I RENZIANI SI LECCANO I BAFFI: LA RIFORMA DELLE PARTECIPATE VALE UN CENTINAIO DI NOMINE
RENZI ALL’ASSALTO DELLE PARTECIPATE TRA TAGLI E NUOVE NOMINE DI AMMINISTRATORI UNICI SCELTI DA LUI
Magari l’ultima ispirazione gliel’ha fornita il film di Checco Zalone che ironizza sulla passione italiana per il posto fisso: Matteo Renzi lo ha visto a Torino con la famiglia e ha riso “dall’inizio alla fine”.
Fatto sta che uno dei primi compiti nell’agenda del governo per il 2016 è l’assalto alle partecipate pubbliche, statali, regionali e comunali. Obiettivo: dimezzarle da 8mila a 4mila, con l’obiettivo futuro di arrivare a mille.
In vista del primo consiglio dei ministri del nuovo anno (la prossima settimana) il presidente del consiglio, insieme al ministro Marianna Madia e i tecnici dei ministeri della Pubblica Amministrazione e del Mef, mette a punto il primo pacchetto di decreti attuativi della riforma approvata l’estate scorsa.
Ci sono tagli e azzeramenti di cda ma anche nuove nomine nelle partecipate pubbliche.
Perchè in molti casi – almeno “un centinaio” dicono gli esperti ma potrebbero essere molti di più a seconda del testo finale – i consigli di amministrazione verranno sostituiti da amministratori unici nominati dal governo, dalle regioni o dai sindaci, a seconda della proprietà .
Insomma, un discreto giro di nomine in nome della razionalizzazione della spesa e alla vigilia delle amministrative 2016. E il controllo di tutte le partecipate potrebbe essere assegnato direttamente a Palazzo Chigi, non al Mef.
E allora via all’assalto alle partecipate, nervo scoperto per tutti i governi, anche per quelli tecnici come l’esecutivo Monti che pure si cimentò nella difficile impresa senza riuscire a cavarne granchè.
Cioè senza riuscire a eliminare gli inutili carrozzoni pubblici che servono da parcheggio per gli ‘esodati’ della politica. Eppure è proprio nelle norme varate dal governo Monti che Renzi trova quella possibilità per le partecipate pubbliche di optare tra amministratore unico e cda, norma che il nuovo premier vuole assolutamente mantenere così com’è.
Riservandosi la prerogativa di decidere per decreto in quali società nominare gli amministratori unici al posto dei cda, secondo le prime bozze non definitive del testo.
Di certo, sono escluse le società a partecipazione pubblica e privata, che per legge richiedono un consiglio di amministrazione. Ed escluse sono anche quelle quotate in borsa e quelle da privatizzare, come Enav e Ferrovie.
Nel mirino del governo ci sono la Sogin, Invimit, Sogei, Anas, Gse, Consip, Invitalia e tante altre.
Potrebbe scaturirne un discreto giro di nuove nomine di amministratori unici sull’onda dell’esigenza di razionalizzare la spesa pubblica in termini di persone impiegate e compensi.
Gli esperti del campo parlano al minimo di “un centinaio” di nuove nomine, cifra che potrebbe lievitare se la scure si abbatterà anche su enti, fondazioni e istituti pubblici di solito zeppi di cda e ben elencati nella lista annuale dell’Istat sulle “unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche”, i cui conti concorrono all’indebitamento della pubblica amministrazione.
E’ la nuova sfida di Renzi. Che dovrà muoversi come funambolo tra la difficoltà di scontentare i potenziali bacini di voti che ruotano intorno alle partecipate pubbliche e la necessità di darci un taglio in vista delle amministrative 2016, duro banco di prova per il segretario del Pd.
La soluzione potrebbe essere individuata tra tagli e nomine ‘razionalizzanti’, dunque: non più cda ma un uomo solo al comando, dove si può.
Con un accentramento di potere che potrebbe ricordare il ruolo che la riforma Rai assegna all’amministratore delegato di viale Mazzini Antonio Campo Dall’Orto o addirittura la figura dei presidi disegnata dalla ‘#buonascuola’.
Naturalmente si tratterà di sfrondare la selva delle controllate, abolendo quelle inutili, razionalizzando la spesa di quelle che assicurano un pubblico servizio.
Uno dei nodi ancora aperti è sul controllo delle partecipate pubbliche. Al governo si ragiona su una regìa unica per tutte, le 80 del Mise, le dieci delle agenzie fiscali e altre. Una cabina che però pare non destinata al Mef. Piuttosto la possibilità è che sia affidata direttamente a Palazzo Chigi. Renzi ne sta discutendo con Pier Carlo Padoan. Si punta a trovare la quadra entro il prossimo consiglio dei ministri.
(da “Huffingtonpost”)
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