I RETROSCENA DEL CONFRONTO DI FUOCO TRA TOSI E SALVINI
IL SINDACO DI VERONA GLI GETTA ADDOSSO ANNI DI PATTI TRADITI.. MARONI E GIORGETTI PREOCCUPATI; “SALVINI NON SI RENDE CONTO CHE RISCHIAMO DI PERDERE IL VENETO”
Quel filetto coi carciofi non l’ha neanche finito.
Troppa la foga con cui in un’ora di pranzo Flavio Tosi ha vomitato addosso a Matteo Salvini anni di patti traditi, promesse mancate, passi indietro che non hanno ricevuto adeguate ricompense.
C’è una differenza di fondo tra i due leader leghisti che ieri si sono visti a pranzo a Milano, in un ristorante alla moda vicino al cenacolo di Leonardo: il primo è in rapida ascesa, il secondo vede franare sotto i piedi la propria carriera politica, costruita negli anni con prudenza e passione.
Per questo Tosi è così aggressivo, tanto da definirsi “incazzato” all’uscita dal ristorante.
Se uno dice “incazzato” ai cronisti, dentro il locale è stato furioso.
Salvini all’inizio incassa lo sfogo di Tosi, poi prova a rispondere, ma non entra più di tanto nel merito. “Io di posti in lista o di simboli non discuto”, spiega ad Huffpost dopo il pranzo.
“Se uno vuole litigare non ci sono, la prossima settimana inizio la campagna elettorale in Veneto, voglio spiegare a tutti i cittadini quello che Zaia ha fatto di buono. Io parto, il Veneto è il mio orgoglio, più siamo meglio è…io voglio dialogare, adesso la palla è nelle mani di altri”.
Un modo per scaricare integralmente sul sindaco di Verona la responsabilità dell’eventuale strappo.
Del resto, Tosi ha già fatto capire che non sta scherzando.
Che lui il duro lo sa fare. Salvini, mentre mangia la sua frittura di pesce, ripete che “tanto Zaia vince in ogni modo”.
Forse ci crede davvero, soprattutto nella sua capacità di fare una grande campagna elettorale contro Renzi e la sua candidata Alessandra Moretti.
Ma nella Lega in tanti tremano.
A partire da molti parlamentari veneti, e poi Roberto Maroni, Giancarlo Giorgetti, vera eminenza grigia del Carroccio e ascoltato da tutti.
Hanno paura di perdere il Veneto.
Per questo insistono con Salvini tutto mercoledì per spingerlo a “parlare con Flavio”. Temono che l’autostima di Salvini, stavolta, lo stia spingendo a portare la Lega in un burrone.
L’altro Matteo accetta controvoglia, poi però si lascia scappare un dispetto.
Mercoledì sera dalla Bignardi spiffera tutto sul vertice che doveva restare segreto. Così Tosi arriva a ora di pranzo a Milano ancora più furioso.
Costretto ad andare solo per non fare la parte di quello che vuole rompere. Tradito ancora una volta, dopo che Matteo gli ha soffiato il ruolo di candidato premier. Quando Maroni si dimise da segretario nel 2013, i due vice erano Tosi e Salvini.
Ci fu il famoso patto a tre, Salvini al partito e Tosi candidato alle primarie del centrodestra. Erano poco meno di due anni fa, la Lega al minimo storico.
Sembra un’altra era geologica. E ora Salvini vuole prendersi tutto.
Tosi si dimena, chiede di poter dire la sua almeno in Veneto. Di avere una sua lista civica. Salvini concede un contentino, “i nomi nella lista della Lega li scegli anche tu, fidati di Dozzo, l’abbiamo mandato per mediare, non è un commissariamento”.
Non basta. Anche perchè Tosi vuole una sua lista. E Zaia pure.
Il governatore vuole anche avere il veto sui nomi della lista del Carroccio.
Una faida infinita per chi decide davvero le sorti della regione. Sul tavolo di questo avvelenato pranzo milanese c’è anche l’onta del commissariamento della Liga veneta deciso lunedì dal Consiglio federale a Milano su input di Salvini.
Tosi pretende di lavare almeno questo sfregio, ma niente da fare.
Esce per primo dal ristorante, parla di una “frattura profondissima”, aggiunge che “in Veneto può succedere di tutto”. “Incazzato ma lucido”, mette a verbale il sindaco.
Che poi spiega a Un giorno da Pecora: “Per fortuna che le liste per le regionali non si presentano ora. Vediamo se c’è margine per ricomporre oppure no”.
Nel pomeriggio partono due operazioni: da un lato i pompieri come Giorgetti e Gianluca Pini cercano di riavvicinare i due duellanti, mentre Tosi chiama uno a uno i suoi fedelissimi nel Consiglio nazionale della Liga veneta, che si riunisce poche ore dopo.
Sulla carta conta su almeno 15 consiglieri su 20, ma non tutti i “suoi” lo seguirebbero in uno strappo finale dalla Lega.
Soprattutto in un momento in cui il Carroccio ha il vento in poppa.
Nelle ultime settimane, anche in consiglio regionale, la truppa dei fedelissimi si è assottigliata, due assessori tosiani hanno già fatto sapere che “tra Flavio e la Lega scegliamo la Lega”.
E così un altro drappello di consiglieri. Altri storici tosiani, come Caner e Coletto, hanno già preso le distanze da tempo.
Non a caso, solo due consiglieri leghisti, Toscani e Baggio, mercoledì hanno lasciato il gruppo leghista in regione per costruirne uno nuovo.
Tosi, dal canto suo, vuole che almeno il 60-70 del Consiglio lo segua, per mettere in chiaro che non è una questione personale, ma “il Veneto che si ribella ai diktat di Milano”.
Nel pomeriggio perde quota l’idea che giovedì sera Tosi metta subito al voto un ordine del giorno che preluda alla scissione. Si parla di una riunione in cui “annusare l’aria”.
Per poi prendersi almeno un paio di giorni in più per riflettere. Il sindaco di Verona passa per un duro, ma stavolta si gioca l’osso del collo.
Maroni insiste a intimargli di fermarsi “per non fare un danno a sè e alla Lega”.
Chi ha parlato col sindaco veronese racconta che “ha molti dubbi”.
“Vediamo quali idee emergono stasera nel Consiglio della Liga veneta”, spiega Tosi a metà pomeriggio. “Poi decidiamo”.
La telenovela leghista dunque continua. L’unica cosa certa è che, nel pranzo del rancore, Salvini ha capito che “Tosi non sta scherzando”.
È in gioco la sua stessa sopravvivenza politica.
(da “Huffingtonpost”)
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