I TRE DOSSIER CHE ARROVELLANO RENZI: RIFORME, NOMINE E DEF
ORA INCOMBE LA REALTA’, NON BASTA PIU’ VENDERE FUMO
Forse quella di oggi può essere descritta come una giornata da classico ‘bagno nella realtà ‘ per Matteo Renzi.
Affrontato e impacchettato il tour europeo, il premier trascorre tutto il giorno a Palazzo Chigi alle prese con i dossier più complicati.
Dalle riforme costituzionali, che però a questo punto sono la parte più semplice della mission del segretario Pd, al Def, questo sì complicatissimo, il documento di economia e finanza che il governo presenterà “martedì”, ha detto Renzi, ospite a ‘Otto e mezzo’ in serata.
E poi ci sono le nomine al vertice delle società pubbliche.
Tre dossier, tre incontri chiave: Denis Verdini, Paolo Scaroni, Pier Carlo Padoan. Tutti e tre sono stati a colloquio dal premier oggi a Palazzo Chigi.
Riforme
Il primo dossier è paradossalmente quello più semplice. Renzi non crede agli aut aut di Forza Italia. Anzi, si dice “convinto” che alla fine Silvio Berlusconi e il suo partito rispetteranno gli impegni sulle riforme costituzionali: trasformazione del Senato, riforma del titolo V della Costituzione e abolizione del Cnel.
Un’impressione confermata dal suo inner circle, dove non seminano nemmeno una punta di credibilità le minacce dei berlusconiani sulla possibilità di far crollare il castello delle riforme a Palazzo Madama.
Per il premier e i suoi la verità è che si trovano ad avere a che fare con un leader del centrodestra condannato e a secco di agibilità politica, quella che ieri Berlusconi ha chiesto al Quirinale e che oggi Verdini ha provato a piazzare sul tavolo di Renzi, nel colloquio a Palazzo Chigi.
Ma il presidente del Consiglio resta convinto di poter tenere separati i due terreni, riforme e guai giudiziari di Berlusconi.
Perchè Renzi è convinto che, alla fine dei conti, Forza Italia non potrà sottrarsi alla sfida delle riforme, pena fare la parte dei “benaltristi” conservatori a ridosso del voto delle europee e quindi con possibili tragiche ricadute elettorali.
La decisione di andare avanti come “un rullo compressore”, dice a Otto e mezzo, vale anche per quel gruppo di 22 senatori Pd che gli chiede — come fa pure Forza Italia – di prevedere un Senato ancora elettivo. Non se ne parla.
Lo ha detto il ministro Maria Elena Boschi in giornata. Lo dice in serata il premier: “I 22 senatori del Pd hanno presentato un ddl costituzionale che non ha nessuna chance di passare nè al Senato nè alla Camera. Loro l’indennità la vorrebbero lasciare. Io no, perchè penso che 1000 parlamentari siano troppi”.
In ogni caso, aggiunge, “guardiamo il bicchiere mezzo pieno e prendiamo l’aspetto positivo della loro proposta”.
Def
L’incontro con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan con Renzi a Palazzo Chigi dura due ore. E il lavoro sul documento che il governo presenterà “martedì prossimo”, come annunciato da Renzi, non è affatto finito.
Continua la caccia alle risorse che permetteranno di tenere fede alla promessa fatta, cioè quella di garantire a partire da maggio 80 euro in più in busta paga ai lavoratori con soglia di reddito di 1500 euro.
Questione per niente semplice. Il ministro dell’Economia è anche salito al Colle per aggiornare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sui lavori in corso.
Da parte sua, Renzi si sbilancia pochissimo, tenendo le carte coperte fino a martedì.
A Otto e mezzo ha fatto solo capire che “6,6 miliardi” per tagliare l’Irpef li prenderà quasi tutti dalla spending review di Carlo Cottarelli.
In particolare, “800 milioni” arriveranno dalla “riduzione dell’acquisto di beni e servizi”.
Per il resto, continua ad assicurare che l’Italia “rispetterà gli accordi europei”. E cioè: “Il 3,1%” del deficit/Pil “non lo faremo. Noi non siamo nei guai”.
Ma per le cifre del piano economico bisognerà aspettare ancora, fino alla prossima settimana. Quando, presumibilmente, sarà pronto anche il decreto della presidenza del consiglio dei ministri sui tagli di spesa per l’amministrazione di Palazzo Chigi: Renzi ne ha parlato lunedì scorso in conferenza stampa, annunciandolo come “pronto in una settimana”.
Nomine
Non appena chiuso il Def — entro il 10 aprile, data evidentemente fatidica perchè sarà quella che deciderà anche i destini giudiziari di Berlusconi — Renzi avrà da gestire anche le nomine per le società pubbliche, che presentano vertici in scadenza il 14 aprile.
L’incontro con l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni è servito a entrare nel vivo del dossier.
E alla luce degli avvenimenti di oggi non sembrerebbe escluso che Scaroni sia avviato a chiudere il suo mandato al vertice del ‘cane a sei zampe’.
Anche se la questione resta avvolta nella nebbia.
Dopo il pranzo con Renzi, l’ad di Eni, condannato a tre anni di reclusione per la vicenda Enel di Porto Tolle riferita a quando era al vertice di quella società , ha infatti criticato la direttiva del governo Letta sui requisiti di onorabilità per i manager pubblici.
Renzi gli ha risposto a Otto e mezzo: “Il criterio di onorabilità non c’è nelle aziende concorrenti ma noi siamo contenti che ci sia da noi. Ha ragione lui a dire che negli altri paesi non c’è. Abbiamo ragione noi a dire che da noi c’è”.
Dunque, Scaroni via? Renzi non risponde alla domanda.
E fa invece questo ragionamento: “Le nomine non si fanno tirando un nome a caso ma sono conseguenza dei progetti” industriali delle imprese ed è “alla luce di questi progetti che decideremo. Se parte dal requisito di onorabilità della persona – dice il presidente del Consiglio a Lilli Gruber – le dico che prima di tutto c’è il progetto di Eni, poi il giudizio su quello che è stato fatto, e alla fine il nome. Che cos’è Eni, oggi? Non solo la più importante azienda italiana nel mondo. È un pezzo strategico della nostra credibilità , della nostra economia e della nostra intelligence. Le scelte che faremo partiranno da questo presupposto”.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply