I BOSS SU ALFANO: “VOTATO DA NOI, POI CI HA TRADITO”
CORLEONESI IN MANETTE: L’IDEA BIZZARRA DI “UCCIDERE IL MINISTRO SOLO QUANDO NON AVRA’ PIU’ LA SCORTA”… ALFANO GLISSA SUI MOTIVI DELLA MINACCIA
Sono mafiosi corleonesi, sono vicinissimi a Totò Riina e si sentono “traditi” dal ministro Angelino Alfano. Al punto di ucciderlo:
“Dovrebbe fare la fine di Kennedy e se c’è l’accordo gli cafuddiamo (sferriamo, ndr) una botta in testa”, dicevano a telefono due boss che avevano pensato di uccidere il ministro dell’Interno e leader del Ncd, “portato qua con i voti degli amici” e poi ritenuto responsabile del mantenimento del 41 bis.
Volevano ammazzarlo solo dopo che gli fosse stata tolta la scorta, cosa che “al momento non è pensabile”, come dice il procuratore di Palermo Franco Lo Voi per il quale parlare di progetto di attentato “è un’espressione avanzata: si tratta — ha detto Lo Voi — di uno sfogo di cui bisogna valutare il significato”.
Arrivano segnali inquietanti dal Corleonese rivolti al ministro dell’Interno proprio nel giorno in cui Berlusconi annuncia il ritorno di Gianfranco Miccichè alla guida di Forza Italia in Sicilia.
È stato probabilmente un altro progetto di omicidio, legato a questioni ereditarie e sventato, a fare scattare all’alba di ieri il blitz dei carabinieri del gruppo di Monreale che con l’aiuto di un elicottero hanno arrestato sei boss nel Corleonese in contatto con la famiglia Riina, in prevalenza allevatori delle campagne tra Corleone, Chiusa Sclafani e Contessa Entellina, al confine delle province di Palermo e Agrigento, la città di Alfano.
“È un porco— dicevano di lui al telefono — chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti… degli amici… è andato a finire là … insieme a Berlusconi e ora si sono dimenticati di tutti…”.
Soprattutto dei detenuti, lamentano i boss al telefono: “Dalle galere dicono cose tinte (brutte, n-dr) su di lui — dicono i mafiosi Pietro Masaracchia e Vincenzo Pellitteri —, è un cane per tutti i carcerati Angelino Alfano”. E subito dopo il riferimento al presidente degli Stati Uniti ucciso nel 1963: “Perchè a Kennedy chi se l’è masticato (chi l’ha ucciso, ndr)? Noi altri in America.E ha fatto le stesse cose: che prima è salito e poi se li è scordati”, lasciando intendere che i colpi che uccisero a Dallas John Fitzgerald Kennedy provenivano dalle armi di Cosa Nostra.
L’ipotesi però viene smorzata dallo stesso procuratore Lo Voi: “Mi pare improbabile immaginare che tre mafiosi del Corleonese sapessero particolari sull’omicidio del presidente Kennedy —ha detto il procuratore—. Siamo davanti a una conversazione tra soggetti che commentano criticamente le attività svolge dal ministro con riferimento al carcere duro, che è uno dei principali motivi di doglianza dei boss verso lo Stato”.
Quelle parole non hanno scosso più di tanto il ministro dell’Interno : “Vi sono tante donne e tanti uomini servitori dello Stato che rischiano ogni giorno come e più di me — ha detto ieri Alfano al termine del Consiglio Ue degli Affari interni —. Ho deciso io, come tutti loro, di non curarmi di queste minacce e andare avanti”.
Non una parola ha speso Alfano, però, sul presunto tradimento elettorale di cui parlano i boss al telefono.
Giuseppe Lo Bianco
(da “il Fatto Quotidiano“)
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