GIORGIA MELONI FESTEGGIA DUE ANNI DI GOVERNO FACENDO QUELLO CHE HA SEMPRE FATTO IN 24 MESI: SCAPPA DAI GIORNALISTI: CANCELLATA LA CONFERENZA STAMPA SULLA MANOVRA
UN PRETESTO PER NON PARLARE DELLO SCONTRO CON LE TOGHE E DEL DECRETINO LAST MINUTE SUI “PAESI SICURI” – LA NUOVA LEGGE CAMBIERÀ POCO E NULLA: IL DIRITTO EUROPEO PREVALE SU QUELLO ITALIANO: I TRIBUNALI CONTINUERANNO AD APPLICARE LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
Il Consiglio dei ministri che doveva ovviare alla falsa partenza del centro per migranti in Albania è durato pochissimo. Giorgia Meloni lo ha affrontato in un silenzio inconsueto e con il volto adombrato, racconta chi era seduto a quel tavolo.
Un annuncio che alcuni nella maggioranza adesso giudicano un po’ precipitoso. E a queste obiezioni la premier non risponderà oggi, visto che la conferenza stampa prevista per stamattina è stata annullata con un tempismo che ha destato più di un sospetto.
La versione ufficiale consegnata dallo staff di Palazzo Chigi è che l’incontro con i giornalisti, inserito nell’agenda ufficiale della premier, sia saltato a causa di impegni improrogabili del vicepremier Antonio Tajani, impegnato per tutto il giorno al G7 dei ministri dello Sviluppo a Pescara. Un appuntamento sì improrogabile, ma di certo non improvviso. Un pretesto, insomma.
L’oggetto ufficiale della conferenza stampa era la presentazione della manovra, ma la legge di bilancio non è ancora arrivata al Parlamento, «ancora non esiste di fatto», spiega un esponente della maggioranza.
E quindi sarebbe stato difficile parlarne in profondità. Ma il cambio di programma, secondo fonti vicine alla premier, si deve anche a una certa difficoltà nella comunicazione della vicenda dei centri albanesi.
Meloni non ha alcun problema a spostare su questo terreno il cuore dei suoi messaggi, lo ha fatto a lungo in questi giorni, ma l’esito (almeno finora) della parte normativa sui trasferimenti dei migranti non l’ha affatto soddisfatta e quindi meglio rimandare la conferenza stampa.
Oggi poi ricorre il secondo anniversario del giuramento del governo. Una data che Meloni avrebbe voluto celebrare, tanto da aver incaricato i ministri di fornirle slide e analisi del lavoro svolto in questi due anni. Il passo falso in Albania, non risolto, avrebbe macchiato l’autocelebrazione.
Ragionamenti politici che nulla tolgono alle difficoltà giuridiche nella scrittura del decreto. Man mano che i giorni passavano, d’altronde, era sempre più chiaro ai tecnici dei ministeri incaricati, con la supervisione di Palazzo Chigi, che non sarebbe stato semplice districarsi tra le maglie della giurisprudenza italiana e soprattutto europea.
Il testo del decreto che avrebbe dovuto rimediare alla sentenza del Tribunale di Roma che di fatto impediva i trasferimenti dei migranti nei nuovi centri in Albania è stato al centro di un giallo durato tutta la giornata e nemmeno i ministri sono riusciti a leggerne il contenuto, prima di votarlo.
I fogli con il contenuto del decreto infatti sono rimasti davanti al sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, senza che fosse distribuito ai presenti, come avviene di solito.
La convocazione della riunione inviata ai ministri nel primo pomeriggio già rivelava le difficoltà: «Il Consiglio dei ministri è convocato in data 21 ottobre alle ore 18,30 a Palazzo Chigi. Seguirà ordine del giorno». Questo ordine del giorno però nessuno lo vedrà fino alle 19 inoltrate.
«Stiamo limando il testo», è stata la risposta per tutta la giornata delle strutture incaricate della scrittura di questo testo delicatissimo. A coordinare i lavori c’è il sottosegretario Mantovano, il più adatto non solo per le competenze giuridiche (è un magistrato), ma anche per il dialogo fluido con gli uffici del Quirinale. Una certa confusione sulla redazione del testo, infatti, si deve anche al timore diffuso nel governo di entrare in conflitto con la presidenza della Repubblica e soprattutto con il diritto europeo.
Di interlocuzioni ce ne sono state, come è d’abitudine, tra Quirinale e palazzo Chigi. Ma Sergio Mattarella non può promulgare un decreto legge in base a semplici pourparler degli uffici giuridici: ha bisogno di valutare fino alle virgole il testo definitivo
Di qui la prudenza del Colle cui ieri si aggiungeva un filo di scetticismo, motivato dall’impossibilità di aggirare le regole europee che, com’è noto, prevalgono sulla legge ordinaria italiana.
Il decreto appena varato si limiterà a stabilire quali siano i Paesi “sicuri”, ai fini pratici nulla cambierà perché i tribunali continueranno ad applicare la sentenza della Corte di giustizia Ue (che ha fissato criteri più stringenti per i rimpatri). In questo caso è difficile che Mattarella vi ravveda conflitti con la Costituzione.
Anche se si tratterà di un decreto inefficace, magari addirittura inutile, tutto fa pensare che vi metterà la firma. Se invece accerterà nelle prossime ore che il testo finale del decreto contiene forzature inaccettabili, promulgarlo per Mattarella diventerà un problema. A Palazzo Chigi ne sono informati.
(da La Repubblica)
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