ci si irrigidisce…».
Di sicuro peserà anche la partita della legge elettorale, dove lo scontro è a livelli preoccupanti.
Miguel Gotor già preannuncia un voto contrario all’Italicum se resteranno i cento capolista bloccati voluti da Berlusconi.
E sulle sue posizioni sono attestati 40 senatori, tanto che senza il soccorso azzurro difficilmente la legge elettorale vedrà la luce.
Anche Berlusconi ha iniziato a muovere le sue pedine. Ieri sera a palazzo Grazioli una prima riunione dedicata proprio al Quirinale ha visto insieme, allo stesso tavolo, sia i forzisti che Gal e i popolari di Mario Mauro.
«La prima mossa la deve fare Renzi – spiega Mauro uscendo dal vertice – ma abbiamo deciso di coordinarci per mettere tutto il nostro peso sulla stessa mattonella». Renzi aspetta.
La riunione dei dalemiani è un passaggio di svolta. Si capirà quante truppe ha ancora l’ex premier in Parlamento.
Il coordinamento dei dissidenti Francesco Boccia, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Pippo Civati è sempre attivo. E oggi Angelino Alfano batterà un colpo riunendo Ncd, Udc sotto la sigla Area popolare. Se Renzi vuole arrivare al traguardo deve fare i conti anche con loro.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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