I POVERI SINDACI PAGANO IL CONTO SALATISSIMO DEGLI EVASORI: OGNI ANNO SUI COMUNI ITALIANI GRAVA UN BUCO DA 7,5 MILIARDI DI EURO PER LA MANCATA RISCOSSIONE DI IMU E TARI
SOLDI CHE VENGONO SOTTRATTI ALLA MANUTENZIONE STRADALE O AI SERVIZI SOCIALI… LE AMMINISTRAZIONI DENUNCIANO I PROBLEMI NEL RECUPERO DELLE IMPOSTE EVASE: “ABBIAMO POCO PERSONALE DA DEDICARE ALLE VERIFICHE”
Tasse non riscosse, per un valore di almeno 7,5 miliardi all’anno, che per i cittadini si traducono in meno interventi per riparare le buche, per pulire i marciapiedi oppure per migliorare i servizi per gli anziani.
Ogni anno sui Comuni italiani grava un buco da sette miliardi e mezzo, pari a un terzo dell’ultima manovra finanziaria nazionale, legato ai minori incassi dei due principali tributi – Imu e Tari – che con l’addizionale Irpef compongono il monte delle risorse per la spesa corrente. Quella destinata ai servizi appunto.
L’economista Massimo Bordignon, vicepresidente Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (Ocpi) dell’università Cattolica, ha stimato che gli enti locali in media non riescono a incassare il 40 per cento della Tari, la tassa sui rifiuti, e il 22 per cento dell’Imu, la patrimoniale sulla casa.
Nel primo caso, la responsabilità della riscossione è totalmente in capo ai Comuni, che anche quanto affidano a realtà esterne il pagamento dei tributi scontano la mancanza di personale e di competenze nell’attività di accertamento, se non lassismo nei controlli.
Nel secondo caso, i sindaci devono scontrarsi contro il Moloch dell’evasione, che soltanto per l’Imu sfiora i cinque miliardi all’anno, con i loro uffici responsabili nell’aggiornamento delle informazioni catastali. Attività che storicamente va a rilento.
Scrive Bordignon in uno studio redatto con i colleghi Davide Cipullo, Isotta Valpreda e Leoluca Virgadamo: «I principali tributi comunali, come l’Imu e la Tari, dovrebbero essere facilmente accertabili e riscuotibili, data l’immediata definizione della loro base imponibile, l’informazione disponibile sul patrimonio immobiliare e la semplicità di calcolo delle imposte dovute.
Virtuoso il Nord, meno il resto del Paese. Questo il quadro generale, con gli economisti che suggeriscono la soluzione: «Occorre intervenire sia in termini di efficientamento amministrativo degli uffici comunali sia di condivisione di banche dati e di rapporti con l’Agenzia delle Entrate, che dovrebbe in prima battuta perseguire i renitenti al pagamento delle imposte»
Dal mondo dell’Anci le stime sulla mancata riscossione della Tari sono più basse: mancherebbe all’appello il 30 e non il 40 per cento degli oltre 6,5 miliardi totali da incassare. Soprattutto si fa notare che il problema è legato a doppio filo con il deficit di personale nelle amministrazioni comunali (negli ultimi 15 anni c’è stato un calo del 30 per cento), che a cascata si ripercuote nelle attività di accertamento, controlli e aggiornamenti dati.
Molto virtuose le amministrazioni del Nord, meno quelle delle città più popolose e quelle del Sud. Lo dimostra anche quanto accantonato dai sindaci nei Fondo crediti di dubbia esigibilità, dove vengono inserite le somme difficili, se non impossibili, da riscuotere come quelle legate alle morosità su Tari o multe stradali: su quasi 6 miliardi di euro totali, 2,7 miliardi riguardano le amministrazioni del Sud e quelle insulari, mentre al Nord – la parte più popolosa del Paese – la cifra sfiora gli 1,7 miliardi e al Centro il miliardo e mezzo di euro.
Il Comune di Roma, negli ultimi anni preda di un’emergenza rifiuti legata alla mancanza di impianti, ha visto negli ultimi anni dimezzare la morosità sulla Tari – ora intorno ai 50 milioni ai quali se ne aggiungono una settantina legati al pregresso – e proprio grazie al recupero del sommerso è riuscito a congelare la tariffa dell’imposta.
Milano e Bologna, grazie all’automazione nei servizi di verifica, hanno ridotto al lumicino l’evasione, mentre Napoli e Palermo, dove la situazione è opposta, si sono affidate a enti terzi di riscossione.
(da Il Il Messaggero)
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