“GLI ULTIMI GIORNI DI MARCO, TENERO E FERITO: E’ STATO STRAZIANTE VEDERLO APPASSIRE”
IL RICORDO DI MIMUN: “UNA VITA FELICE PERCHE’ DEDICATA ALLA LIBERTA'”
Marco ha trascorso le sue ultime ore senza soffrire.Una terapia antalgica lo ha difeso dai dolori addominali che lo hanno stremato negli ultimi giorni.
Ha riposato, forse ha sognato, chissà , grazie ad una infusione continua. Ha resistito da par suo per 2 anni esatti ad un terribile tumore ai polmoni, che ha via via colpito anche il fegato.
È stato così sfrontato da mostrarsi nel maggio del 2014 alla trattoria sotto casa, dopo il primo ciclo di radioterapia, con un gran piatto di spaghetti e una birra.
Non ha interrotto la sua attività politica neppure per un giorno. Negli ultimi 100, però, è stato straziante vederlo appassire, giorno dopo giorno, ma anche inevitabile per un amico di sempre.
Ad un affetto reciproco tanto profondo, non poteva che corrispondere la volontà di provare a confortarlo in ogni modo fino alla fine.
Marco Pannella ha combattuto per tre mesi la sua ultima battaglia, con la grinta di un leone ferito, che ruggiva, mostrava muscoli e denti. Ma lo ha fatto anche con la tenerezza di chi, sempre più debole ed appannato, abbracciava e si faceva abbracciare, lanciava baci, sorrideva e provava, come poteva, ad interagire.
A tratti con lucidità , più spesso in modo disordinato.
La terapia dell’amore che gli hanno propinato per più di tre mesi le persone a lui più care ha fatto miracoli: gli ha allungato la vita, oltre ogni logica scientifica.
Compagnia costante e prontezza nell’assisterlo, certo, ma anche continua sollecitazione sui fatti del giorno, iniziative da intraprendere, ascolto di radio e tv, lettura collettiva di giornali e libri.
Sempre, anche quando aveva gli occhi persi nello scorcio di cielo delle piccole finestre della sua cucina-salotto. A volte si scuoteva e partecipava, altre era smarrito, perso chissà dove. Ma mai solo.
In queste settimane ha reso partecipi tutti del suo amore infinito per la sua terra, l’Abruzzo, le sue radici profonde.
Con entusiasmo, in dialetto stretto, ha raccontato le dinamiche della sua famiglia, l’amore per la “franzosa”, sua madre, l’esempio costante del papà , l’immenso affetto per lo zio prete, Giacinto, di cui ha sempre campeggiato una grande foto nel suo salotto.
E poi gli incontri giovanili, gli amori, che lo hanno segnato, portandolo a comprendere subito che senso dare alla sia vita.
Battersi per le libertà , lo stato di diritto, la pace, la tolleranza e la giustizia.
Nel suo lungo addio il tumore maledetto, gli acciacchi di troppi digiuni, i polmoni usurati da migliaia di sigari e sigarette e una vita intensa, come 50 esistenze di noi umani.
Marco ha combattuto con una incredibile energia la sua battaglia per la vita, fino alle 13 e 30 di oggi quando Marco Angioli si è accorto che non respirava più ed è scoppiato in lacrime con la sua Laura.
Marco ha sempre amato la vita, nonostante l’abbia messa a repentaglio più volte.
«Una vita felice» – ha detto fino alla fine – perchè dedicata alla libertà .
E il 2 maggio quando si è festeggiato il suo 86esimo compleanno, coi soliti amici, sorrideva e manifestava gratitudine per tanto amore, sorseggiando pochissimo champagne e mangiando di gusto un millefoglie alla crema.
Leader importanti, ambasciatori, il presidente Mattarella, Papa Francesco attraverso mons.Paglia gli sono stati vicini con affetto sincero, non per ragioni di opportunità .
Dopo il compleanno è stato sopraffatto, ma non ha mollato subito, ha provato a resistere anche a dolori che si facevano insopportabili.
Fino a quando è stato costretto alla resa. E si è dovuto lasciare andare.
Un paio di giorni fa, chi gli era accanto ha notato che, dopo l’ennesimo rantolo, con un sorriso amaro ha fatto il gesto di spararsi alla tempia. Un attimo di sconforto, per poi ricominciare ad ascoltare, parlare lentamente, fumare, bere una coca, con gli occhi sempre più spenti e senza più potersi alzare e camminare da solo.
Ma era comunque il Pannella leone, il leader, che -amico cercava di consolare chi gli stava intorno con gli occhi sempre più gonfi, trattenendo le lacrime.
Matteo e Laura, con Mirella, Rita, Maria Antonietta, Maurizio e Alessio,avercene amici così .
Gli stessi che ora si avvicendano nella sua stanza in clinica. Quelli che non lo lasciano e non lo lasceranno mai solo. Una piccola grande famiglia, più che un partito, o una radio. E il suo medico, Claudio Santini, che lo ha aiutato ad andare avanti, finchè gettare la spugna sul ring della vita di Marco è stato inevitabile.
Bravo dottore e grande amico, che ha avuto la capacità di misurarsi per un paio di decenni con un uomo dal carattere impossibile, incapace di adattarsi alle regole, perfino inorridito dal fatto di dover ingurgitare farmaci.
Marco il buono, ma inflessibile. Sempre determinato, spesso insopportabile, ma pronto all’ascolto.
Duro, durissimo, soprattutto con se stesso.
Un uomo integro, un gigante delle libertà , che ha conquistato per tutti diritti fondamentali.
Lascerà un patrimonio di passione civile, morale e di buona politica.
Spero per tutti noi che, prima o poi, qualcuno avrà il coraggio e la forza di raccogliere il suo testimone.
Clemente Jacky Mimun
(da “il Corriere della Sera”)
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