HILLARY HA VINTO IL DIBATTITO MA LA CATTIVA COSCIENZA PESA SU ENTRAMBI
UN DUELLO RIPETITIVO CHE HA DELUSO LE ATTESE, CON POCHI SPRAZZI DI POLITICA VERA
Un duello segnato dalla ripetitività , banalizzato nelle parole, e che ha completamente mancato le attese della vigilia.
Non ha segnato la fine di Trump, ferito dal “pussygate”, e dall’abbandono di parte della èlite Repubblicana. E Hillary ha certamente vinto ma senza riuscire appunto ad affondare una volta e per sempre l’avversario inchiodandolo al ruolo di odiatore delle donne.
Ha pesato forse su di lei il timore della spada di Damocle delle donne di Bill, che Trump aveva già sfoderato.
Abbiamo risentito così quasi nella stessa forma lo scambio di accuse sulle donne – quelle (numerose) insultate da Trump, e quelle (numerose) che Bill si è portato a letto. Abbiamo riascoltato il tiro incrociato di Hillary sull’evasione fiscale di Donald e di Donald sulle email cancellate di Hillary.
Abbiamo approfittato per farci un caffè mentre i due condivano le solite frasi con la solita retorica: Hillary che dice che i bambini americani hanno paura di Trump, e Trump che dice che lei ha preso i soldi delle corporation mentre lui invece ha pagato la campagna con i soldi suoi.
Di politica politica si possono ricordare solo un paio di vere prese di posizioni: la divisione sulla Russia (via Siria) è netta. E il tema è centrale nella definizione della presidenza americana.
Netta anche la divisione sulla Corte costituzionale – dove è vacante il posto di Antonin Scalia, grande conservatore – con Hillary critica di una Corte da lei considerata troppo lontana dai cittadini , e Trump impegnato invece a difendere l’eredità di Scalia.
Hillary ha certo vinto di nuovo, ma è apparsa stavolta così sicura da risultare spesso inutilmente presuntuosa.
E Trump ha fatto meglio della prima volta – sempre debole sui programmi e troppo aggressivo nel confronto (“Andrai in galera” ha urlato ad Hillary) ma convinto, ora che molti del partito lo abbandonano, a battersi fino in fondo.
Il clima generale della serata è però sintetizzato dalla frase che più abbiamo ascoltato da parte di entrambi: “Ho fatto un errore e me ne prendo tutta la responsabilità , ma…”. Prova del baco che si è inserito nella campagna elettorale americana, e la avvelena, e la mala coscienza che entrambi hanno di se stessi.
L’unica sorpresa arriva nel finale, e salva in parte questo dibattito (nonchè mesi) denso di avvilenti scambi di insulti.
La sorpresa arriva con la domanda di un cittadino abbastanza anziano e abbastanza sicuro di sè da rompere il clima della serata: “Riuscite a nominare almeno una cosa che apprezzate l’uno dell’altro?”
Clinton sorride, perde un po’ di tensione dalle spalle, e afferra l’occasione: “I suoi figli. Rispetto i suoi figli, e quello che sono dice molto di Donald”.
A Trump la risposta piace “Non so se era un complimento, ma lo prendo come tale, sono orgoglioso dei miei figli”. E afferra anche lui l’occasione: “Qualunque cosa si pensa di lei, dirò questo ‘She doesn’t quit, she doesn’t give up’ (Non lascia mai, non si arrende mai). È un buon tratto di carattere, che rispetto…”
E forse senza volerlo, o forse volendo, Trump conclude così il secondo dibattito con una alta nota “femminista” – la forza delle proprie intenzioni e del proprio impegno è di certo un forte orgoglio di tutte le donne di oggi, per non dire di Hillary.
Uno scambio breve, una pausa probabilmente solo temporanea nello scontro fra i due, e tuttavia una pausa, che ha confermato per altro l’efficacia combinata di un paio delle più consolidate formule della democrazia americana: il formato della democrazia diretta – le domande dei cittadini – e una conduzione giornalistica senza compiacenze
L’involucro in cui questo dibattito si è svolto è riuscito in effetti a tenere insieme, e riportare spesso con i piedi per terra, un confronto che prometteva di essere esplosivo, ed invece è stato piuttosto banale.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost”)
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