GENOVA: NOI CASSANDRE, CONDANNATE A NON FARCI ASCOLTARE
AMBIENTE, COSTO DA TAGLIARE… LE LEGGI DEGLI UOMINI PREVALGONO SU QUELLE DELLA NATURA
Noi che ci occupiamo di ambiente stiamo passando dalla denuncia, alla rabbia, alla rassegnazione.
Sono decenni che diciamo che stiamo distruggendo il territorio del nostro paese (e il resto del pianeta), a terra e in mare. Quando abbiamo visto l’avverarsi delle nostre peggiori previsioni ci siamo arrabbiati.
Ci chiamano Cassandre, e hanno ragione: la maledizione di Cassandra era di non essere creduta. Sicuri di avere ragione, avendo avuto ragione dai fatti, abbiamo espresso la nostra rabbia per la marginalità in cui l’ambiente viene sempre relegato. Vedete? vedete che succede? Rimettere a posto l’ambiente è considerato un costo da tagliare.
Ma poi le emergenze costano sempre più di quel che sarebbe costato prevenirle.
E il prezzo in vite umane non viene contabilizzato. Rabbia rabbia rabbia.
Tutti ci danno ragione, nei momenti successivi ai disastri annunciati, ma poi si passa sempre a cose “più importanti”.
A Genova, la mia Genova, gli avvocati e i giuristi vincono la loro battaglia contro la realtà .
Le leggi inventate dagli uomini prevalgono sulle leggi della natura. I lavori per rimettere a posto il Bisagno sono bloccati dai ricorsi di chi ha perso la gara di appalto. Perchè oramai chi perde un appalto fa ricorso. E tutto si blocca.
Nel primo grado di giudizio si decide in un modo, nel secondo in un altro, e si aspetta una decisione finale che non arriva mai.
Intanto al Bisagno non gliene importa niente dei ricorsi e, per dimostrare l’ovvio, mostra che la natura se ne infischia delle carte bollate.
Lo avevamo capito. La Protezione Civile aveva la facoltà di saltare tutte le procedure burocratiche e di “fare quel di cui c’è bisogno” senza alcuna pastoia burocratico-legale.
Non possiamo aspettare la gara d’appalto quando è in corso un disastro. E’ talmente logico. Ma evidentemente per lavorare in questo modo ci vuole una cultura che non abbiamo.
E questa facoltà di tagliare le procedure porta a una serie di scandali e di sprechi che travolgono il prestigio di quella che sembrava l’unica istituzione funzionante nel paese. Tanto funzionante che le furono affidati lavori per stadi e piscine.
L’emergenza era che il momento delle gare si avvicinava e non si era fatto ancora niente! Oltre che essere travolti dalle piene e dalle tempeste, siamo anche travolti dagli tsunami delle carte bollate, delle procedure bizantine e della corruzione.
Noi che ci occupiamo di ambiente siamo rassegnati oramai. L’atteggiamento ipocrita di chi sempre ammette l’importanza di quel che diciamo e poi dopo un attimo si occupa d’altro lo ritroviamo sempre e dovunque.
Parliamo, ma non ci ascoltano. Fanno finta.
Durante l’alluvione del 1970, a Genova, ero uno di quei ragazzi che andarono a spalare il fango. Dovevo scegliere a che facoltà iscrivermi. E decisi di occuparmi della salute del mare.
Qualche giorno fa, a Roma, ho partecipato a Eurocean 2014, un evento della Presidenza Italiana dell’Unione Europea. I rappresentanti dei ricercatori di tutta Europa hanno redatto la Dichiarazione di Roma e l’hanno consegnata ai decisori, indicando cosa bisogna fare per salvaguardare i mari e gli oceani del nostro continente.
Ad ascoltarci sono venuti ministri e commissari europei. Ma la cosa non ha interessato alcun giornale, alcuna rete televisiva. E’ una notizia marginale.
La cosa più importante è la crescita. La miopia di chi prende le decisioni è oramai cecità .
Non esiste crescita se non all’interno di un ambiente ben gestito e protetto. I costi che pagheremo per non aver fatto questa scelta bruceranno gli effimeri guadagni economici derivanti dalle folli scelte che continuiamo a fare.
A livello globale l’erosione del capitale naturale, causata dall’aumento del capitale economico, sta spingendo il pianeta in una direzione a noi ostile.
Il disastro di Genova è anche il frutto del cambiamento globale derivante dalla crescita economica.
Denuncia, rabbia, e oramai rassegnazione. Basta, siamo stanchi di dire sempre le stesse cose, di essere presi in giro, di aver a che fare con persone che non capiscono, dotate di una cultura in cui la natura non trova posto.
Siamo stanchi di aver a che fare con media che danno più tempo a un rigore non concesso che al dissesto idrogeologico (a parte qualche giorno dopo l’ennesima catastrofe).
Ferdinando Boero
(da “il Secolo XIX”)
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