GIORGIA MELONI SENTE SPESSO DRAGHI PER AGGIORNARLO E RAGIONARE DEI DOSSIER DEL PNRR, E LUI NON SI NEGA. MA QUANTO POTRÀ DURARE QUESTO SCAMBIO DI CORTESIE, DI FRONTE AI CONTINUI ATTACCHI DEI SUOI MINISTRI?
LA FRONDA DEI FALCHI CHE VOGLIONO SCARICARE LA COLPA SU DRAGHI PER I RITARDI DEL PNRR CRESCE DI GIORNO IN GIORNO
Un governo nel governo. Trasversale. Conquista posizioni, guadagna voce. Sono i “falchi” del Pnrr, quelli decisi ad attaccare Mario Draghi e il suo lavoro sul Recovery. Negli ultimi giorni questo gruppone si è allargato. Ha messo all’angolo le “colombe”.
E ha iniziato a pressare Giorgia Meloni, finora sempre attenta ad evitare il frontale con il suo predecessore. Questi falchi, adesso, puntano al bersaglio grosso: vogliono una presa di distanza netta dall’ex banchiere, necessaria per provare a difendersi da eventuali mancanze certificate dall’Europa.
Un segnale importante, in questo senso, è stato registrato poche ore fa. Francesco Lollobrigida, il ministro più vicino alla premier, ha attaccato con toni inediti: «Il Pnrr era un piano fatto in fretta e furia per spendere e a volte non per farlo bene – ha detto il titolare dell’Agricoltura – In ogni ministero riscontriamo che ci sono misure fatte per utilizzare i fondi, ma non in maniera adeguata».
È un passaggio chiave. Che non cancella il rapporto tra Meloni e Draghi, ma certo non lo semplifica. I due continuano a sentirsi, di tanto in tanto. O meglio: raccontano che Meloni continui a contattare l’ex banchiere. Lo aggiorna, ragiona di alcuni dossier. Riferiscono anche che Draghi, pur considerando esaurito il compito di assicurare una transizione ordinata, non risparmi ascolto. Adesso, però, il continuo flusso di accuse dei ministri inizia a pesare. E potrebbe lasciare il segno, congelare un confronto.
Nel frattempo, Meloni sente Draghi. «Presidente – è il senso dei suoi ragionamenti – ho chiesto a tutti di evitare queste uscite». Ma il peso dei falchi continua a crescere.
A Repubblica, ieri, la premier dice: «Non criticherò mai chi ha ricoperto la carica fino a poche settimane fa. Ma è un dato incontrovertibile che dei 55 obiettivi da centrare entro fine anno a noi ne sono stati lasciati trenta». E ancora: «Fitto bene ha fatto a suonare la sveglia a tutti i centri di spesa. Detto questo, se qualcosa mancasse all’appello non sarebbe colpa nostra».
Proprio Fitto, che ha la responsabilità del Piano, è in allarme. Più per i cantieri da aprire nel 2023 che per gli impegni 2022. Evita accuse pubbliche. Parla con la Commissione Ue. Nei prossimi giorni, se necessario, varerà decreti con la “quota” di riforme pretese dal Pnrr che il governo non è riuscito ad approvare. Non significa che non difenderà il suo lavoro. Anzi, prepara un’operazione trasparenza. Tabelle con numeri e lavoro svolto. La partita del Pnrr è appena cominciata.
(da La Repubblica)
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