GIMBE: “PARTE LA TERZA ONDATA E NEL DPCM MANCA LA STRATEGIA ANTI-COVID”
“L’INCREMENTO DEI NUOVI CASI SUPERA IN UNA SETTIMANA IL 33%, SERVE TEMPESTIVITA’ SULLE ZONE ROSSE”
Parte la terza ondata, le zone rosse locali arrivano in ritardo e la campagna vaccinale non decolla. E per accelerare per la Fondazione Gimbe è meglio non prendere in considerazione l’ipotesi di somministrare una sola dose di vaccino Pfizer o Moderna. Intanto, mentre il dibattito si concentra su produzione e forniture, il virus continua a correre, incrementato dalle varianti, e i contagi aumentano.
È la fotografia scattata dalla Fondazione di Bologna nel monitoraggio indipendente pubblicato come di consueto il giovedì. Nella settimana dal 24 febbraio al 2 marzo si rileva un netto incremento dei nuovi casi (123.272 da 92.571) e un modesto calo del numero dei morti (1.940 da 2.177). In forte rialzo i casi attualmente positivi (430.996 da 387.948), le persone in isolamento domiciliare (409.099 da 367.507), i ricoveri con sintomi (19.570 da 18.295) e e nei reparti di terapie intensive (2.327 da 2.146).
“Per la seconda settimana consecutiva – spiega il presidente, Nino Cartabellotta – si registra un incremento dei nuovi casi che negli ultimi 7 giorni supera il 33%, segnando l’inizio della terza ondata”. Rispetto alla settimana precedente, in 16 Regioni e nella Provincia Autonoma di Trento aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in tutto il Paese sale l’incremento percentuale dei nuovi casi ad eccezione della Provincia Autonoma di Bolzano, Umbria e Molise già sottoposte a severe misure restrittive. Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti Covid supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 9 Regioni quella del 30% delle terapie intensive. Lo scenario dunque peggiora e la presenza sempre più diffusa delle varianti richiede decisioni rapide per fermare l’avanzata del virus.
“È fondamentale essere realmente tempestivi nell’istituzione delle zone rosse a livello comunale e provinciale”, precisa la responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione, Renata Gili. Invece, fa notare Cartabellotta “nonostante l’allerta lanciata da Gimbe già da due settimane, gli amministratori locali continuano a ritardare le chiusure se non davanti a un rilevante incremento dei nuovi casi, quando è ormai troppo tardi. Infatti, in presenza di varianti più contagiose, questa “non strategia” favorisce la corsa del virus, rendendo necessarie chiusure più estese e prolungate”.
Nè un contributo determinante a sbarrare il passo al virus arriva dalla campagna vaccinale. Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 3 marzo ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260 e hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.454.503 milioni di persone (2,44% della popolazione), con marcate differenze regionali. “L’avvio della campagna vaccinale fuori da ospedali e RSA – spiega Gili – ha determinato una frenata sul fronte delle somministrazioni, con quasi 2 milioni di dosi (pari al 30% delle consegne) ancora inutilizzate”. Tuttavia “la strada per accelerare la campagna vaccinale – rileva il Presidente della Fondazione – non deve certo portare ad avventurarsi in rischiosi azzardi, come l’ipotesi di somministrare un’unica dose di vaccino Pfizer o Moderna”.
Per Cartabellotta “le zone rosse locali arrivano quando la situazione ormai è sfuggita di mano. La campagna vaccinale, intanto, stenta a decollare non solo per i noti ritardi di produzione e consegna delle dosi, ma anche per difficoltà organizzative di molte Regioni che lasciano “in fresco” dosi di vaccino che potrebbero evitarericoveri e salvare vite, soprattutto tra le persone più a rischio di Covid severa”.
E il primo Dpcm a firma Draghi “non segna affatto il cambio di passo auspicato: il sistema delle Regioni “a colori” resta di fatto immutato, così come le misure per la maggior parte delle attività produttive e commerciali. E a pagare il conto più salato – conclude Cartabellotta – come sempre, è la scuola”.
(da agenzie)
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